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Il virus, le banche e il Carnevale di Venezia

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La maschera veneziana del medico della peste

Tempo di lettura: 3’. Leggibilità ***.

Lo slogan Italians do it better (gli Italiani lo fanno meglio degli altri) è il luogo comune del nostro provincialismo al quale siamo legati. E, come tutti i luoghi comuni che si rispettino, ci porta inesorabilmente a fondo.
L’auto propaganda è la corda che ce lo lega al collo.

Che gli italiani lo facessero meglio era un tempo espressione innocua e romantica, associata alle nostre pretese capacità di latin lover.

Oggi ci siamo messi in testa di essere i primi al mondo in tanti campi. E ovviamente rischiamo di cadere nel ridicolo o se ci va bene di essere ignorati dal resto del mondo, che non sembra affatto curarsi dei nostri millantati successi.

Anzi, se proprio debbono occuparsi di noi, lo fanno tirando in ballo le nostre anomalie, senza particolari indulgenze.

Davanti a qualsiasi problema noi invece sosteniamo di essere i primi e i più bravi a risolverlo. Lo Spallanzani che ha isolato il Coronavirus ci viene presentato dai media e dalla politica come un primato globale. E ascoltando il respiro del mondo, guai a non sentire gli altri popoli che ammirati si dicono: Cazzo, però questi italiani! Con tutti i loro casini da primato (declino, fughe dei cervelli, debito pubblico, sovranpopulismo) hanno avuto il tempo di salvare le sorti sanitarie dell’Umanità. Geniali!

Il linguaggio enfatico, per non dire trionfalistico, impedisce di dire che lo stesso risultato è stato ottenuto in decine di altri laboratori al mondo, più o meno nello stesso momento. Ci saremmo dovuti stupire del contrario, cioè che i nostri centri di eccellenza, senza dubbio di altissimo livello, non ne fossero stati in grado. La normalità è la più alta manifestazione di maturità.

Intanto, se qualcuno tenta di approfondire se alcune nostre peculiarità (grado di apertura dei nostri commerci e dei nostri rapporti sociali internazionali) ci espongano ai rischi del virus maggiori degli altri, ecco scattare gogne ideologiche che la buttano in caciara, pardon in politica.

E in politica si sa “io sono meglio degli altri” è fatto comune a tutti i praticanti la disciplina, anche se noi sappiamo interpretarlo in modo del tutto particolare e superiore agli altri, cioè stando contemporaneamente al governo e all’opposizione. Siamo indubbiamente i migliori anche in questo. Confusione a parte.

L’ultima auto esaltazione, davanti ai numerosi casi di propagazione del corona-virus (l’Italia in pochi giorni è arrivata ai primi posti della classifica della Organizzazione Mondiale della Sanità, senza che ne avessimo sentore), recita che ciò è potuto avvenire perché siamo più bravi a trovare i casi infetti e a isolarli meglio degli altri. E tra poco forse diremo anche che siamo i più bravi a curarli. Speriamo che sia davvero così, ma qualche dubbio ci viene.

Ora non volendo fare nè i sociologi da strapazzo nè occuparci di cose, come la medicina, di cui nulla sappiamo, torniamo ad un argomento a noi più congeniale: quello delle banche, perché i fatti di questi giorni ci hanno fatto tornare alla mente un episodio di alcuni anni fa, del quale fummo diretti testimoni. Non intendiamo fare paragoni impropri, ma la memoria ci sembra comunque istruttiva.

Il Governatore Draghi pronunciava nel 2010 le sue ultime Considerazioni Finali, essendo già in odore di assurgere alla carica di Presidente della Banca Centrale Europea.

Dopo aver letto la frase sugli sconquassi causati dal collasso della Lehman Brothers posò lentamente i fogli e, proseguendo irritualmente a braccio, gli occhi puntati verso la platea, completò la sua analisi con compiacimento, spiegando: da noi non accadrà nulla di simile. È il sistema bancario più solido, anche perché l’Italia ha la migliore vigilanza creditizia. Tutti conoscono la storia successiva.

Intanto anche a Venezia ci dicono di lavarci le mani, ma è confermato, al momento in cui scriviamo, che il Carnevale si svolgerà regolarmente tra calli e campielli, dove la folla circola a stretto contatto di faccia. Un altro virtuosismo non da poco, puntando sul fatto che le maschere possano sconfiggere le mascherine? Purtroppo, il passaggio dal Carnevale alla Morte è un tema fin troppo noto e dalle ultime notizie il contagio è arrivato anche in laguna.

Speriamo che il popolo sia più saggio dei suoi governanti, oltre che della sua stampa e della sua televisione.

 

 

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3 COMMENTS

  1. In Regione ci vivo da 40 anni e posso dire senza nessuna titubanza che chi ha governato, sinistra a Venezia e Lega in Regione, pensava di essere l’incarnazione illuminata del Buon Governo. In virtù di un innegabile sviluppo economico, di occupazione ed esportazioni. Ma andare al governo non significa saper governare. MOSE, acqua granda, fallimenti bancari, turismo di massa, grandi navi valgono a testimoniare cosa realmente è stato. Il coronavirus è l’ultima tragica beffa della incapacità di governo del territorio. Alle 14 di oggi, domenica 23 febbraio, si apprende che il Carnevale di Venezia sarà annullato dopo che si è diffusa in città la notizia che vi sono persone contagiate. Sarà’ annullato da domani quando in realtà è già finito per esaurimento fisiologico giacché dura dall’8 febbraio.Una foglia di fico, ci si poteva pensare in tempo. E qui sotto casa un gondoliere offre ai turisti (pochi) un altro giro in gondola. Chissà se ha capito che sta vendendo qualcosa di altro.

  2. Sono contento della notizia di sospensione del Carnevale di Venezia. D’altro canto come si poteva spiegare che nella stessa regione venisse sospesa la partita di calcio Verona-Cagliari, il Carnevale a Padova e si consentisse la prosecuzione del Carnevale di Venezia?
    Il coordinamento delle iniziative è la prima difesa.

  3. Da La stampa di oggi:
    “Mentre una tirata d’orecchi ci arriva anche dall’Ecdc, l’Agenzia europea di prevenzione e controllo delle malattie, che dice di non credere che i focolai di infezione al Nord del Paese dipendano dal fatto che noi abbiamo cercato il virus mentre gli altri no. «E’ assolutamente vero che in Italia sono stati testati pazienti senza sintomi e che siano stato eseguiti molti tamponi. Ma la stessa cosa è avvenuta anche in altri Paesi», confida un dirigente dell’Agenzia che chiede di restare anonimo. «Non penso – aggiunge – che l’emergere di focolai in alcune zone del Nord si possa spiegare semplicemente in questo modo».

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