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“Pivot to Asia” e guerra in Ucraina

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Geopolitica dell’Indo-Pacifico 

La crisi ucraina ha mostrato al mondo che le questioni energetiche e geopolitiche sono inseparabili. Per comprendere la geopolitica abbiamo bisogno della memoria e di riuscire a coniugare gli eventi.

Contrariamente alle aspettative della Russia, la guerra in Ucraina e le crisi che ne sono derivate, non hanno danneggiato le relazioni EuropaAmerica, anzi, le hanno migliorateDopo la Guerra Fredda, la Russia aveva cercato di sfruttare la frattura nelle relazioni transatlantiche, per indebolire l’alleanza politica ed economica Europa-Stati Uniti. La risposta era stata di spingere la NATO ad aumentare la sua deterrenza contro Mosca espandendo i suoi confini orientali e settentrionali. Ma non è stata la sola mossa.

Era il 2011 e si stava rafforzando la necessità da parte degli Stati Uniti di bilanciare la crescita della Cina, aumentando decisamente il proprio peso in Asia. Come attuare lo spostamento? Venne ideato il “Pivot to Asia” che tradotto in italiano vuol dire “perno”, centro strategico di capitale importanza. È stata la “mossa con la quale gli Stati Uniti hanno puntato a raddrizzare la rotta, dando direzione e chiarezza al proprio ruolo nel mondo, aprendo a nuove dinamiche geopolitiche.

La scelta di dare priorità strategica allo scenario dell’Asia-Pacifico serviva e serve tutt’ora per regolare un sistema di geopolitica planetario. Nella sua definizione strategica, il Pivot è multidimensionale, prevedendo l’impiego di risorse politiche, diplomatiche, economiche e militari.

Negli anni, si è dato vita a un processo di accumulazione di forza in preparazione di un’esplicita competizione militareGli eventi che vediamo accadere oggi danno maggiore chiarezza alle interpretazioni iniziali.

Il 15 settembre 2021, è stata creata una nuova alleanza: Stati Uniti, Regno Unito e Australia, hanno siglato il patto di sicurezza trilaterale, sotto l’acronimo di AUKUS.

Ai primi di novembre al G20 di Roma, i paesi aderenti all’AUKUS si sono presentati con il simbolo del papavero rosso all’occhiello delle loro giacche. Un piccolo dettaglio per lo più passato inosservato, anche perché poteva essere in anticipo sulla ricorrenza del Poppy day, che i paesi del Commonwealth celebrano l’11 di novembre in onore dei caduti nelle guerre, ma poteva anche essere l’avvertimento di una guerra immanente.  I papaveri crescono dove c’è il nitrato di ammonio, un potente fertilizzante, ma anche il complemento per costruire bombe. In fin dei conti la guerra è un sottoprodotto della pace.

Il 24 febbraio del 2022 è iniziata la guerra Russo-Ucraina. Sia l’AUKUS che il G20 hanno puntato a facilitare la condivisione di informazioni e la cooperazione in aree strategiche, mettendo in evidenza le parole chiave: Persone, Pianeta e Prosperità, atte a produrre i concetti di Innovazione, Responsabilità e Creatività. Obiettivi apparentemente neutrali e condivisibili da tutti. Ma non possiamo non vedere che “il nuovo, vecchio asse tripartito” anglo-americano-australiano si rinsalda nell’Indo-Pacifico, in contrapposizione alla crescente influenza cinese e con effetti su altri scacchieri.

Le dinamiche degli schieramenti 

L’obiettivo di questo Patto è di confermare che le potenze anglosassoni sono il motore strategico dell’Occidente. In questo momento epocale, l’AUKUS si somma al QUAD, il Quadrilateral Security Dialogue, formato da Stati Uniti, Australia, Giappone e India, con lo stesso chiaro obiettivo di impedire l’egemonia cinese nel Mar Cinese Meridionale.

La Russia ha cercato di riposizionarsi a livello internazionale, dopo che la reazione occidentale all’invasione, l’ha praticamente tagliata fuori dai rapporti politici, economici e culturali con Europa e Nord America.

