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Le casse peote e l’autonomia regionale differenziata

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Prologo

Tanto per essere chiari e mettere nero su bianco l’autonomia differenziata prevederebbe, incrociando il ddl Calderoli e l’art.117 della Costituzione, quanto segue in tema di competenza legislativa delle regioni: “casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.”
E’ una restaurazione del sistema bancario spazzato via da riforme e soprattutto da crisi. Le casse di risparmio non esistono più, le casse rurali oggi sono BCC e fanno parte di 2 gruppi sistemici a livello europeo, gli enti di credito fondiario fallirono miseramente sotto il peso di operazioni improbabili e le aziende di credito a carattere regionale non ve ne sono più da tempo immemorabile. Al contribuente sono costate non poco e speriamo che a nessuno venga in mente di riproporcele con la scusa dell’autonomia differenziata. I soldi per queste idiosincrasie regionalistiche sono finiti o pensiamo di creare una mobilità finanziaria tra Nord e Sud come per la sanità?
Rivedremo le tontinarie, le casse peote e le casse popolari ?

Per anticipare il futuro prossimo vediamo allora tra queste tre categorie chi sono le casse peote e a cosa servivano.

Un pò di storia

Dal sito della Pro Loco di Ponte San Nicolò (PD) riporto la storia più bella che ho trovato al riguardo.

“Perso un pezzo di identità veneta: la CASSA PEOTA. C’è una cosa che è più veneta della polenta: la Cassa Peota

Ma non si fa più perchè è talmente difficile farla “in regola” che si è costretti a lasciar perdere.

Eppure se si volesse tutelare l’identità veneta la Cassa Peota meriterebbe il posto a capotavola.

Il nome risale alla notte dei tempi. Non si sa se deriva dalla cassa comune tenuta dal nostromo detto “peota” o la cassa comune delle ragazze che andavano a vendere la verdura con la barca. Fatto sta che il Veneto con la sua millenaria cultura solidale ha inventato un sistema che prevede una cassa comune, il piccolo prestito per necessità impreviste, l’educazione al risparmio, la fiducia, la socializzazione del risparmio.

Da bambino facevo a scuola la giornata del risparmio. A tutti noi scolari veniva dato un salvadanaio con il lucchetto che solo la banca poteva aprire. Non l’ho mai usato.

Il risparmio l’ho imparato invece con la Cassa Peota. Ti iscrivevi e dovevi versare il tuo soldino tutte le settimane, se saltavi una settimana c’era una piccola multa. Se però uno aveva un bisogno i dirigenti della Cassa Peota gli facevano un piccolo prestito commisurato alla sua capacità di risparmiare e alla fine dell’anno il prestito era restituito.

Se non avevi ricevuto il prestito alla fine dell’anno ricevevi il tuo gruzzoletto e se restava qualcosa ancora si faceva una bella cena, una gita o un’opera di beneficenza… e poi si ripartiva di nuovo.

Nel suo piccolo la Cassa Peota insegnava il risparmio, la solidarietà, il rispetto degli impegni, la fiducia, la cultura di un popolo di lavoratori che non voleva speculare sul bisogno altrui.

Però, approfittando di alcuni scandali, e nel silenzio generale con una direttiva della Banca d’Italia del 1998 le Casse Peote non vennero eliminate ma fu resa estremamente difficile la loro costituzione e sopravvivenza. Tanto che oggi è più facile costituire una nuova banca che una nuova Cassa Peota in regola.

Per la verità qualcuno cercò di proporre una regolamentazione che permettesse la sopravvivenza delle Casse Peote. Ricordo la proposta dell’allora senatore padovano Tino Bedin. Ma poi, siccome le Casse Peote sono solo venete, non se ne fece nulla.

Ebbene tutti sanno poi com’è andata. Ci sono stati anche molti scandali in ambito bancario e anche di dimensioni colossali ed anche il Veneto non scherza, ma nessuno ha mai pensato di eliminare le banche come è stato fatto con le Casse Peote.

Permettetemi quindi come Presidente della Pro Loco che ha il compito di tutelare e valorizzare il proprio paese che è costituito sì dagli edifici ma soprattutto da chi ci abita e dalla sua storia e dalla sua cultura di ricordare che un pezzo d’identità veneta è fatta anche di Casse Peote.

Molte Casse Peote sono state l’inizio delle casse rurali ed artigiane ed hanno contribuito a far decollare economicamente i nostri paesi. Quando si perde però la tradizione e la memoria, nascono i mostri.”

