Vittorio Sgarbi ha presentato al MART di Rovereto la mostra Fascismo è Arte, andando alla ricerca di un’originalità interpretativa sintetizzata nella frase “La mia conclusione è che nell’arte non c’è fascismo; e nel fascismo non c’è arte. La creatività è separata dal regime.”
La creatività è fuori della Storia? Dovrebbe spiegarcelo meglio e spiegarci meglio la questione dell’arte degenerata nazista e quella del greve realismo socialista. Non c’è neanche un’arte religiosa e borghese? Nemmeno la religione si dichiara fuori della Storia. Solo la creatività lo è, per Sgarbi? E la creatività non ha niente a che fare con il contesto che la circonda e ogni simbiosi è quasi una bestemmia? Boh?
Il fatto è che quello che è successo nel Ventennio siamo noi e fino a quando non lo riconosceremo la schizofrenia avrà il sopravvento.
Leggete questo breve pezzo di Luca Alinari che pubblicammo sei anni fa su Arturo Martini (1889-1947), un grandissimo scultore del periodo. Non ci spiega le cose meglio lui di quanto non provi a fare Sgarbi, dando l’impressione di arrampicarsi sugli specchi? O forse sono io proprio a non capire.
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Tanto pensare si può. Esprimersi si può. Chiedere perdono si può.
Certo nel conto bisogna mettercele tutte. E cioè: Quello che pensi può non essere pensiero (piuttosto, ricordo), la tua espressione può essere solo dolore rappreso. Inutile dolore appiccicato alla bocca. Il perdono che chiedi può essere solo vanità.
E purtuttavia, ecco, tutto ad un tratto, da quaggiù lontano da casa, mi viene la botta di Arturo Martini.
Voglio dire: il pensiero che Arturo Martini è il più grande di tutti. Di tutto il novecento. Di tutti, di tutti: pittori, scultori, rompiscatole.
Europeo e di più. Non c’è niente di simile ad Arturo Martini.
Per provare basta prendere una sua scultura e guardarla. Guardarla da due o tre parti diverse. Ecco, non è una scultura sola. Una scultura è molte, molte sculture.

Sì, anche gli altri. Ma in Arturo Martini tutte sono capolavori della pasta, del magma irridente dell’autore. Sono tutti capolavori diversi. In uno stesso capolavoro unitario. È per via che Arturo Martini ha capito veramente come si muovono gli uomini. E le donne anche. E perché fanno così. E tutto il reticolo delle cose in un pathos irridente e solo.

Arturo Martini ha una grandezza tale che gli altri non hanno. Neanche i maggiori. Neanche quelli che amiamo di più.




Condividendo in pieno l’indipendenza dell’arte rispetto all’appartenenza politica di ognuno, mi piace richiamare l’attenzione su quanto si sta purtroppo ripetendo nella mia città a seguito del cambio di colore dell’amministrazione comunale. Le considerazioni sono certamente associabili all’argomento lucidamente trattato dal compianto Luca Alinari.
“A prescindere da ogni schieramento o appartenenza, la stupidità locale si manifesta quasi sempre e soprattutto nel voler sopprimere le idee altrui piuttosto che svilupparne di nuove.” (stralcio da: https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2024/04/centro-internazionale-di-fotografia-un.html)