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I cani di Pechino…vanno a Londra, raccontino sulla sostenibilità animale

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Il fermo immagine di una delle scene conclusive di Umberto D. Umberto (Carlo Battisti) avvicina al musetto di Flaik una grossa pigna che poi lancia nel vialetto perché lui possa rincorrerla. Ambedue corrono verso la pigna e qui si chiude il film.
Tempo di lettura: 6’.

Ricordate il finale di Umberto D, il film capolavoro del neorealismo, scritto da Cesare Zavattini e diretto da Vittorio De Sica (su Dailymotion)? “Corri, Flaik, corri”, per me uno dei finali più drammatici e più toccanti della storia del cinema. Anche uno dei più animalisti!

Un epilogo, con lieto fine inatteso, che eguaglia in pathos la grande arte di Charlie Chaplin e forse, nella sua crudezza, la supera.

Indimenticabile la scena in cui Flaik, conscio dello scampato pericolo di finire sotto il treno insieme allo sventurato (ma, per fortuna, indeciso) padrone, scappa non senza accertarsi però che il padrone lo segua.

Mistero della simbiosi tra Animale e Uomo! Che ne sarà della bestiola, bersaglio della pervicace, ostile volontà umana di eliminarla, quando il suo bipede compagno verrà a mancare, perché, in fondo, bersaglio della stessa identica ostilità?

A destra Haohao che passeggia nello spazio all’aperto del complesso dove vive la sua tutor, la giornalista neozalandese Yuan Yang, nel tondo in alto a sinistra.

Succede a Pechino

Vi ho detto di Flaik, perché quest’oggi vorrei condividere con voi una storia sconsolante e allo stesso tempo edificante. L’ho appresa casualmente una settimana fa scorrendo il supplemento Life&Art del “Financial Times.”

Vi si racconta del cane Haohao, un Alaskan Malamute di 35 kg, e della sua tutor Yuan Yang, vice responsabile dell’Ufficio di Pechino del quotidiano di Londra.

Solo a guardare la foto che accompagna il pezzo mi è subito venuto alla mente Hachiko, l’akita giapponese, protagonista dell’omonimo film (a noleggio su tutte le piattaforme) del regista svedese Lasse Hallström con Richard Gere e Kate Winslet.

Due vicende parimenti di grandissimo reciproco affetto sia pure in contesti molto differenti. L’una si svolge nel placido Rodhe Island, l’altra in Cina nell’affollata Pechino, megalopoli frenetica e pulsante dove vivono oltre 22 milioni di persone e oggi è sull’orlo di un drammatico lockdown. Una condizione che ha reso ancor più problematica la vicenda che la signora Yuan Yang ci ha raccontato.

Ma l’esistenza di Haohao era problematica già in sé, a Pechino.

Vita a quattro zampe in Cina

La Cina è un grande paese con una storia immensa e una cucina inarrivabile. Io stesso per molti anni ho accarezzato l’idea di fare uno stage nella cucina del ristorante cinese vicino a casa, il Mandarino. Ma non c’è mai il tempo di fare quello che vorremmo davvero.

La Cina è un paese fuori dall’ordinario, anche per gli animali: grande risorsa, ma anche immenso problema. Sono e sono stati una risorsa enorme per estirpare la denutrizione e sono una risorsa anche per l’identità e l’immaginario nazionale (vedi Panda), come vuole quella soft culture che sta molto a cuore al regime di Xi Jinping.

Gli animali, non solo selvatici o d’allevamento, sono, però, anche un problema. Le condizioni dell’igiene pubblica e soprattutto la promiscuità possono causare malattie e spill over che saltando da animale ad animale finiscono per arrivare alle persone.

Anche la cultura dell’animale domestico non è paragonabile al livello che si può trovare nei paesi occidentali. Però gli animali domestici sono molto amati e ricercati dalla classe media cinese, specialmente nelle grandi città.

