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Bankitalia, l’eclissi del Nord Est e di Benetton

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Un pò di anni fa andò in scena, auspice il mitico prof. Mario Draghi, una serie di convegni e scritti sulla economia del Nord Est, sulle magnifiche e progressive sorti della sua peculiare dinamica imprenditoriale, sui distretti industriali, sulla flessibilità del mercato del lavoro e sulle banche del territorio e locali. Si potrebbe dire tutti i luoghi comuni possibili sullo sviluppo della Terza Italia, che all’epoca, siamo nel 2011, era già in crisi. L’iniziativa raggruppava il fiore della intelligenza dell’epoca intorno alla Fondazione CUOA di Vittorio Mincato, alle strutture territoriali e centrali di Bankitalia e alle prestigiose Università venete.

Un progetto di ampio respiro e mai visto prima e mai più ripetuto. Tutto ficcato in un volume di ben 800 pagine edito da Bankitalia in cui tra concavità e convessità analitiche si elogiava il modello nuovo pur se con qualche inevitabile incrinatura da relegare a marginale dettaglio per i più pignoli. Oggi diremmo, ex post,  la descrizione di una realtà distopica.

Eppure, sotto traccia stava già avvenendo  un mezzo disastro che con forza sovvertiva, in breve, il mito del piccolo è bello. Da lì a pochi anni sarebbero miseramente fallite tutte le piccole (e non solo piccole) banche con danni incalcolabili e i capitani coraggiosi, come Benetton, trovavano ristoro nell’accaparramento di importanti infrastrutture del paese e delle banche medesime per porre rimedio alla crisi delle loro imprese con ricche prebende  pubbliche. La modalità che usarono fu davvero innovativa da poco introdotta nel nostro ordinamento, il leverage buy out, scodellata da insigni giuristi nel TUF, Testo Unico Finanza del 1998 e nella riforma del diritto societario del 2000. Chissà di chi fu l’idea, certo che fu una vera tombola per molti. Comprare a debito le principali imprese pubbliche senza rischiare una lira di allora e poi si vedrà.

Perchè è importante ricordare e ricordarci chi siamo ?

Non per mero spirito critico giacchè tutti possono sbagliare, ma non tenere conto di quel che è stato ci impedisce di fare i conti con la nostra storia e si ricomincia sempre da zero. In verità, le cose ci arrivano da lontano, da anni prima e non sempre affidarsi al comune sentire accademico e professionale ci dà garanzie di capirci qualcosa.Vale a dire che l’intervista-confessione di Luciano Benetton al Corriere della Sera sa tanto di lacrime da coccodrillo.

Alla luce dei fatti che abbiamo ricordato, vi è dunque molto da rivedere sul ruolo delle università e ci sia consentito sul ruolo delle strutture territoriali di Bankitalia. Men che dire di qualche quotidiano che ci imbonisce a giorni alterni, così all’improvviso e inavvertitamente, rivelando sconcertanti verità sulla governance di imprese che furono un tempo osannate come l’essenza stessa degli animal spirit all’italiana.

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1 COMMENT

  1. Ormai tutto è rivolto al presente, il futuro è lontano e toccherà ad altri.
    Il fenomeno riguarda principalmente quella classe dirigente idealista ex sessantottina tragicamente mutata, che rispecchia un fallimento etico generazionale.
    Quanto oggi sta accadendo potrebbe accostarsi a una pantomina tragicomica che ripropone la versione danteca del Conte Ugolino.
    Ovvero rappresentare un patricidio del XXI secolo, dove vecchi ingordi e insaziabili, divorano il futuro dei loro stessi discendenti.
    Sfruttando, come si usa dire nel gergo lussurioso, la considerazione edonistica e godereccia del ….. “purchè respiri”.

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