Il 7 aprile 2022, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha estromesso la Russia dal Consiglio dei diritti umani Onu. Al fianco della Russia si sono ritrovate Nord Corea, Iran, Siria e Cuba, ma anche la Cina, che sulla risoluzione di condanna all’aggressione nei confronti dell’Ucraina si è fino a poco tempo fa astenuta. Si aggiungono Laos e Vietnam, i quali sono partner storici di Mosca nell’Asia orientale. Altri Paesi hanno deciso di adottare una posizione neutrale, quali: Pakistan, Brunei, Singapore, Tailandia, Malesia, Indonesia e Cambogia. Ma quasi, in modo silenzioso, è ascesa sullo scenario geopolitico l’India.

Il dilemma dell’India

L’India è divenuta uno dei protagonisti della guerra Russo Ucraina. Nonostante la recente vicinanza agli Stati Uniti in funzione anticinese, New Delhi si è schierata apertamente con Mosca, sostenendo diplomaticamente il Cremlino e rifiutandosi di incolparlo dell’aggressione all’Ucraina.

Il governo del primo ministro indiano, Narendra Modi, ha però rivitalizzato anche il Quad. Quindi l’India dove si posiziona?

La partecipazione indiana a un consesso di matrice statunitense è stata prodotta dalla necessità di schivare la sintonia della Russia con Pechino. Ma è vero anche che l’India importa dalla Russia oltre il 60 per cento degli armamenti militari di cui dispone, tra cui il sistema di difesa anti-missilistico terra-aria tra i più avanzati al mondo: l’ S-400.

La progettazione era nata ai tempi della “Guerra Fredda”  ed era il pilastro della difesa aerea dell’Unione Sovietica quando la minaccia missilistica nucleare era al suo apice. L’India li ha acquistati anche grazie al prezzo inferiore ai corrispettivi occidentali e soprattutto ha ottenuto la non ingerenza del Cremlino nel loro eventuale utilizzo.

E’ un’importante differenza rispetto alle richieste statunitensi che invece sono assolutamente vincolanti sull’uso delle armi fornite agli altri paesi.

A tutto ciò si aggiunge anche la volontà indiana di aumentare l’importazione di idrocarburi siberiani, soprattutto di petrolio.

Il nodo indiano si è creato in questo punto: la vicinanza  indiana alla Russia diviene strategica per non “essere succube” dagli Stati Uniti, vivendo l’intesa del Quad. E tutto ciò accade con gli indiani che dicono di condividere con gli europei la volontà di ridurre la dipendenza tecnologico-militare ed energetica dalla Russia, ma anche di voler contrastare l’ascesa della Repubblica Popolare Cinese.

Aquila o Dragone?

Le Filippine, dopo aver avuto una acuta  “fase cinese” con il presidente uscente Rodrigo Duterte, adesso vivono un periodo di riavvicinamento a Washington; mentre la delegazione del Myanmar presso le Nazioni Unite non rappresenta la giunta militare attualmente al potere, ma il governo civile in esilio, sostenuto dagli americani.

L’effetto Farfalla ci dice che è impossibile prevedere le soluzioni di questa estrema complessità. Il Pivot to Asia è stato portato avanti con determinazione da tutte le amministrazioni americane, repubblicane e democratiche, di questo secolo. Sarà in grado di dare dei risultati concreti?

Accantonata la Russia come possibile partner economico-politico a causa della guerra in corso, i paesi dell’Indo-Pacifico per ridimensionare le ingenti perdite economiche e riequilibraregli interessi strategici, si stanno chiedendo verso quale polo convergere: Aquila o Dragone? Stati Uniti o Cina?

L’America ha ribadito che “il futuro di ciascuna delle nostre nazioni, ed effettivamente del mondo, dipende da un IndoPacifico libero e aperto che durerà e fiorirà nei decenni molto presto”. 