Si stima che in Cina vivano 200 milioni di animali domestici. Solo gli Stati Uniti e il Brasile ne hanno di più. In Italia ne esistono 60 milioni. Un bel numero quello della Cina se si considera che ai tempi di Mao non era permesso tenere animali domestici, abitudine considerata una pratica borghese da non far attecchire nel popolo cinese.

Da Mao a Deng a oggi

Il divieto rimase anche con l’innovatore Deng per ragioni, però, di igiene. Solo a metà degli anni ’90 si iniziò ad ammettere gli animali domestici. Si doveva però acquistare una licenza di 5.000 RMB (700 euro circa) l’anno, l’equivalente cioè, all’epoca, di quattro anni di stipendio di un docente universitario. Esisteva anche il limite di un cane per famiglia.

Nel 2003, l’importo della licenza fu ridotto e fu introdotta una diversa regolamentazione, tutt’ora in vigore. Ogni grande città istituì poi regole proprie.

A Pechino non si possono far passeggiare i cani nei parchi e non si possono tenere cani con un’altezza, al garrese, superiore ai 35 cm. A Guangzhou l’altezza così misurata può salire a 71 cm. Shanghai ha scelto di proibire alcune razze. Ogni cane deve portare un targhetta rosa ben visibile con la data dell’ultima vaccinazione antirabbica – leggibile.

Ma veniamo alla nostra storia.

Un compagno fisso per Yuan

Pur essendo a conoscenza che nel centro di Pechino non sono ammessi cani di una certa stazza, in un gelido dicembre del 2019 la nostra Yuan Yang accetta la proposta di un amico, in partenza per un viaggio all’estero di breve durata, di accudire a Haohao, un meraviglioso esemplare di 35 kg di Alaskan Malamute (nella foto sopra).

Quando l’amico decide di lasciare definitivamente Pechino, Haohao diventa il compagno fisso di Yuan.

Lei inizia a farlo passeggiare al mattino presto, quando in giro c’è poca gente, e quindi lo porta al lavoro nell’ufficio del “Financial Times” nell’area consolare di Pechino, passando di fronte alla stazione polizia, dove si reca ogni volta che rientra da viaggi internazionali.

Haohao non passa inosservato, naturalmente, e un amico poliziotto l’ammonisce: “non è una buona idea che il tuo cane viva qui”.

Avvertimento da tener in conto assolutamente.

Le retate di maggio

I numerosi proprietari di cani di stazza superiore a quella prevista dal regolamento comunale di Pechino si ritrovano su un gruppo di WeChat e, quando arriva il mese di maggio, il gruppo inizia ad animarsi all’inverosimile.

È proprio a maggio che la polizia inizia ad catturare e portare via i cani “illegali”. Così come gli ucraini trasmettevano da un gruppo all’altro le coordinate dei convogli russi, così i membri del gruppo trasmettono freneticamente le coordinate delle squadre di accalappiacani.

Lo scopo è quello di dare il tempo ai proprietari di organizzare un piano di evacuazione, che spesso fallisce e i cani vengono caricati su un grosso furgone e portati via in gabbie stipate.

Dove? Meglio non indagare.

I piani di salvataggio di Yuan

Il piano di salvataggio di Haohao nelle peggiore delle evenienze avrebbe seguito le linee suggerite a Yuan da Danny Zhu, un addestratore e veterano delle retate.

Zhu consiglia a Yuan di inscenare una piazzata nel caso la polizia accalappiasse Haohao. Si sarebbe dovuta stendere sul marciapiede abbracciando stretto il cane e iniziando a gridare a squarciagola.

In questo modo sarebbe riuscita a guadagnare del tempo prezioso. I poliziotti, in genere, non amano la pubblicità e gli schiamazzi che accompagnano le loro azioni. Forse se ne sarebbero andati per poi, però, tornare ancora più determinati di prima.

