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Risparmio e investimenti nell’era del calo demografico

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Immagine originale: visualcapitalist.com

L’immagine qui sopra parla chiaro: secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, entro il 2100 l’Europa perderà oltre 152 milioni di abitanti.

L’Italia, in particolare, ne perderà più di 23 milioni. Un calo drammatico, simile in valore assoluto a quello previsto per l’Ucraina, ma senza una guerra in corso. Non a caso, qualcuno ha evocato per il Belpaese un’immagine altrettanto tragica e cruda: “suicidio demografico”.

Ma non serve aspettare il 2100 per preoccuparsi: il declino demografico è già in corso. In un contesto segnato da guerre reali, tensioni geopolitiche e incertezze economiche globali, l’Italia si trova a fronteggiare anche una crisi interna più silenziosa ma  profonda: quella demografica.

Nei prossimi anni la popolazione italiana continuerà a ridursi in modo sempre più evidente, diventando più anziana, meno dinamica e sempre più dipendente da una fascia attiva sempre più ristretta.

Le nuove generazioni saranno meno numerose, con un impatto diretto su scuola, lavoro, consumi e sostenibilità del sistema.

Ecco cosa ci aspetta se nulla cambia:

  • Sempre meno lavoratori attivi a sostenere il welfare
  • Più pressione su sanità e pensioni
  • Minor domanda per case, consumi, servizi
  • Crescita economica potenzialmente stagnante

I Paesi che stanno invecchiando rapidamente rischiano una stagnazione economica cronica, a meno che non riescano a invertire l’andamento demografico. Senza giovani che vivano, studino, consumino e utilizzino i servizi – dalle case agli ospedali, dai ristoranti ai musei – il rischio è una decrescita permanente. In uno scenario del genere, le prospettive sono tutt’altro che rosee: pochi giovani, scarsa competitività e fragilità economica.

Se a questo scenario aggiungiamo un debito pubblico elevatissimo, l’identikit dell’Italia è, purtroppo, fin troppo chiaro.

Un’emergenza silenziosa: il declino demografico fuori dal centro del dibattito

Il tema della denatalità, pur essendo evocato spesso in chiave allarmistica, non sembra essere realmente al centro dell’agenda politica.

L’impressione è che non c’è stata e manchi ancora una visione organica di lungo periodo per affrontare il problema in modo deciso.

Le iniziative assunte finora sono state frammentarie e poco incisive:

  • L’assegno unico universale non ha invertito il trend
  • Gli asili nido restano carenti, soprattutto al Sud. Il “Pnrr” ha stanziato circa 3 miliardi di euro per creare nuovi posti, ma l’attuazione procede a rilento.
  • Le politiche fiscali e di conciliazione lavoro-famiglia, pur migliorate, sono ancora poco efficaci.

La cartina europea suggerisce che vi sono alcuni Paesi (ad esempio, Francia, Svezia) in cui il trend pare essere invece positivo.

In Francia, i generosi congedi parentali e l’ampia rete di servizi per l’infanzia hanno aiutato a mantenere un tasso di natalità tra i più alti in Europa.

In Svezia, le politiche e il sostegno alle famiglie (come il congedo parentale condiviso) hanno avuto impatti positivi sulla natalità e sull’occupazione femminile.

Inoltre, il Regno Unito, pur con un basso tasso di natalità, prevede un aumento della popolazione nei prossimi anni, grazie a una migrazione netta positiva. Una dimostrazione che anche l’immigrazione, se gestita con visione, può essere una leva demografica.

E’ il caso di ispirarsi ad essi per individuare qualche ulteriore soluzione più concreta?

Intanto, i tassi di natalità continuano a scendere. E la popolazione invecchia, senza un vero piano organico per accompagnare  e gestire questo cambiamento epocale.

In questo contesto, cosa possono fare i singoli cittadini?

Investire in modo consapevole è più che mai una necessità.

In un sistema meno stabile e meno generoso, la sicurezza economica dovrà poggiare sempre più sulle scelte individuali.

Ecco perché investire non significa solo “far fruttare i soldi”, ma costruire una rete di protezione e maggiore autonomia.
Vuol dire garantirsi un tenore di vita dignitoso anche in età avanzata e la possibilità di aiutare i figli o reinventarsi a ogni età.

 Tre azioni concrete per iniziare:

  1. Valorizzare il concetto di risparmio: non è rinuncia, è progettazione del futuro.
  2. Pianificare in base alla propria età: avere obiettivi chiari (casa, studio dei figli, autonomia finanziaria) e strategie su misura per raggiungerli, passo dopo passo.
  3. Rafforzare le competenze finanziarie. E’ il miglior modo per ridurre l’ansia e aumentare il controllo, basta anche poco: leggere, confrontarsi, farsi consigliare.

Si spera che il tema del declino demografico venga finalmente affrontato con serietà e maggiore efficacia. Le condizioni per un cambio di rotta ci sono. Ma serve visione, coesione e volontà politica. L’Italia può ancora reagire con un po’ di coraggio.

Intanto, a proposito di pianificazione finanziaria, chi ha tempo non aspetti tempo perché il futuro è già arrivato!

1 COMMENT

  1. All’analisi prospettata nell’articolo si aggiunge il costante espatrio di giovani italiani in cerca occupazione, peraltro meglio remunerati all’estero e spesso avvantaggiati nel caso siano sposati e magari abbiano dei figli.
    Recenti dati evidenziano “In 13 anni 550mila giovani italiani si sono trasferiti all’estero. In 13 anni, dal 2011 al 2023, sono 550mila i giovani italiani tra i 18 ed i 34 anni che sono emigrati all’estero. Di questi, 100mila si sono trasferiti nel 2022 e nel 2023”.
    La classe politica, che sembra impegnata a conquistare e/o mantenere un sistema di potere divenuto oligarchico e quasi ereditario, del resto lascia poco spazio per chi non ha speciali protezioni.
    Mala tempora currunt.

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