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Aiuto!  Si è ristretta…la privacy!

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I giornali in questi giorni riportano le novità tecnologiche: nuovi assistenti virtuali e intelligenze artificiali (come Gemini di Google e Gpt-4o di Open AI). Essi sono  capaci addirittura di relazionarsi con le nostre emozioni. Sembra tutto fantastico: opportunità, comodità e vantaggi tecnologici che rendono le nostre attività quotidiane sempre più facili.

Ma qual è l’altra faccia della medaglia?

Facebook, Instagram, Twitter (X), TikTok e gli assistenti virtuali (come Gemini di Google), tracciano ogni nostra mossa, interesse e opinione. Amazon, Apple, Google sanno tutto di noi: cosa guardiamo, cerchiamo, leggiamo, acquistiamo, dove siamo e chi frequentiamo. E non finisce qui: Spotify e simili conoscono i nostri gusti musicali meglio di quanto noi stessi possiamo ricordare.

Le nostre informazioni personali sono diventate una moneta di scambio per questi servizi digitali. Ogni ricerca, email, foto, video e chat che condividiamo online, insieme a ogni interazione con gli assistenti virtuali, viene raccolta, analizzata e utilizzata per prevedere cosa pensiamo, cosa vogliamo e persino cosa faremo in futuro.

In pratica ogni azione che compiamo è mediata da sistemi informatici che registrano e codificano i dettagli delle nostre vite quotidiane a un livello impensabile fino a pochi anni fa. Oggi dobbiamo comprendere e proteggerci dai nuovi livelli di esposizione che ci sono imposti dai social media e    dall’intelligenza artificiale.

Le nostre vite, pensieri, desideri ed emozioni sono diventati un grande libro aperto, accessibile a chiunque abbia i mezzi per farlo. E non solo: i nostri comportamenti sono influenzati da algoritmi che ci conoscono meglio di quanto noi stessi possiamo immaginare.

È come avere un “copilota” che ci affianca, orientando le nostre scelte. Processi automatizzati non solo conoscono i nostri comportamenti, ma contribuiscono a formarli.

La nostra forte dipendenza dalla tecnologia si avvicina a un patto faustiano, in cui abbiamo sostanzialmente “ceduto” il nostro futuro.

Siamo di fronte a una capacità di inferire e dedurre i pensieri, le emozioni, le intenzioni e gli interessi di individui e gruppi di persone con sistemi automatizzati, senza aver sostanzialmente riguardo per la consapevolezza, la conoscenza e il consenso dell’utente interessato.

Con questi strumenti non si vuole sottrarci la nostra vita interiore, ma solo monitorarla e per sfruttarla a fini economici e commerciali. Si sfrutta la possibilità di conoscerci meglio di noi stessi.

Il problema è che tutto questo, come confermano i toni enfatici degli articoli di stampa di questi giorni, sembra ormai naturale e inevitabile. Ci siamo abituati, rassegnati e assuefatti alla presenza pervasiva del mondo digitale nelle nostre vite, senza riflettere troppo sulle conseguenze.

Come osserva argutamente Shoshana Zuboff nel suo libro “Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri” (Luiss University Press, Roma, 2023, “abbiamo smesso di meravigliarci” di fronte a questa massiccia invasione della nostra privacy.

Cosa fare, quindi, per difenderci? Come qualcuno ha osservato la prima arma è la consapevolezza. Dobbiamo diventare più consapevoli di questa situazione e orientare i nostri comportamenti di conseguenza. Prendere coscienza dei pericoli online e adottare atteggiamenti critici verso certi comportamenti, come lo sharenting (la condivisione di foto dei figli da parte dei genitori) o la condivisione ingenua e narcisista di contenuti sensibili, può essere un primo passo importante. Molti utenti hanno dovuto rendersi conto, loro malgrado, di quante vulnerabilità dipendono da innocenti ma importanti rivelazioni personali.

Insomma, prima di condividere l’ennesima foto del pranzo o del gatto mai dimenticare che anche i nostri dati hanno un’anima!

Ma se posso evitare di pubblicare l’ennesima foto o l’ulteriore post, rinunciare cliccare ancora un like e visitare un sito in più,  come posso rinunciare alla musica?

Non resta che ricominciare da dove e da quando tutto è iniziato…posizioniamo l’ago  con il suo iniziale crepitio, ci sediamo comodamente in poltrona e poi ascoltiamo il suono analogico, probabilmente non perfetto e pulito come quello digitale, ma sicuramente caldo, coinvolgente e nei nostri desideri… autenticamente e unicamente nostro!

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