Il cliente bancario oggi è più connesso, ma anche più solo. E nella corsa alla digitalizzazione, il bisogno più urgente resta la chiarezza.
Si parla spesso di banche: bilanci, fusioni, tassi d’interesse, norme europee. Ma raramente si parla di chi sta dall’altra parte dello sportello – sempre più spesso virtuale – ovvero il cliente bancario. Com’è cambiato? Cosa cerca? E soprattutto, come si sente in mezzo a questa trasformazione?
Il cliente è sempre più digitale. Ma insieme alla tecnologia, sono cambiate anche le sue esigenze e la sua fiducia. Un tempo si fidava “a prescindere”; oggi vuole vedere, capire, confrontare. Ma tra clausole complesse e interfacce scintillanti, orientarsi è tutt’altro che facile.
C’è chi si adatta, chi si sente smarrito con l’ennesima filiale che chiude, chi si limita all’essenziale e chi esplora il web alla ricerca del tasso migliore. Più autonomia, certo, ma anche più solitudine. Più libertà, ma anche più rischi di fraintendimento.
Un tempo si parlava con il funzionario della banca, si usciva con un contratto firmato – un conto corrente, una carta di credito, un prestito, ecc. – e una penna brandizzata. Oggi si accede da una “app”, si firma con un click, si riceve un buono Amazon… e via.
Già, il buono Amazon: un incentivo diretto, tangibile, familiare. Mutuato dall’e-commerce, il buono è spesso presente nella relazione banca-cliente. Le banche tradizionali, sotto pressione dalla concorrenza digitale, adottano questa logica.
Ma un buono basta davvero a rinnovare l’immagine? O si rischia di rivestire vecchie logiche con una veste “più moderna”?
Dal punto di vista commerciale, funziona: è semplice da capire, percepito come valore reale. Più efficace di uno sconto su commissioni, che resta astratto. E il brand Amazon rafforza la percezione di velocità e affidabilità.
Oltre la tecnologia: una trasformazione culturale
La digitalizzazione non è solo passaggio da filiale a smartphone. Oggi il cliente interagisce con sistemi che automatizzano risposte, suggeriscono opzioni, guidano decisioni.
La relazione, un tempo personale, diventa invisibile. La banca si è trasformata in una piattaforma.
L’intelligenza artificiale è spesso parte dell’architettura operativa. Segmenta i clienti, prevede comportamenti, ottimizza le offerte.
Il vantaggio è chiaro: efficienza, rapidità. Ma c’è anche il rischio di una perdita di controllo da parte del cliente.
Trasparenza: un problema vecchio, un rischio nuovo
In questo quadro di apparente maggior semplicità si nascondono spesso clausole complesse, costi, vincoli contrattuali. In un Paese dove il livello di alfabetizzazione finanziaria continua a essere inferiore alla media OCSE, questo aspetto non è secondario.
I documenti informativi ci sono, come prevede la normativa sulla trasparenza. Ma il cliente li legge davvero e, di conseguenza, è in grado di comprenderli appieno? Infatti, informare non basta: serve capire.
In realtà, il problema non nasce con l’era digitale. Anche in passato, la cosiddetta normativa di “trasparenza” a tutela del cliente bancario si è spesso tradotta sostanzialmente in un adempimento burocratico: il cliente riceveva la documentazione spesso corposa, ma la reale comprensione delle condizioni e della caratteristiche contrattuali restava per lo più un’incognita.
La differenza è che prima, almeno, c’era la possibilità di fare domande, di confrontarsi con un operatore, di chiarire un dubbio di persona.
Oggi, nel rapporto impersonale tra utente e piattaforma, quel margine di chiarimento rischia di scomparire del tutto, anche perché la normativa è pensata per “informare”, non necessariamente per “far comprendere”.
E con la firma che avviene in pochi click, la distanza tra ciò che si può leggere e ciò che si riesce a capire è probabilmente ancora aumentata rispetto al passato.
La vera innovazione è la chiarezza
Se ben progettata, tuttavia, la tecnologia può essere alleata della comprensione.
Ad esempio con i “consent journeys”: percorsi digitali che guidano il cliente con domande semplici, esempi concreti, conferme attive. Non si limitano a informare: aiutano a capire.
L’adozione sistematica di strumenti simili – checklist educative, interfacce guidate, riepiloghi chiari prima della firma – sarebbe un passo concreto verso una maggiore trasparenza. Non si tratta di rallentare le procedure, ma di progettare meglio il modo in cui le informazioni vengono fornite. Perché firmare con un clic non deve mai significare capire meno.
Anzi, l’intelligenza artificiale può essere parte della soluzione: personalizzare le informazioni, semplificare il linguaggio, offrire spiegazioni interattive.
La sfida non è ridurre la tecnologia, ma usarla sempre di più per colmare la distanza tra comunicazione e comprensione.
In un sistema che corre veloce, fermarsi a capire può essere un atto importante.
Domanda Finale: Che ne pensa l’Autorità di tutela della clientela bancaria?