L’obiettivo è di offrire ai paesi dell’Indo-Pacifico sicurezza e permettergli di ottenere vantaggi economici attraverso solide alleanze con Australia, Giappone, Corea del Sud, Filippine e Tailandia; praticamente supportare l’ASEAN, l’area di libero scambio situata nel Sud-est asiatico, atta a sviluppare i traffici commerciali, difendere il rispetto del diritto internazionale dei diritti umani e la libertà di navigazione. Tra queste vi sono anche le attenzioni alle violazioni dei diritti umani in Cina e il monitoraggio del conflitto indo-cinese sul contrastato confine tra le due nazioni. Non sono certo da meno le pressioni nei riguardi di Taiwan e le tensioni con gli altri paesi della regione nel Mare Cinese del Sud.

Iniziative cinesi

C’è anche il rovescio della medaglia, la Cina ha creato la Global Security Initiative, GSI, una nuova strategia di politica estera annunciata il 21 aprile al Boao Forum for Asia. Il GSI è una coalizione anti-Usa che punta alla non interferenza nei vari aderenti e ad alimentare rivalse contro l’egemonismo statunitense. Una sorta di “recruiting” per contrastare la potenza degli Usa e in previsione della annessione, da parte della Cina, di Taiwan.

E se il GSI fosse stato creato dalla Cina per togliersi di dosso le accuse, sempre smentite dall’establishment, di essere venuta a conoscenza delle intenzioni della Russia sulla Ucraina prima dell’effettiva invasione? Cosa che avrebbe potuto trovare contromosse diplomatiche evitando la catastrofe. Il suo silenzio è andato a favore delle intenzioni di Putin?

La posizione della Cina sulla guerra in Ucraina si presenta ora abbastanza chiara. Viene chiesta la fine dei combattimenti e il sostegno alla soluzione diplomatica. Praticamente la Cina si augura che  “Washington possa sganciarsi dalla mentalità della guerra fredda”. Quindi la retorica antiamericana lascia intendere che l’attività della NATO sia un fattore di causalità nel conflitto tra Russia e Ucraina, un’idea che mette in guardia i Paesi dell’Indo-Pacifico su possibili risoluzioni da guerra fredda atta a dividere, e non a unire anche in quell’area.

A questo si aggiunge la questione di Taiwan. Su questo punto la Cina ribadisce che Taiwan e l’Ucraina non sono paragonabili. Taiwan è una parte inseparabile del territorio cinese ed è un fatto interno della Cina. Concetto che francamente calpesta le intenzioni di una riunione pacifica: una vera e propria ambiguità.

La Nato e la Turchia

Sul piano economico le sanzioni euro-americane contro la Russia, rischiano di dividere i Paesi dell’Indo-Pacifico, la guerra ha “danneggiato” il quadro globale per la causa di un ordine mondiale e di una pace che in più di 100 anni non erano mai state seriamente prese in considerazione. Il vero problema è che si potrebbe palesare una nuova crisi economica mondiale come quella del 2020 quando il mondo ha dovuto fermarsi davanti alla Pandemia. 

Gli occhi devono essere tenuti ben aperti aperti e non sottovalutare l’India che rimane comunque legata storicamente con Mosca. Ricordarsi che New Dehli mantiene una posizione neutrale solo per momentanee necessità economiche che potrebbero anche cambiare. I contratti tra India e Cina sono stati rinnovati fino al 2035. Non mancano di puntare sull’approvvigionamento di materie prime quali ferro, carbone ed energia. Il problema per l’India è di conciliare le mosse economiche con la sua posizione all’interno del QUAD.

L’india dovrà applicare l’antica “diplomazia dei bambù”, cioè la capacità di sapersi piegarsenza spezzarsi, evitando di obbligarsi a scegliere uno schieramento? Vero che l’Ucraina è molto lontana geograficamente dall’Indo-Pacificoma sarà l’Indonesia, altra potenza del Sud del mondo, che presiederà il G20 di ottobre prossimo il luogo dovrà trovare un indifferibile punto di equilibrio fra i due “contendenti”, accettando o meno la presenza ufficiale della Russia. La Cina si sta comunque aumentando la domanda di materie prime ed energia provenienti dalla Russia.

