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lunedì, Ottobre 7, 2024
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E’ il tempo della guerra ibrida

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Sun Tzu Generale, filosofo cinese vissuto tra il IV e il V sec. A.C. / Pietrobon , analista geopolitico, consulente per gli affari esteri e Commissione Europea 2022


“L’eccellenza suprema consiste nel rompere la resistenza del nemico senza combattere”. Nonostante sia un concetto del generale Cinese Sun Tzu, scritto nel IV secolo A.C. ben si sposa con l’odierna definizione di guerra ibrida che si basa su ostilità economico-commerciali, operazioni cibernetiche, notizie rapide, operazioni militari, di intelligence sotto copertura e la lunga mano del terrorismo internazionale.
La guerra ibrida si può definire come l’insieme di quei metodi che hanno una forza distruttiva uguale o maggiore rispetto alle guerre convenzionali. In pratica lo scopo e’ quello di arrecare il maggior danno possibile allo Stato “nemico” senza dover entrare in conflitto, avere dissapori pubblici o dichiarare guerra: gli avversari diventano atipici, complessi e sopratutto fluidi. Si crea la manipolazione di una zona grigia, attraverso la propaganda.

Le forze messe in campo possono essere rappresentate da organizzazioni terroristiche, criminali, mercenarie, finanziarie, informatiche, energetiche, imprenditoriali. Si tratta di una molteplicità di minacce che non sono visibili e apparentemente prive di coordinamento statale, ma nel lungo periodo possono dare vita a situazioni devastanti, tanto da alimentare la disinformazione, e l’ambiguità per erodere il rapporto fiduciario tra popolazione e Istituzioni.

Abbiamo visto negli ultimi mesi

l’escalation della guerra Russo-Ucraina, ma anche la notizia che la NATO non schiererà forze militari a favore dell’Ucraina,

gli attacchi di Israele che rischiano di espandersi verso il Libano, in quel caso l’Iran minaccia di iniziare una “guerra di annientamento” verso Tel Aviv,

i problemi difensivi occidentali e di protezione economica nell’Indo-Pacifico, che hanno richiesto al Giappone di entrare nell’Aukus,

gli scontri in Nuova Caledonia, territorio francese nel sud Pacifico, che è stata oggetto di gravi scontri interni con le accuse pubbliche da parte dei francesi all’Arzebaijan di essere il fomentatore dei disordini. La caduta, con la conseguente morte dell’elicottero del Presidente Iraniano Raisi e del suo Ministro degli esteri cinque giorni dopo le accuse francesi, avvenuto sulle montagne a confine con l’Azerbaigian poteva inasprire i rapporti con l’Iran.

A fine aprile, al Forum World dell’Arabia Saudita i ministri degli esteri europei e arabi si sono incontrati a Riyad, per discutere su come unire le forze per fare avanzare la soluzione dei due Stati nel conflitto Israelo-Palestinese, e promuovere il grande progetto “Saudi Vision 2030”.  All’inizio di giugno sempre a Ryad, presso la King Abdulaziz City for Science and Technology, il Polo Governativo per la scienza e la tecnologia, si sono riuniti pionieri industriali, scienziati e produttori di alta tecnologia dei semiconduttori, per esplorare il percorso che parte dalle materie prime fino ai chip finiti.

Dopo lo scioglimento del Parlamento francese a causa della schiacciante vincita di Marine le Pen alle elezioni europee, il primo turno delle elezioni politiche francesi vede l’estrema destra crescere e il Presidente Macron perdere, con il futuro equilibrio del nuovo parlamento totalmente in bilico.

Il primo segnale del cambiamento è partito dalla Nuova Caledonia, territorio francese del Sud Pacifico, dove le urne si sono aperte prima che nella Francia continentale.

Il 7 luglio il secondo turno potrebbe creare tra i partiti di centro sinistra un patto di desistenza per fare argine alla destra, che forse non basterà, imponendo probabilmente la coabitazione tra il nuovo governo e il Presidente Macron.

Non possiamo nemmeno tralasciare la conflittualità a tutto campo tra Turchia e Francia per varie zone d’influenza: la capitale dell’Azerbaigian, Baku, è vista come una proiezione della Turchia, che è alleata della Francia nella Nato, ma al tempo stesso è anche una rivale, come si ricava dalle parole del Presidente Turco che punta ai “Brics”. Sarebbe il primo Paese della Nato ad entrarvi:“L’Ue non ci fa entrare, quindi ora guardiamo altrove”.

