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Il commissariamento di CARIGE

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Tempo di lettura: quattro minuti. Test di leggibilità ***.

Per una banca il tempo è una immagine immobile.

Mentre si celebrava il pranzo di Capodanno, l’anno nuovo è iniziato con il commissariamento temporaneo di Carige. E’ la decima banca italiana con oltre 500 sportelli e 4.300 dipendenti. Una quindicina di miliardi di raccolta. Altrettanti di impieghi a famiglie e imprese.

Non è un buon inizio per il nostro acciaccato sistema bancario. Ed è anche la prima volta che la BCE commissaria una banca italiana.

È una storia da raccontare brevemente, come una partita di andata e ritorno. Persa entrambe le volte. Nel senso che è una crisi che viene da lontano e che si è avvitata su se stessa assorbendo una montagna di risorse.

Una prima partita nella quale sotto la guida del Presidente Berneschi, rimasto ai vertici per decenni, la banca si era espansa a dismisura. Fino al crollo 10 anni fa per operazioni avventate. Il suo storico banchiere sarà poi cacciato, processato e condannato per truffa e riciclaggio.

L’esito della vicenda ebbe toni da commedia all’italiana come riportarono i giornali dell’epoca. Siamo nel maggio 2014 quando Berneschi fu arrestato. Egli non decadde dalla carica di Vice Presidente dell’ABI perché non c’era una sentenza.  Lo spiegò il Presidente Patuelli, a margine di un convegno. E sottolineò che «gli effetti dell’arresto hanno una ripercussione in automatico nell’Associazione», in quanto Berneschi «non parteciperà alle riunioni perché é arrestato». Patuelli aggiunse che nel giro di pochi mesi l’Abi «vedrà per intero rinnovati i propri vertici». Fine ingloriosa della prima partita. Qualcuno con una punta di malizia ricordò pure che Berneschi era stato nominato numero due dell’ABI dal Comitato esecutivo presieduto da Giuseppe Mussari. Il brillante ex presidente del MPS, travolto anche lui dalle inchieste giudiziarie dovute alla situazione di decozione della banca senese. Una mano lava l’altra si direbbe.

La seconda partita dura da allora fino ai giorni nostri, periodo nel quale la banca entra di nuovo in crisi, dopo un via vai di amministratori delegati, scorpori fantasiosi per rafforzare il patrimonio, aumenti di capitale falliti e aiuti in extremis del sistema bancario. Da ultimo con l’obiettivo di tenerla in vita, esausta, per un altro po’ di tempo, fino a trovare la soluzione definitiva. La situazione cancella il proverbio latino che recita Ne bis in idem. Mai due volte la stessa cosa.

Erano in molti a chiedersi da tempo quando e come sarebbe finita la via crucis dell’azienda genovese. Poi rapidamente l’epilogo con un ultimo disperato tentativo prima di Natale. Un aumento di capitale programmato e mancato, sorpresa scoperta in assemblea, seguito dalle dimissioni della maggioranza dei membri del Consiglio di amministrazione. Quello che è stato il 2 gennaio lo lasciamo raccontare alla BCE. E’indispensabile per capire ciò che accadrà prossimamente alla banca e soprattutto ai risparmiatori.

Quello che è accaduto.

La Banca centrale europea (BCE) ha nominato il 2 gennaio tre commissari straordinari e un comitato di sorveglianza formato da tre membri che subentreranno al Consiglio di amministrazione nella guida di Banca Carige…

Le dimissioni della maggioranza del Consiglio di amministrazione hanno reso necessario l’insediamento di un’amministrazione straordinaria che guidasse la banca al fine di stabilizzarne la governance e di perseguire soluzioni efficaci per assicurare in modo sostenibile la stabilità e la conformità alle norme…

La decisione di avviare la procedura di amministrazione straordinaria è una misura di intervento precoce finalizzata ad assicurare la continuità e a perseguire gli obiettivi di un piano strategico. Tale procedura comporta lo scioglimento degli organi di amministrazione e controllo della banca…

I commissari straordinari hanno il compito di salvaguardare la stabilità di una banca monitorandone attentamente la situazione, tenendo costantemente informata la BCE e, se necessario, adottando misure tese ad assicurare che la banca ripristini il rispetto dei requisiti patrimoniali in modo sostenibile.”