I paesi dell’Indo-Pacifico soffrono la complicazione dei rapporti commerciali con la Russia e la rottura dei rapporti tra Russia e i Paesi europei, i quali avranno meno risorse per fare investimenti e acquistare le merci prodotte in una regione già fortemente provata dalle conseguenze della pandemia.

Fondamentale sarà l’atteggiamento della Cina e degli Stati Uniti nel rispondere alle nuove esigenze e aumentare la propria influenza nella regione, tenendo conto però che i Paesi, diversamente da quelli europei, difficilmente si uniranno in alleanze che li vincolino ad azioni militari non collegate a minacce dirette dei loro territori.

La libertà geopolitica di scegliere la propria linea d’azione sarà condizione essenziale per la partecipazione a qualsiasi alleanza. La speranza di Mosca è di avvicinarsi sempre di più a Pechino per una alleanza di lungo termine tra chi fornisce materie prime e energia e chi le impiega nella manifattura più grande del mondo.

La rinuncia di Finlandia e Svezia alla neutralità e il passo indietro della Turchia sul veto alle sanzioni sono stati ottenuti nel giro di 24 ore. Questa mossa potrebbe portare a contenere la Russia sul fronte artico/baltico e scoraggiare le pulsioni cinesi verso la via nordica della seta. Siamo alla fase di uscita dalla guerra dando all’Ucraina e alla Moldova lo status di Paesi candidati all’adesione UE? Oppure come afferma Boris Johnson deve esserci una continua resistenza per opporsi ad una “cattiva pace”? La guerra continua per conquistare la via libera allo “Scudo Ucraino”? Wait and see, se non si produrrà l’irreparabile.

Una frase, a commento di questa intricata situazione, sembra molto appropriata.

“L’umanità non ha mai avuto così tanto potere su sé stessa. Eppure nulla può garantire che possa usarlo saggiamente” (Tim Cook, Ceo di Apple).

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3 COMMENTS

  1. Il complesso e interessante articolo delinea situazioni e prospettive che si interconnettono.
    Se alle visioni politiche abbinassimo pero’ una cartina geografica fisica, come avviene per gli atlanti, avremmo modo di notare come molte delle complessita’ e situazioni critiche si ricollegano alle potenzialita’ di specifiche materie prime presenti nei territori, che appaiono oggi indispensabili per gli sviluppi tecnoligici nazionali di comunita’ associate o che si contrappongono in blocchi socio-culturali.
    In verita’, infatti, piu’ che le ideologie e’ oggi l’importanza delle materie prime cio’ che sta alla base dei problemi.
    Come pure alleanze e occupazione di territori rispondono all’esigenza primaria dello sfruttamento dei suoli (agricoltura e insediamenti industriali) e dei sottosuoli (Gas, petrolio e beni minerari in genere).
    Per non parlare poi del fatto che la geopolitica e’, in parte almeno, anche frutto delle mutazioni climatiche, ma questo aprirebbe a un altro ampio argomento.

  2. Ottimo articolo che ci fa capire la complessità della situazione geopolitica mondiale e i rischi derivanti da tanti fragili equilibri.

  3. Grazie per i commenti, grazie ad economia&finanzaverde che mi da la possibilità di scrivere la complessità. Dobbiamo comprendere come dei visionari, avere voglia di capire e non fermarsi ad una apparente realtà. l’Asia ospita più della metà della popolazione mondiale e del prodotto interno lordo, quattro delle cinque maggiori economie del mondo e cinque dei primi dieci partner commerciali dell’America. Dal punto di vista della sicurezza, comprende cinque alleati con cui gli Stati Uniti hanno firmato un trattato, un numero ancora maggiore di partner chiave per la sicurezza e numerosi punti critici militari. Entro il 2030, l’Asia contribuirà alla maggior parte della crescita globale e a oltre il 90% dei nuovi membri della classe media globale.

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