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Bugs, un docufilm che fa riflettere

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Lo chef Ben Read e il ricercatore Josh Evans esplorano per conto del Nordic Food Lab di Copenhagen le località in cui gli insetti sono già parte integrante della dieta degli abitanti. Il motivo della ricerca si basa su una previsione della FAO. Entro il 2050 la Terra conterà 9 miliardi di abitanti e la produzione di cibo dovrà aumentare del 70 per cento. Molti pensano che in questo nuovo equilibrio gli insetti (bugs) avranno la loro parte, e non marginale.

I due si spostano dall’Australia all’Africa, dal Messico fino ai Paesi Bassi, al Giappone e alla Sardegna per scoprire, cucinare e testare il gusto di cavallette, termiti, vermi, grilli, formiche, vespe e locuste.

Apparentemente è solo un tema gastronomico finalizzato a rendere plausibile sulla nostra tavola gli insetti, superando il disgusto che provoca una tale forma di cibo ad alto contenuto proteico, in sostituzione delle carni di origine animale.

Ma la competenza e l’arguzia degli autori scivolano su questioni di natura politica e sociale molto complesse: il tema della sostenibilità, inteso anche come possibile alibi di ulteriore arricchimento per le multinazionali dell’alimentazione, se decidono di investire nella produzione di insetti per uso alimentare umano e di animali domestici. E non come occasione di redistribuzione di risorse.

Sono messe in discussione le abitudini occidentali di alimentarci in modo non corretto, fonte di sprechi e di malattie. Ovviamente il documentario non ha delle conclusioni certe ed univoche ma allarga lo sguardo all’economia e alle leggi che regolano la distribuzione alimentare nel mondo. All’entusiasmo iniziale dei due esploratori si contrappongono le tante difficoltà, di varia natura, legate ad una alimentazione basata sugli insetti che possono essere anche nocivi alla nostra salute.

Ed allora molti problemi saranno risolti dalla edibilità degli insetti su vasta scala o viceversa già oggi saremmo in grado di produrre cibo tradizionale per miliardi e miliardi di persone solo che le convenienze economiche lo permettessero ?

Cosa realmente frena la ricerca di soluzioni per attenuare la fame nel mondo ?

Nei paesi occidentali non va neanche trascurata la rilevanza di questi temi considerato l’aumento dei prezzi del carrello della spesa, indotto dall’inflazione di questi mesi. Esso non solo tende a persistere nel tempo ma cambia i consumi alimentari della popolazione verso beni di minore qualità.

Il docufilm è del 2017 ed è un’ottima introduzione a queste problematiche in quanto è una ricerca sul campo lontana da dogmatismi o pregiudiziali ideologiche e politiche che affollano in genere i dibattiti sulla sostenibilità.

Ne consiglio la visione lontano dai pasti.

 

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1 COMMENT

  1. Interessantissimo!
    Non avevo mai riflettuto sulla questione sostenibilità in questo modo, è veramente interessante sia la riflessione sul fatto che convertirsi a un apparente “sostenibilità” virando sugli insetti ma rimanendo con l’establishment neoliberale non farebbe altro che “sugar coating” come dicono gli inglesi, un po’ come l’Eni che fa le pubblicità green, sia la riflessione sul fatto che sarebbe utile parlare di ridistribuzione di risorse in modo meno ideologico e più sistemico, facendo riferimento ad esempio al piccolo commercio o al settore della ristorazione, la cui componente fragile, la maggioranza, è stata ad esempio spazzata via dal covid, aumentando ancora il ricorso a materie prime di bassa qualità provenienti dalla grande distribuzione industriale eteroprodotta nei Paesi poveri.

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