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La pratica della capitozzatura
La manutenzione del verde urbano è fondamentale e deriva dal “Piano di gestione” delle aree verdi che tutte le città e i paesi dovrebbero avere, piano da rivedere ogni cinque anni.
Le potature dovrebbero essere relativamente frequenti e leggere con disinfezione delle superfici di taglio anche con irrorazioni con specifici prodotti onde evitare la penetrazione fino alle radici di funghi ed insetti che distruggono le strutture anatomiche del legno svuotando all’interno soprattutto il tronco.
Il callo cicatriziale, che lentamente ricopre le superfici di taglio, non riesce a ricoprire le superfici più grandi derivanti dalle capitozzature effettuate a lunghi periodi dando appunto spazio a batteri, funghi ed insetti.
Conclusione: la stabilità delle piante è compromessa anche se la pianta, apparentemente, può sembrare in buone condizioni fisico vegetative.
La capitozzatura delle piante ha un’origine antica, tagliandosi rami e fronde da piante per usi energetici e di alimentazione del bestiame. La capitozzatura ha raggiunto dimensioni allarmanti costituendo il principale periocolo per gli alberi delle città riducendo senza dubbio la vitalità e la resistenza meccanica degli alberi stessi.
La capitozzatura non regola le dimensioni della pianta
Con la capitozzatura non si ottiene una riduzione delle dimensioni della pianta. Dopo la capitozzatura l’albero aumenta l’accrescimento, dovendo prima possibile ricostruire la superficie fogliare soppressa. La crescita non diminuirà fin tanto che l’albero, se non deperisce, avrà raggiunto le precedenti dimensioni. La capitozzatura non può determinare la grandezza di un albero. Ove ciò avvenga siamo in presenza del deperimento dell’albero che va verso la morte. La drastica riduzione della chioma provoca un gravissimo stress alla pianta per un apparato radicale rimasto lo stesso senza chioma da riformare ed alimentare. La pianta reagisce emettendo lunghi germogli (“succhioni”) a rapido sviluppo per rimpiazzare le branche asportate dalla pianta. Questi “succhioni” saranno poi tagliati e ritagliati ogni anno con notevoli spese. Se un albero è invece potato razionalmente, si esaltano le sue condizioni fisico-vegetative e la sua bellezza, ed è potatura che nel tempo ha altresì un minor costo.
La capitozzatura è pericolosa
Assurdamente si ritiene che un albero capitozzato sia più sicuro ovvero può esserlo solo momentaneamente essendo certo che le branche capitozzate aprono la via ad una moltitudine di organismi distruggendo all’interno il legno giungendo fino alle radici, rendendo rami e tronco fragili e quindi pericolosi. In alcuni regolamenti comunali, non a caso, si trova che la capitozzatura è fattore di rischio per la cittadinanza. Questo in antichi documenti perché attualmente il problema è disatteso.
La Società Italiana di Arboricoltura ha diffuso un depliant con il quale si danno istruzioni per la corretta potatura delle piante nonché degli errori che si commettono con le funeste potature. Si indica chiaramente, attraverso disegni schematici, la sequenza da seguire nei vari interventi. L’albero correttamente potato, si dice, “è bello e sicuro”.
La strage degli innocenti
Sull’onda dei cambiamenti climatici, delle tempeste di acqua, vento e grandine, di pesanti nevicate che causano gravi danni a cose e persone, per motivi di sicurezza le alberature che abbelliscono e danno salubrità alle nostre città, in moltissimi casi sono state troppo spesso decimate.
“Per motivi di sicurezza” si è detto infatti ai protestanti cittadini. Che importa se un filare di alberi od un parco rappresentavano, ad esempio, una memoria storica od un riferimento particolare per una città: le piante si dovevano tagliare, anche se in molti casi non c’era bisogno, bastando una leggera ma costante potatura di riforma, per contenere la chioma così meno esposta alle tempeste.
Ho esaminato in varie città le sezioni di taglio di varie specie risultate sanissime ed esenti da attacchi di funghi ed insetti, piante con apparati radicali robustissimi molte volte addirittura incastonate tra edifici e quindi assolutamente protette da tempeste di vento e di acqua. Non credo che si sia sempre operato in un quadro programmatico delle varie operazioni studiando bene le esigenze ecofisiologiche delle specie, le condizioni fisico vegetative e sanitarie delle piante, la loro sostituzione o meno. Insomma temo che funesti avvenimenti metereologici abbiano influito oltre misura ed emotivamente sul destino degli alberi di molte città peraltro bisognose di verde: “cui prodest”?