Un groviglio normativo

Dal sito della Banca d’Italia provo a ricostruire l’evoluzione normativa di questi organismi con il salto di qualche passaggio considerato il minuzioso dettaglio delle disposizioni di vigilanza e il groviglio del tempo e forse anche il disinteresse per queste minuscole entità territoriali.

‘Nel dicembre 1997  la Banca d’Italia ha fornito indicazioni operative in base alle quali le società cooperative finanziarie e altri soggetti non costituiti in forma societaria, tra cui le “casse peote”, possono – entro il 31 dicembre 1998 – adeguare la propria operatività alle vigenti disposizioni in materia di raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche.
In particolare, la Banca d’Italia precisava che i soggetti in questione che concretamente svolgono le attività di raccolta del risparmio e di erogazione del credito nei confronti degli asso- ciati in violazione delle riserve di attività, penalmente tutelate, di cui agli artt. 10 e 11 del d.lgs. 385/93 (Testo Unico bancario), potevano, entro il predetto termine, presentare la domanda di autorizzazione all’attività bancaria ovvero procedere alla dismissione dei rapporti di deposito, astenendosi, in ogni caso, dall’instaurare nuovi rapporti. Per gli organismi non costituiti in forma societaria, è stata altresì prospettata la possibilità di assumere iniziative volte a promuovere l’adesione dei propri associati alla compagine sociale di banche locali (ad es., banche di credito cooperativo) operanti nei rispettivi ambiti di insediamento.
Successivamente all’emanazione di tali disposizioni, alcuni organismi hanno presentato formalmente la domanda di autorizzazione all’attività bancaria; per tali istanze è in corso l’istruttoria della Banca d’Italia.
Ciò posto, al fine di portare a termine i procedimenti amministrativi in corso presso la Banca d’Italia e avute presenti le difficoltà di diversi operatori ad adeguarsi alla disciplina sopra richia- mata entro il 31.12.98, la Banca d’Italia ha fatto presente che le società cooperative finanziarie e altri soggetti non costituiti in forma societaria – denominati o meno “casse peote” – che abbiano presentato la domanda di autorizzazione all’attività bancaria possono proseguire la propria attività fino al 31 dicembre 1999. Entro il medesimo termine, i soggetti della specie che, viceversa, non abbiano presentato tale istanza, possono completare le operazioni di dismissione dei rapporti di deposito. In tali casi, resta, ovviamente, fermo che i soggetti in questione continuano ad aste- nersi dall’instaurare nuovi rapporti di deposito.

Nell’ambito della riforma dell’intermediazione finanziaria non bancaria introdotta dal D.Lgs.141/2010, l’articolo 112, comma 7, TUB, come modificato dal D.Lgs.169/2012, ha previsto che gli enti e le società cooperative costituiti tra i dipendenti di una medesima amministrazione pubblica entro il 1° gennaio 1993, già iscritti nell’elenco generale ex art. 106 TUB, e le c.d. casse peota, iscritte nella sezione del medesimo elenco ai sensi dell’art. 155, comma 6, TUB, possano continuare ad operare alle condizioni e nei limiti stabiliti dalle disposizioni di settore senza l’obbligo di iscrizione in albi ed elenchi tenuti dalla Banca d’Italia.

In attuazione di quanto sopra e in conformità a quanto disposto dall’articolo 10, comma 10-bis, del D.Lgs. 141/2010, si procede alla pubblicazione dei citati soggetti, sulla base delle informazioni allo stato disponibili.

Viene pertanto soppressa la sezione dell’elenco generale riservata alle casse peota e viene meno l’iscrizione nell’elenco generale ex art. 106 TUB degli Organismi costituiti tra i dipendenti di una stessa amministrazione pubblica individuati nel prospetto allegato.

Cessano di conseguenza tutti gli obblighi nei confronti della Banca d’Italia, ivi compresi quelli informativi e segnaletici, discendenti da tali iscrizioni.”

In conclusione, fatto sta che le secolari casse peote esistono ancora di molto cambiate e trasformate, inutile dirlo. L’elenco che ho riportato in copertina lo dimostra e fa il punto zero al 2019. Esse senza fine di lucro, raccolgono tradizionalmente in ambito locale somme di modesto ammontare ed erogano piccoli prestiti. La Regione Veneto, a differenza dell’Emilia Romagna, vuole anche le competenze regolamentari sul credito. Tra il serio e il faceto, potrei concludere questo articolo domandandomi se ci stiamo impegnando davvero per queste forme incongruenti di autonomia che creano baracconi istituzionali. O se forse non è meglio tornare a studiare. Chissà se Lagarde o Panetta ne sanno qualcosa.

 

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