Macron fu eletto nel 2017 sul concetto che i nazionalismi andavano combattuti superando la dicotomia destra-sinistra. Ma gli ultimi sviluppi politici francesi, e lo sfondamento dell’estrema destra, dimostrano che questa ipotesi è definitivamente tramontata

In uno scenario competitivo in cui dal Caucaso si arriva al Niger, dove l’arrivo delle milizie turche al posto dei soldati francesi è dato per probabile, la Turchia coltiva crea la direttrice che passa per il Corno d’Africa, dove la proiezione di Ankara è sempre più visibile, come quella più storica verso i Balcani. Regione nella quale la penetrazione turca contrasta con quella europea a trazione franco-tedesca per attrarre verso Bruxelles gli Stati non ancora membri dell’Unione Europea, quali Albania, Bosnia-Erzegovina e Serbia.

Fonte Limes, il Corno d’Africa è teatro di tensioni internazionali, la Turchia progredisce nel territorio.

In questo stesso periodo ci sono anche le elezioni in Iran, nelle quali si assiste al ballottaggio tra un riformista ed un ultra conservatore, mentre nella regione dell’Indo-Pacifico si stanno muovendo in modo ibrido varie pedine.

Anche la liberazione di Julian Assange sembra rientrarvi, dopo un accordo per il quale si è presentato davanti ad un tribunale delle isole Marianne settentrionali, un Commonwealth in unione politica con gli Stati Uniti d’America, posto in posizione strategica nel sud Pacifico. Non è notizia di poco conto, sopratutto perché il 10 aprile 2024 il Presidente americano Joe Biden annuncio’ pubblicamente che gli Stati Uniti stavano prendendo in esame l’idea di abbandonare il processo contro il giornalista, anche grazie alla pressante richiesta dell’Australia attraverso il primo ministro Anthony Albanese: propaganda pre-elezioni per il Presidente Americano o altro segnale di interesse verso l’area?

Nel 2011 nacque Pivot to Asia, ad opera dell’ex segretario di stato Hillary Clinton, un protocollo con il quale gli Stati Uniti hanno ridato direzione al proprio ruolo, la prima grande svolta nell’alterazione della decennale politica di equilibrio delle forze militari tra i due Oceani: Pacifico e Atlantico, con uno squilibrio in favore della zona Pacifica. La realizzazione della Trans-Pacific Partnership, l’area di libero scambio che ha coinvolto tutti gli Stati che si trovano nella zona è il tentativo di una alternativa al gioco-forza di commerciare con la superpotenza cinese.
Anche il riallineamento con l’India ha il suo peso.
La scelta di dare priorità strategica al teatro Asia-Pacifico è stata la base per la trasformazione in senso multipolare del sistema internazionale, ma sopratutto ha evidenziato la costruzione di una barriera occidentale al ruolo della Cina, in quanto potenza emergente su scala non solo regionale.
Il 15 settembre del 2021 c’è stata la nascita dell’Aukus, acronimo composto dalle iniziali di Australia, Regno Unito, e Stati Uniti, il quale rappresenta un programma di approvvigionamento militare trilaterale atto a fornire al governo di Canberra sottomarini a propulsione nucleare, affinché l’Australia possa raggiungere una maggiore profondità strategica e contribuire alla sicurezza nell’Oceano Pacifico Occidentale.
L’asso nella manica e’ il Giappone, il quale tra aprile e maggio 2024 e’ entrato in Aukus, irritando la Cina che ha visto in questa mossa la nascita di una «Nato asiatica», sollevando lo spettro del militarismo giapponese e della potenziale destabilizzazione regionale. Il Giappone ha la capacità e la possibilità di costruire un intercettatore di missili ipersonici, i quali viaggiano ad una velocità superiore cinque volte a quella del suono, con una tecnologia molto avanzata. Lo scopo dell’intercettatore e’ quello di dissuadere ed eventualmente neutralizzare qualsiasi minaccia ipersonica proveniente dalla Corea del Nord, dalla Cina e dalla Russia.
missile in grado di intercettare missili ipersonici. Sarà disponibile nel 2030 ed impiegato su navi che hanno installato il sistema di sicurezza AEGIS ( scudo) fonte Ministero della difesa Giapponese

Nell’Indo-Pacifico vi sono isole strategiche per l’Occidente, ad esempio le isole Marianne settentrionali che si trovano tra le Hawaii e le Filippine, isole che furono scoperte da Magellano  sbarcando a Guam nel 1521. Successivamente vendute alla Germania nel 1899, e, nel 1914, passarono sotto il Giappone che le trasformò in una importante guarnigione militare, per essere conquistate, durante la seconda guerra mondiale, dai Marines statunitensi che riuscirono a vincere la resistenza giapponese dopo tre settimane di aspri combattimenti.

