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L’homo dialogicus è liberale e democratico?

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Nel libro “Epistemologia del dialogo” (Carocci editore, 2011), il Prof. Enzo Di Nuoscio compie un ampio excursus temporale che, nel sintetizzare complessi pensieri e teorie, incentra nel dialogo e nella democrazia l’essenza della missione umana volta a trovare soluzioni alle problematiche di ciascuna epoca.

Per la complessità e l’ampiezza delle sue osservazioni, la ricerca evidenzia le carenze e le particolarità che hanno condizionato la storia, ovvero come l’approccio negli incontri fra popoli distanti e civiltà diverse hanno influenzato, rallentandola o facilitandola nella varietà delle contingenze, l’evoluzione sociale e politica del nostro mondo.

Piuttosto che imbarcarmi in un sunto delle tante pagine dell’interessante volume, mi piace riportare alcune frasi, che non sono esaustive delle questioni vivisezionate, ma che, a mio parere, contribuiscono ad avere chiara l’essenza del progetto letterario.

Nelle sue conclusioni Di Nuoscio scrive: L’homo dialogicus è liberale e democratico. E’ consapevole che quella del dialogo è una delle più impegnative scelte etiche. Per essere autentica, per non rimanere una pura e semplice petizione di principi, essa implica che ci si impegni per creare e difendere le condizioni affinchè il dialogo possa svilupparsi. Per questa ragione l’homo dialogicus difende i diritti e le libertà individuali e, avendo scelto la discussione critica come mezzo per la soluzione dei problemi comuni, vede nella democrazia l’unico regime politico compatibile con quella scelta.

L’ordine democratico rappresenta infatti l’habitat nel quale si criticano le idee nel rispetto delle persone che le difendono. Coerentemente con la scelta di reciprocità, l’homo dialogicus non tenta soltanto di comprendere le ragioni degli altri, ma si preoccupa affinchè esse si possano liberamente esprimere, rimuovendo quei diaframmi politici, giuridici, ma anche economici e sociali, che sono di ostacolo a un dialogo vero. E’ sempre disposto ad ascoltare l’Altro, ma non necessariamente ad assecondarlo; è sempre pronto a combattere i fanatici, gli intolleranti e tutti coloro che, anteponendo la critica ad hominem a quella ad rem, sono nemici del dialogo.

Dopo tutto già Voltaire ci aveva provato. ‘Non condivido ciò che dici, ma sono pronto a morire, affinché tu possa dire ciò che pensi!” In verità non con grandi risultati, finora. Ma riproviamoci pure!

Inoltre, affermate la centralità dello “stato di diritto” e un approccio laico alle questioni, l’autore dice pure: “Essendo interessato più a risolvere i problemi che a dimostrare di avere ragione, l’homo dialogicus è sempre aperto alla critica e all’autocritica, pronto ad imparare dai propri e dagli altrui errori, disponibile ‘ad ammettere  che io possa avere torto e tu ragione, ma per mezzo di uno sforzo comune possiamo avvicinarci alla verità‘”.

Uno dei punti saldi del pensiero del Prof. Di Nuoscio è quello che per l’umanità è possibile venire a verità relative, giammai a certezze.

Dopo aver letto questo interessante lavoro, impregnato di tanta filosofia stratificata in millenni di storia e di pensiero, le considerazioni non possono non andare allo scenario contemporaneo. Alla reale inconsistenza delle “ideologie” – ormai residue e confuse – e alle improvvisazioni che incidono nella politica che governa il nostro tempo.

Per non parlare della qualità/formazione delle tante vacue figure che hanno preso facilmente il sopravvento, sfruttando opportunità di vuoti nelle classi dirigenti. In ultimo anche grazie alla trasformazione in “social” di quell’agorà politico classico che oggi ha solo audience falsamente dialogante, in quanto la parola è usata a senso unico. Cioè per parlare, senza ascoltare, anzi solo per ascoltarsi, in un corto circuito che non si sa se più ridicolo o patetico. O forse purtroppo drammatico.

E non occorre fare i nomi di partiti politici o di esponenti autoproclamatasi classe dirigente. Ogni valutazione prescinde dalla frangia di appartenenza o dall’eventuale fazione.

Caro professore, come la mettiamo, se il nostro dialogare diventa uno sproloquiare e se le opinioni senza fondamento assurgono a verità e l’homo dialogicus diventa fanfarone, ripetendo grazie ai tanti media comunicativi discorsetti mandati a memoria, pronunciando con sicumera affermazioni senza verifica, sparando giudizi a vanvera su ogni tema, attizzando polemiche verbali per attirare attenzione? Ne va della democrazia? O solo dell’arte dello spettacolo?

Buona Luce a tutti!

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