Un altro piano, meno disperato, che inizia a frullare nella mente di Yuan è quello di correre con il cane a spron battuto in una vicina ambasciata. Se non ce ne fosse stato il tempo avrebbe dovuto dichiarare ai poliziotti: “non è il mio cane, è il cane dell’ambasciatore britannico. Io sono solo la dog sitter” (Yuan è, in realtà, cittadina neozelandese, non britannica).

Prendete l’altro

Forse c’è un modo meno farraginoso di farlo: prevenire il sequestro.

Yuan vive in un complesso residenziale dove ci sono molti cani “illegali” e durante la stagione della cattura molti condomini li fanno passeggiare nel perimetro del complesso.

Il complesso è monitorato da alcune guardie che Yuan ha deciso di rendere, riuscendovi, amiche di Haohao. Le guardie lo accarezzano, gli fanno complimenti. Haobao, cane dotato di un’intelligenza superiore, ricambia e si mostra affabile e amorevole.

A che scopo arruffianarsi queste persone? I guardiani del complesso sono le figure alle quali si rivolge la polizia in caso di controversie o di altro tipo di problemi.

La polizia si indirizza a loro anche nel periodo della cattura dei cani. Alle volte viene chiesto di consegnare un solo cane, giusto per completare le quote assegnate.

E Yuan ragiona così: se il complesso dovesse consegnare un cane illegale, Haohao potrebbe non essere in cima alla lista data alla polizia dai guardiani del luogo.

È qualcosa di assolutamente insensato, ma funziona così dalla preistoria.

Pericolo scampato

Siamo nel marzo 2020, il Covid sta mettendo in ginocchio Wuhan, e Yuan passeggia con Haohao lungo il percorso abituale da casa all’ufficio.

Sta parlando al telefono con Londra quando un agente la ferma chiedendole il paese di provenienza. “Che t’importa” risponde la giornalista, contravvenendo alla regola 1 di essere SEMPRE accondiscendenti con le autorità.

Al che l’agente, innervosito dalla brusca risposta, estrae il telefono, scansiona il volto di Yuan e accede al servizio di riconoscimento facciale che immediatamente identifica la donna e tutti i suoi dati. Ecco la tecnologia che serve le peggiori cause.

Quindi, indicando il cane, l’agente dice che invierà un collega al suo compound per verificare che già dalla sera stessa il cane non sia più là.

Yuan allora decide di portare subito Haohao nel complesso dove si trova l’ufficio del giornale. Si tratta di una residenza diplomatica dove già ci sono molti cani e dove la polizia non entra. Haobao vi passa la nottata e poi, fortunatamente, un collega, che vive nel complesso, si offre di ospitarli entrambi finché ce ne sarà bisogno.

Tre settimane più tardi, dove varie ispezioni e non essendoci traccia di agenti nel suo complesso residenziale, Yuan vi riconduce Haohao.

Da aprile entrambi si trovano a Londra, al sicuro. Per questo ha potuto scrivere questo articolo.

Ti vedo stanca
hai le borse sotto gli occhi
come ti trovi
a Pechino?
Ti piace Schubert?


Prima di andare

L’ultima parola al sidolizzatore. Per il sidolizzatore, che conosce il materiale che ha tra le mani (ciò consentendogli di non sbagliare le componenti di lucidazione), è una pena ignorare se il cagnetto si chiami Haohao o Haobao. L’autore si decida! Già sorvolò pudicamente (o perché vegano?) sulla ricetta in cui sarebbe certamente finito se fosse stato accalappiato… Sulla misura dell’altezza (“al garrese”, prego) appunto fu deciso per lui: cm e non mm.
Ma per il sidolizzatore è un vero piacere quando può lucidare l’argenteria di famiglia: il Prof. Carlo Battisti (1882-1977), – insigne, ma discusso, glottologo e bibliotecario nonché casualmente protagonista di Umberto D. – altri non è infatti che… il fratello di sua nonna.

Autore. La professione del sidolizzatore, come quella di Mr Wolf, cioè del lucidatore di scritti e azioni altrui, è insostituibile in ogni attività umana. E quindi anche dei miei.

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