Poche e draconiane parole per fotografare la vicenda.Cerchiamo di capirne il senso profondo. Purtroppo la stampa ha raccontato queste vicende in modo un po’ frettoloso.  Come se fosse un gioco al massacro tra pochi azionisti di peso. Una Beautiful in salsa genovese. Invece non è così semplice.

La situazione dei crediti di Carige a settembre 2018

Nel comunicato ufficiale, si invocano misure patrimoniali di lungo periodo e l’adozione di un credibile piano strategico. Infine, si precisa che il commissariamento è una misura di intervento precoce. Adottato per evitare il peggio, cioè il fallimento dell’ente.

Quindi, siamo davanti a una situazione aziendale completamente deteriorata che si trascina da tempo e che si traduce in deficit patrimoniali e in anni di perdite di esercizio. Non è solo una schermaglia tra azionisti sul ring. Secondo gli ultimi dati a settembre 2018, il conto economico era ancora in perdita di quasi 200 milioni a causa di svalutazioni su crediti e di un rapporto cost/income oltre il 90%. I depositi della clientela si erano ridotti in nove mesi di un paio di miliardi. I crediti inesigibili erano ancora molto alti, come risulta dalla tabella pubblicata. C’è del miracoloso che una banca sia potuta sopravvivere in queste condizioni. Eppure è accaduto! Offrendosi al mercato come istituzione solida, in grado di affrontare in modo ordinario le sue criticità.

Quello che accadrà.

Il fatto è che la banca non è affare di qualche famiglia, ma di ben 55.000 soci oltre che dei depositanti e correntisti. Ad oggi le azioni della Carige valgono pressoché zero.Quindi gli azionisti hanno già perso centinaia e centinaia di milioni di euro. E i depositanti hanno già dato segni inequivocabili di allontanamento.

Il commissariamento può andare avanti per un anno e poi può essere prorogato per un altro. Ma i tempi per raggiungere una soluzione saranno più brevi, per fortuna. Non ci saranno molte partite da giocare vista la rapidità con cui si è mossa la BCE.

Tre sono le strade che si possono prefigurare, con relative probabilità.

1 – Vendita della banca a un’altra banca italiana o straniera: assai probabile, anche se i migliaia di azionisti della Carige non sono semplici da digerire all’interno di una nuova base sociale. Si è fatto il nome di MPS. In proposito, entro la metà di quest’anno il Governo dovrà presentare a Bruxelles il piano per uscire dal capitale della banca senese e venderla. Corrono in queste ore voci di un conglomerato MPS, Carige e BancoPosta. Più che un campione nazionale sembra somigliare a un ircocervo.

2 – La banca è risanata e restituita agli azionisti che nominano nuovi organi sociali: quasi impossibile.

3 – Risoluzione della Banca previo fallimento della medesima: probabile.

Speriamo che prevalga la prima soluzione rispetto alla terza. Una vendita con offerta della banca sul mercato, accantonando l’idea di creare un altro campione nazionale. Nel terzo caso oltre agli azionisti, grandi e piccoli, già colpiti, potrebbero rischiare di perdere i soldi gli obbligazionisti e i correntisti per le somme che superano i 100.000 euro.

E soprattutto auguriamoci che non si ripetano i meccanismi della liquidazione delle due banche popolari venete, in cui “il residuo” che mancava all’assorbimento fu accollato nel giro di poche ore allo Stato, con decreto legge dall’allora governo Gentiloni. Auguriamoci che non paghi in tutta fretta e ancora una volta Pantalone. Cioè noi tutti per le malefatte degli amministratori e per le distrazioni dei controllori.

(Articolo pubblicato anche sul quotidiano on line SalernoSera. I dati citati nell’articolo sono riferiti al conto consolidato di Gruppo dei primi nove mesi del 2018).

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