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Noi italiani, popolo di male educati

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C. G. Lemonnier La lettura collettiva de "L'orfano della Cina" di Voltaire (1755)
Tempo di lettura: 3’.

Tante singole male educazioni 

Dai ricorrenti episodi e dalle radicate consuetudini, il Paese può essere rappresentato, purtroppo, come il paese della mala educazione; solo a fare un elenco, più esemplificativo che esaustivo, dei deficit di civiltà, con relativi effetti, si resta impressionati. Il fabbisogno educativo dei cittadini riguarda:

Educazione civica (scarsa fiducia nelle istituzioni, alta evasione fiscale e contributiva)

Educazione ambientale (dissesto del territorio per incuria, speculazioni e ecomafie)

Educazione di genere e sessuale (impressionante numero di femminicidi)

Educazione alla sicurezza (impressionante numero di incidenti mortali sul lavoro)

Educazione stradale (stragi del sabato sera)

Educazione alla inclusione sociale e culturale (opposizione preconcetta alla immigrazione)

Educazione sanitaria (elevato numero di irresponsabili posizioni no vax)

Educazione scientifica (alta diffusione di astruse posizioni antiscientifiche)

Educazione finanziaria (scarsa consapevolezza dei rischi di distruzione del risparmio)

Educazione digitale (arretratezza nell’uso di strumenti, anche in termini di pagamenti evoluti)

Educazione scolastica (ridotto livello medio di istruzione e alto tasso di abbandono scolastico).

Ricercandone le cause, vengono in evidenza la scarsa volontà della classe politica di contrastare questi disvalori, per incapacità o, peggio, in funzione di acquisizione del consenso, un mercato del lavoro fatto di precariato e illegalità e il malfunzionamento delle istituzioni, comprese quelle di maggior prestigio, nell’esercizio dei controlli ad esse deputati.

La figura dell’Educatore

Colmare solo in parte questi gap richiede programmi organici (concreti, cospicui e pluriennali) di investimento, una politica improntata al valore educativo del merito e della inclusione, una comunicazione che rifiuta di costruire l’audience su sterili e spettacolari polemiche.

Condivisione di obiettivi in termini di valori moderni di civilizzazione non significa preferire uniformità e convenzionalità rispetto a diversità e originalità, né tantomeno negare libertà e diritti individuali. E neanche mettere da parte la questione delle responsabilità, dei controlli preventivi e della certezza delle regole.

Non vuol dire neanche andare alla ricerca di un Educatore, di una personalità talmente osannata e super partes, cui affidare una sorta di mission impossible, che finirebbe, la storia lo insegna, col trasformarlo o in un santo o in un conculcatore. O, al contrario, sfiorando addirittura il ridicolo, in una vittima predestinata di silenziose manovre di impallinamemto parlamentare, col paradosso di essere un attimo prima candidato contemporaneamente agli incarichi più prestigiosi del Paese e un attimo dopo di appartenere al dejà-vu.

Siccome a me hanno sempre insegnato che uno dei modi per tenere, per quanto possibile, sotto controllo la realtà è quella di evitare la concentrazione del rischio, mi sembra questo proprio uno dei casi da evitare per l’interessato e per il Paese.
L’educazione al culto della personalità ha già fatto troppi danni. E il ruolo educativo appartiene a tutti noi, a condizione di avere disponibilità all’autocorrezione.

Un indicatore sintetico di educazione

Le regole della democrazia chiedono assunzione di responsabilità e dispiegamento di azioni sistematiche di verifica dei risultati nell’interesse generale. Ora un paese che vive costantemente in emergenza e su provvedimenti tampone, aggiustati di continuo, spesso deficitari in chiarezza e applicabilità, spagnoleschi nelle contorsioni linguistiche, con scarsa propensione alla individuazione dei responsabili non si muove nel miglior contesto possibile per affrontare problemi educativi della portata di quelli avanti descritti. E ciò, nonostante il fiume di risorse che con il PNRR ci sta per invadere a condizione che ci autoriformiamo. Di tutto questo ci vuole consapevolezza.

Volendo essere propositivi, un indicatore sintetico di educazione del Paese riflettente le tante declinazioni con criteri di ponderazione di ciascuna, un po’ come avviene per l’economia, potrebbe aiutare a tenere sotto monitoraggio i fenomeni, per apprezzarne le dinamiche.

Il nome, come ogni indicatore che si rispetti, andrebbe opportunamente reso attraverso una sigla o un acronimo, e fatto accettare in contesti internazionali, per conoscere subito la nostra posizione complessiva rispetto agli altri. Le classifiche impietose relative a singole fattispecie (livello di istruzione, corruzione, competenza digitale, etc.) ci vedono in posizioni molto poco lusinghiere.

Il commento dei progressi generali avrebbe la legittimazione dei numeri, consentendo confronti e, auspicabilmente, autocelebrazioni, come quelle che ci piacciono tanto, ove migliorassimo certe attitudini.

Ora, per chiudere queste osservazioni un po’ estemporanee ci vorrebbe anche una citazione di Dante, il sommo poeta educatore, una citazione di quelle che nelle rievocazioni del settecentenario della morte fanno tanta scena anche sulla bocca di improvvisati cultori, magari parafrasando qualcuno dei versi più noti. Perché se lo dice anche il Poeta, la validità del ragionamento è assicurata. A me sul tema non viene però in mente nulla di sensato, preferendo evitare ingenue irriverenze. Sarà per caso un invito anche alla Educazione alla modestia autoreferenziale?

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1 COMMENT

  1. Riflessioni quasi impermeabili al tempo.
    Il sociale, per quanto noto, è il risultato di un modo complesso e mutevole in cui si riflettono individualità differenti. Appare quasi impossibile trovare pertanto soluzioni codificabili in univoche modalità empiriche idealizzate.
    Le tante culture esistenti proiettano le caratteristiche delle comunità che, pur cercando di contaminarsi, mantengono aspetti impermeabili che rispondono al recondito che caratterizza ogni etnia umana.
    In tutto questo, lo scenario che prefigura la coesistenza di democrazie secondo canoni universali si muovono quasi su un piano utopistico, riflettendosi, nel campo delle tante illusioni attuabili.
    L’educazione e i rapporti umani, che sono alla base di ogni formula aggregativa, accomuna quindi tanti individui che formano un sociale che, in modo figurato, costituiscono assemblaggio di quei tanti cani sempre destinati a mordersi la coda.

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