Dopo la sconfitta giapponese, le isole vennero amministrate dagli Stati Uniti come parte del territorio fiduciario delle isole del Pacifico delle Nazioni Unite. Il ministero della difesa e il ministero degli affari esteri sono responsabilità degli Stati Uniti. L’economia delle isole Marianne settentrionali dipende principalmente dal turismo, soprattutto dal turismo giapponese.

Posizione strategica delle Isole Marianne e isola di Guam

Esse beneficiano di sostanziosi sussidi e di assistenza allo sviluppo, da parte del governo federale degli Stati Uniti. Le Marianne Settentrionali hanno sfruttato con successo la loro posizione di area di libero scambio con gli Stati Uniti, restando allo stesso tempo non soggette alla stessa legislazione su molti fronti.

Mappa isola di Guam ( Fonte ISPI Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.)

L’isola più strategica è Guam, la quale costituisce un polo militare importantissimo per gli Stati Uniti. Grazie alla sua posizione geografica, permette al governo statunitense di esercitare la sua proiezione di potenza nella regione. Con la presenza della base aerea di Andersen e della Naval Base Guam, il ruolo della US Navy è di mantenere l’equilibrio di sicurezza lungo le rotte del commercio  marittimo. Ma l’isola è anche uno strumento geo strategico per contenere le due forze politiche che negli ultimi anni sono entrate maggiormente in contrasto con gli Stati Uniti: la Cina e la Corea del Nord. L’intuibile nuova e maggiormente assertiva politica cinese, che poi si traduce nell’inflessibilità sulle questioni di Taiwan e del Tibet, sono inevitabili rivendicazioni territoriali e dei confini marittimi. Ci sono le dispute sulle risorse sottomarine del Mar Cinese meridionale, che interessano ben otto Paesi, con rivendicazioni sulle disabitate Senkaku o Diaoyu, come le chiamano i cinesi, contese con il Giappone, sulle isole Paracelso, contese con il Vietnam, e sulle isole dell’arcipelago delle Spratly, contese con Vietnam, Filippine, Cina, Malaysia, Taiwan e Brunei, e trasformate dalla Cina in base militare con piste aeree e missili antinave. Sono le isole Spratly ad essere luogo infuocato, anche dopo lo scontro, avvenuto a metà giugno 2024, tra una nave cinese ed una filippina.

Foto dal satellite fonte agenzia Reuters: In sei mesi è’ avvenuta la costruzione di avamposti vietnamiti nelle isole Spratly . Sono state costruite piste di atterraggio e hangar militari in diverse isole con le ire di Pechino

Alcuni contenziosi possono quasi passare inosservati, ma sono almeno più di venti le potenziali cause di conflitto con la Cina. La Repubblica Popolare Cinese riafferma i suoi “diritti storici”, oltre che su Taiwan, su gran parte del Mar Cinese meridionale.

Le preoccupazioni della comunità internazionale riguardo la stabilità dell’area e’ che in Asia non esistono organizzazioni di sicurezza collettiva simili alla NATO, né trattati multilaterali per la riduzione delle tensioni e degli armamenti. Le associazioni e organizzazioni sub-regionali sono in prevalenza di natura economica, non hanno gli strumenti necessari per affrontare un’eventuale disputa militare, sia diretta che ibrida. Ed e’ in questa zona  che i cavi sottomarini oceanici assumono una grande importanza strategica, essendo il centro del “Nuovo Grande Gioco” tra le varie potenze, sia per prevenire eventuali minacce sia per espandere la rete d’influenza. Dai cavi sottomarini dipendono non solo le comunicazioni, ma anche i flussi finanziari e l’accesso ai dati globali e il loro controllo costituisce  uno strumento formidabile di influenza geoeconomica.

Mappa dei cavi sottomarini nell’Indo-Pacifico ( fonte TeleGeography Washington )

Il dominio sui cavi sottomarini, rivelatori di suoni, consente intercettazioni ambientali altamente avanzate e comunicazioni militari dei sottomarini cinesi e americani. La loro massiccia presenza è proprio nel Mar Cinese Meridionale, come di vede dalla cartina soprastante.

Geopolitica ed alta Tecnologia ( foto fonte RHC, Red Hot Cyber)

Potrebbe essere proprio il Mar Cinese Meridionale il luogo di una guerra ibrida, conflittuale combattuta per procura e conosciuta in gergo militare come Proxy war?

La complessità mondiale riflette bene la frase che: “ il minimo battito di ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”, stanti oramai la molteplicità dei collegamenti e delle interconnessioni, non sempre decifrabili, che si sono creati tra i paesi dominatori dei passaggi più cruciali delle merci, delle comunicazioni e delle tecnologie.

 

 

 

 

 

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