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Il ritorno eterno di Escher ad Atrani: metamorfosi dello sguardo e geografia dell’infinito

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Atrani: il paese verticale

Nel mare infinito della memoria visiva del Novecento, pochi artisti hanno saputo trasformare il paesaggio in concetto, la percezione in riflessione e il reale in geometria dell’immaginario come Maurits Cornelis Escher. Eppure, per comprendere davvero l’essenza del suo cammino artistico, e la forza invisibile che ha scolpito la sua visione del mondo, bisogna fare ritorno ad un piccolo borgo incastonato tra le scogliere verticali della Costiera Amalfitana: Atrani. Un borgo di luce mediterranea e ordine nascosto nel quale Escher giunge nei primi anni ’30, spinto da una sete silenziosa di forme e proporzioni, di paesaggi dove natura e architettura convivano in un equilibrio superiore. Ma è Atrani, più ancora della celebre Amalfi o della poetica Ravello, a catturare la sua attenzione. Non solo per la sua bellezza verticale e labirintica, ma per la struttura innata del suo paesaggio: una composizione quasi musicale di archi, scale, torri, passaggi, sospensioni tra ombra e sole, vuoti e pieni. Atrani non è solo un soggetto: è un codice. In quella trama urbana così perfettamente imperfetta, Escher trova un ordine nascosto, una grammatica visuale che anticipa i suoi futuri mondi impossibili. Il “capo di Atrani”, quello scorcio incastonato tra il mare e il cielo, diventa simbolo di una visione che supera il paesaggio e lo trasfigura.

Atrani case in rovina, Escher 1931

Tre anni dopo la sua partenza dall’Italia, ormai rientrato nei Paesi Bassi, Escher realizza “Metamorphosis I”, una delle sue opere chiave. In questo ciclo visivo, figure e forme si trasformano con una logica rigorosa e poetica: lettere che diventano case, case che si evolvono in scacchiere, scacchiere che mutano in volatili, e infine di nuovo in simboli.

Ma è proprio nel mezzo di questa trasformazione fluida che ricompare, in una sequenza al tempo stesso discreta e centrale, il profilo del borgo di Atrani.

Non è un ricordo nostalgico, né un semplice omaggio: è la matrice archetipica del cambiamento. Atrani rappresenta l’origine del linguaggio visivo escheriano, il punto di equilibrio tra rigore matematico e intuizione artistica, tra struttura e caos. È la porta attraverso cui il mondo reale diventa metamorfosi: la topografia dell’anima

Atrani Costa d’Amalfi, Escher 1931

Escher, pur essendo olandese, trova in questo minuscolo borgo mediterraneo la sua “costante visiva”. Lo reintrodurrà in altre opere, come in Metamorphosis II e High and Low, e lo rielaborerà mentalmente come modulo narrativo, ripetendolo come un motivo musicale capace di tenere insieme complessità e semplicità, sogno e architettura.

Atrani non è per Escher un luogo del passato, ma un luogo del ritorno eterno. Proprio come il concetto di infinito che esplorerà nelle sue opere, Atrani resta sospeso nel tempo, simbolo silente di un’estetica che non ha bisogno di esibizione, ma di profondità.

Atrani Vicolo Coperto, Escher 1931

L’opera di Escher, vista attraverso il filtro di Atrani, suggerisce una verità ancora più radicale: la metamorfosi non è solo una tecnica visiva, ma un’espressione dell’esistenza. L’essere umano, come il paesaggio, è in continua trasformazione, e il compito dell’arte è riconoscere quella trasformazione, darle una forma, una logica, una bellezza.

Nel tempo delle identità fluide e delle crisi percettive, l’esempio di Escher, e la sua fedeltà silenziosa ad Atrani, ci ricorda che la vera modernità nasce dall’ascolto del particolare, dalla capacità di leggere l’invisibile dentro il visibile, dalla connessione profonda tra luogo, mente e visione.

Nell’epoca dei viaggi di massa e delle immagini che si consumano in pochi istanti, il legame tra M. C. Escher e Atrani resta una lezione sottile e potente: ciò che ci ispira davvero non è mai ciò che appare grandioso, ma ciò che ci parla con precisione assoluta e silenziosa. Atrani, con le sue scale intrecciate e i suoi spazi compressi, è per Escher l’inizio e la fine. Il luogo dove il mondo cambia forma e la mente può finalmente vederne il disegno.

Escher non ha mai smesso di camminare ad Atrani. Lo ha fatto sulle sue pietre, poi nei suoi pensieri, poi nei suoi mondi impossibili. Oggi quel cammino, fatto di visioni, proporzioni e meraviglia, può ancora parlarci, se siamo disposti a guardare, davvero.

Le foto sono tratte dal libro di P. Graus Escher ad Atrani

1 COMMENT

  1. Articolo veramente eccezionale. Chiaro ed informativo, anche per chi segue l’autore da una vita. Il periodo italiano è poco documentato in tutte le mostre ed i testi su di lui. Grazie

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