Home Imprese&Lavoro Come cambiano le banche italiane:più grandi, più piccole e più provinciali

Come cambiano le banche italiane:più grandi, più piccole e più provinciali

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Una volta l’anno la Banca d’Italia pubblica nel settore statistiche: Banche e istituzioni finanziarie: articolazione territoriale. Vale la pena consultarlo perchè è un documento ricco di informazioni che ci fa scoprire interessanti fenomeni di come le banche si adattano ai mutamenti sociali ed economici del nostro paese. I dati sono al 31 dicembre 2021 e sono stati resi pubblici oggi, 31 marzo. Tra le tante dinamiche che mi preme sottolineare ve ne sono tre, da una prima lettura. Esse sono meritevoli di approfondimento ma mi appaiono inequivocabili.

La prima emerge dalla tavola in basso e riguarda la velocità degli aggiustamenti della rete territoriale in un periodo piuttosto lungo di dieci anni. Il numero delle banche e dei relativi sportelli sono diminuiti nel decennio del 35 % mentre il numero di addetti scende solo del 14 %.

La seconda è il forte peso delle BCC che ormai rappresentano quasi il 20 per cento degli sportelli bancari del paese e sono le banche che hanno guadagnato di più in termini di quote di mercato. Anche in termini di addetti (le statistiche però sono insieme alle banche popolari) hanno un peso cospicuo, il 14 per cento del totale. Nel 2021 le BCC sono 238 con 4148 sportelli con una certa prevalenza nelle regioni settentrionali e con circa 17 sportelli medi  per banca.Gli sportelli sono rimasti pressochè invariati nei due anni considerati.  La presenza intensiva sul territorio di queste piccole banche non arresta comunque il calo dei comuni serviti da banche. Erano 5100 nel 2020 e l’anno dopo sono scesi a 4900.

 

L’altro fenomeno, almeno a me sconosciuto, è il cambiamento della densità geografica degli sportelli bancari. Ogni 100.000 abitanti, sono più numerosi gli sportelli nelle province che nei capoluoghi di regione, al Nord come al Centro Sud. Se in media sussistono 35 sportelli ogni 100.000 abitanti, in città come Torino, Milano, Roma, Napoli e Palermo siamo al di sotto e in alcuni casi anche in modo marcato. Sorprendono le province di montagna al Nord (Sondrio, Cuneo, Bolzano) con oltre 60 sportelli medi come pure il Sud in cui tutte le province sono sotto la media nazionale. Tendenze di lungo periodo che vengono da lontano e che disegnano una disomogeneità che andrebbe approfondita per capire meglio le strategie territoriali delle banche. Da valutare anche alla luce di quel che è accaduto negli ultimi anni caratterizzati da pandemia e tentativi dichiarati di innovazione tecnologica di massa, con la realizzazione di servizi a distanza.

In conclusione, e almeno da questa prima lettura, la struttura bancaria si conferma fondamentale per capire i nuovi fatti inerenti lo sviluppo economico, l’inclusione sociale. Ciò perchè il nostro sistema rimane essenzialmente retail con presidi territoriali che si riducono in termini numerici medi ma si addensano, come abbiamo visto, in alcune aree e presso certe banche secondo strategie ancora da scoprire. Di certo, il paese è formato da aree che accanto al persistente dualismo Nord Sud fanno emergere altri fenomeni contrastanti e divergenti che influenzeranno il nostro futuro sociale ed economico.
Dalle varie angolazioni, con cui si possono vedere le statistiche territoriali, la tendenza a concentrarsi e ad accentuare i divari è incontrovertibile. Ad esempio, 3 regioni, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna accolgono metà del sistema bancario in termini di sportelli. Esse producono il 39% del PIL italiano (dati al 2017) e hanno appena il 20 % della popolazione del paese. Infine, queste statistiche chiudono definitivamente l’epoca delle banche medie e di quelle regionali naufragate miseramente un pò di anni fa (l’elenco sarebbe lunghissimo) e che hanno fatto la fortuna delle PMI e dello sviluppo economico italiano.Questo lo sapevamo, quello che non sapevamo è che esse non sono state sostituite in alcun modo.

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