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Banchieri sotto processo: il peso della giustizia

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GLI USURAI (scuola di Marinus van Reymerswaele, Firenze, museo Stibbert)

Tempo di lettura: un minuto.

Dal Gazzettino di Venezia del 25 gennaio apprendiamo quanto segue.

“Puntiamo a chiudere il processo relativo alle vicende del dissesto della Banca Popolare di Vicenza entro il 2020»: lo ha detto oggi nell’aula bunker di Mestre, a margine dell’udienza del processo che vede imputate sei persone ai vertici dell’estinto istituto di credito tra cui l’ex presidente Gianni Zonin, il presidente del collegio giudicante Lorenzo Miazzi. «Pensiamo che chiuse le fasi preliminari – ha rilevato – ad aprile inizierà il dibattimento, proprio per arrivare al 2020 abbiamo fissato un calendario di udienze serrato».

L’udienza è interamente dedicata alle difese per contestare le richieste delle numerosissime parti civili richiedenti (oltre 9mila con 400 avvocati). Per velocizzare le udienze, Miazzi ha esortato le parti a presentare istanze e allegati oltre che in cartaceo anche in digitale mentre per l’appello si sta sperimentando un sistema elettronico per registrare con la lettura dei codici fiscali dei legali.

Il tutto mentre gli stessi avvocati, sperando in una maggiore tranquillità attorno al pur importante processo, propendono per la sede naturale del Tribunale di Vicenza anziché proseguire nell’aula bunker di Mestre.” 

L’aula bunker di Mestre

Ricordiamo che nell’aula bunker si sono svolti processi che hanno richiamato il massimo dell’ attenzione mediatica. Vi sono stati celebrati quelli alla ‘Ndrangheta, alle BR, ai Venetisti che assalirono il campanile di San Marco, alla banda Maniero della riviera del Brenta. Tanto per citare i più noti. Oggi continuano la sfilata banche e banchieri e il pubblico non mancherà.

Proviamo a fare un pò di conti. Se ciascuno delle parti presenti compone una memoria di sole 10 pagine per illustrare le proprie doglianze, si arriva facilmente alle centomila pagine. E se ciascuna di esse da qui al 2020 ne produce appena altre 10 si giunge a un faldone di oltre un milione di pagine. E se una risma di 1000 pagine pesa 3 chili, il faldone processuale peserà quasi 3 tonnellate. Ed è sicuro che sbagliamo per difetto, data la prevedibile produzione di carte, perizie, memorie, testimonianze, pluriennali estratti conto di rapporti bancari, fascicoli di fidi accordati, lettere dei clienti e degli avvocati dei clienti, risposte della banca, contratti pluripagina di vendita di titoli finanziari, sequestri di documenti della Guardia di Finanza e via dicendo. Forse non basterà la capacità di carico di qualche Tir.

Non immaginiamo che cosa possa significare costituirsi parte civile in un mega processo del genere. Sicuramente abbiamo già una prima verità.

Quello che stiamo vedendo è frutto della mancata prevenzione delle crisi bancarie. Quando si arriva tardi nella tutela del risparmio i danni sono diffusi. È un po’ come dopo un terremoto. Difficile che un processo così articolato possa dare sollievo a quanti sono stati defraudati dei loro averi. I soldi sono già tutti spariti quando inizia il processo. E quindi, ove si arrivi alla condanna degli imputati, il ristoro monetario delle parti offese sarà impresa quasi impossibile.

Lapalissiano concludere che è sempre meglio prevenire che curare. La ricerca di verità postume è incerta e dispendiosa.

Attendiamo fiduciosi come tutti i cittadini di questo Paese qualche verità processuale che illumini una vicenda ove tutti si sentono vittime e nessuno si è mai dichiarato responsabile. E che quanto verrà accertato costituisca insegnamento per il futuro.

E confidiamo anche nella memoria digitale per smaterializzare quella montagna di atti.

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