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Fubini e l’eroe Introna, il dimenticato

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Mai commentare un libro senza averlo letto, più che deontologia si tratta di logica. Tuttavia, per comprare un libro di 200 pagine che costa 17 euro dedicato a un eroe dimenticato bisogna pure leggere qualcosa. La vita e le opere di Nicolò Introna, storia di un eroe dimenticato è l’ultimo libro di Federico Fubini pubblicato da Mondadori. Ci dice l’autore che ci ha lavorato 5 anni a spulciare in archivi che raccolgono un enorme materiale. Fubini rientra in questo singolare mainstream di celebrati giornalisti che si dedicano alla storia, forse la cosa più difficile che esiste. Iniziò, vado a memoria, Indro Montanelli e poi forte di quel grande successo editoriale, l’ondata ha proseguito fino ai nostri giorni. Le recensioni che ho letto, l’ultima sul Corriere di ieri, sono più che lusinghiere anche se non ho capito a fondo il valore di questo importante funzionario della Banca d’Italia che si trovò ad operare indubbiamente in un periodo difficilissimo per la storia del paese e soprattutto nel periodo di transizione tra lo Stato fascista e quello attuale, del dopoguerra. Ed allora ho cercato di documentarmi grazie alla monumentale opera di Gianni Toniolo – Storia della Banca d’Italia,uscita lo scorso anno, qualche giorno dopo la sua morte, per Il Mulino.

Riporto le due pagine centrali dell’opera di Toniolo su Introna, ove tratteggia la figura di un importante funzionario ma sicuramente non quella di un eroe dimenticato anche perchè vive ed opera accanto a figure preminenti del calibro di Beneduce, Stringher e Azzolini. Ai potenziali e futuri lettori del lavoro di Fubini queste pagine siano di viatico per capire se vale la pena addentrarsi nella storia della Banca d’Italia degli anni Trenta e Quaranta. Tempi oscuri e pieni di cortine fumogene che rendono difficile il necessario distacco per raccontare, giudicare e valutare soprattutto se prevalgono imprinting ideologici. Non dimentichiamo che la Banca d’Italia era una istituzione anche del tempo che fu e condivise a pieno l’assetto dell’ordinamento fascista. Il climax della vicenda capita nel periodo più tragico della storia italiana dopo l’8 settembre 1943 tra RSI, occupazione tedesca, arrivo degli alleati, fuga del re. In questa bolgia infernale all’interno della Banca d’Italia si innesca una guerra per bande contrapposte tra il governatore Azzolini e il suo Vice Introna e le riserve auree del paese custodite a via Nazionale nel centro del centro di Roma sono l’occasione per regolare conti vecchi e nuovi e per prepararsi al futuro assetto di governo. La regola del cane non mangia cane non è più un ancora e sarà quindi una guerra senza quartiere che durerà anni e anni.

Poi mi sono deciso a comprare il libro e insomma a parte la difficoltà a seguire il dipanarsi delle vicende per i troppi attori in scena mi rimane la domanda: cui prodest un libro del genere ? Sulla vicenda narrata dell’oro ai tedeschi vale la pena citare (nel libro) il pensiero di Einaudi neo governatore dell’istituto: semplicemente ridicolo pensare di opporsi ai nazisti e non consegnare l’oro a Kappler e sodali.
La dichiarazione di Roma, città aperta ad opera del Governo Badoglio fu una tragica farsa e durante i nove mesi prima della liberazione della città capito’ di tutto con i tedeschi che ebbero mano libera essendo svanito l’esercito italiano. Come pensare di difendersi e difendere l’oro della patria ? Con i funzionari di Bankitalia ?

A margine ho inviato questa mail ai vertici di Bankitalia.
”Ho letto il libro di Fubini e ho scritto qualche considerazione in proposito, da lettore ovviamente mentre in questo periodo ci si industria a fare gli storici, i critici d’arte ecc. Bisogna pure sbarcare il lunario !
Ho molte riserve sul libro ma mi ha colpito la dettagliata descrizione delle sacristie di Bankitalia in via Nazionale. Le ho visitate quando sono stato assunto ma tanti particolari non ci furono disvelati. Fubini aveva chiesto o ha avuto una mappa di questi ambienti e poi per fortuna gli e’ stato impedito di pubblicarla nel libro. Lo dice lui in alcune pagine del libro. A me, per la cultura del controllo e della sicurezza pure eccessiva a volte che ci è stata imposta, tutto questo pare inquietante.”

 

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