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DUE LIBRI SULLA PAURA: “FEAR” E “SICUREZZA E’ LIBERTÀ”

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Jackson Pollock - Murales (1943)

Sono libri geograficamente molto distanti tra di loro. SICUREZZA E’ LIBERTA’, edito da Rizzoli, è di Marco Minniti. Il secondo è FEAR edito da Simon & Schuster e scritto da Bob Woodward, il grande giornalista americano che rivelò lo scandalo Watergate.

Il tratto è comune: come si governa oggi quando si affermano i movimenti che segnano il declino dei partiti e dei tradizionali schieramenti destra-sinistra. Il tema dominante è la paura, FEAR appunto. Trump afferma che “Real power is – I don’t even want to use the word – fear.”

Le tante paure che si diffondono nelle società moderne catalizzano come mai in passato quantità enormi di consensi politici. Paura dei migranti, dell’insicurezza delle nostre città, dell’emarginazione sociale, dei rifiuti, della TAV, dei farmaci e delle cure tradizionali. E potremmo continuare.

Su questo sentimento estremo, si costruisce un’agenda politica semplicissima e diretta senza spazio per mediazioni di tipo istituzionale. I capi carismatici comunicano con i social in modo continuo e ricevono una legittimazione popolare priva di critiche. E’ un modo di governare quasi impulsivo, erratico, senza una linea precisa, di cui non si avverte minimamente il bisogno.

Il personaggio Trump è raccontato da Woodward quasi in tono macchiettistico per le sue sfuriate, le minacce continue ai più stretti collaboratori, gli scatti collerici in politica estera nei confronti di Putin, di Assad e anche di alleati fedelissimi come la Corea del Sud. Un vero manicomio è diventata la Casa Bianca, dicono in molti. E quindi chi realmente gestisce il potere è il suo entourage o finanche il lobbista di turno di passaggio nella stanza Ovale, la stanza del Presidente, che lo coglie in qualche propizio stato d’animo.

Woodward vuole distruggere l’icona Trump, ma non ci riesce a pieno. Per due motivi. Il primo è che il fenomeno Trump ha radici nelle politiche liberiste delle precedenti Amministrazioni che hanno ingenerato paure e frustrazioni nella classe media, senza portare soluzioni.

Il secondo è che la lettura dei bisogni di società complesse come quelle attuali è molto sintetica e diretta. Non c’è spazio per esposizioni articolate, confronti ponderati tra posizioni divergenti, mediazioni, viste come inutili perdite di tempo. Gli uomini del suo staff vanno e vengono. Conta solo la volontà del Capo. Rispetto al leader della Corea del Nord, Trump afferma in modo emblematico che quel che conta è il rapporto diretto tra lui e il giovane Capo coreano. “Man versus man. Me versus Kim”. Come a dire che vince chi fa più paura all’altro, anche come individuo.

La paura è dunque oggi la vera essenza del potere.

Minniti sembra tracciare la futura strategia della sinistra proprio sulla rabbia e la paura che hanno consentito alle forze della Lega e dei 5 Stelle di vincere alle elezioni del 4 marzo.

La rabbia delle peggiorate condizioni sociali, la paura di terrorismo e immigrazione.

I messaggi rassicuranti lanciati dal Governo Gentiloni e da lui stesso sul controllo dei fenomeni migratori con una politica accomodante alla fine sono stati un boomerang. Statistiche rassicuranti, riflessioni pacate, analisi oggettive dei risultati ottenuti lasciano il tempo che trovano, al tempo della paura.

L’opinione pubblica percepiva (e percepisce) ben altri fenomeni e se ne è ricordata al momento del voto. Quindi il libro da’ l’impressione di voler capovolgere il pacatismo tranquillante e inseguire il populismo nei loro stessi argomenti preferiti, battendoli con il richiamo a nuovi sentimenti, magari più miti.

Dove non ha potuto la razionalità dei fatti, dice Minniti, possono agire i sentimenti ovviamente quelli più empatici, rispetto alle pulsioni esacerbate e intolleranti, eccitate con maestria dagli avversari. Vanno costruiti nella opinione pubblica questi sentimenti con capacità e pazienza per sintonizzarsi con le persone.

Sul terreno delle emozioni, chi arriva secondo ha però ben poche possibilità di successo, perché vi trova chi ha già coltivato piante difficili da sradicare e quindi l’operazione rischia di risultare perdente, fin dal suo inizio.

In definitiva, l’interesse di questi due libri è la doppia linea strategica che lasciano emergere. Una critica serrata al populismo che si alimenta di rabbia e paura. Una alternativa che, malgrado i difetti di chi è oggi al potere, non si intravede ancora e non pare in grado di avere credibili chances elettorali. Tanto negli USA, quanto in Italia.

Un’ultima riflessione riguarda il nostro paese. Molti puristi della democrazia prendono con grande snobismo le distanze da chi governa con la paura e la rabbia. Tuttavia per anni questo paese ha vissuto in una logica politica molto simile. I sacrifici imposti con le varie manovre di bilancio sono state avviate per evitare il peggio, per paura anche qui di rappresaglie degli altri paesi europei. La politica dell’evitare il peggio e’ stata usata su tutto: le pensioni, le tante crisi bancarie, le tasse, la spending  rewiew e altro ancora. Una facile scorciatoia, purtroppo che a differenza degli USA non ha risolto granche’ in campo economico. E viene il facile sospetto che l’unico modo di far politica sia quello di urlare piu’ forte possibile da parte sia di chi e’ il governo e sia di chi fa opposizione. Il danno enorme per la democrazia e’ tutto qui perche’ alla paura e’ difficile opporsi ed essa contribuisce alla fine a bloccare la nostra societa’ civile.

 

 

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