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Il Grande Gualino: industriale, banchiere, collezionista d’arte

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Riccardo Gualino di Felice Casorati, Archivio Centrale dello Stato
Dannunzianesimo imprenditoriale
Leggere non serve per contraddire o confutare, né per credere o prendere per oro colato ciò che si legge, ma per coniugare miriadi di storie che provenendo dal nostro passato ruotano e formano il nostro presente. In questo caso la storia di Riccardo Gualino è stata ed è, senza dubbio, una delle più importanti e emblematiche del primo Novecento.
Molte furono le imprese di Gualino, che la grande crisi del 1929 portò al fallimento dovendo cedere la pregiata collezione alla Banca d’Italia con cui aveva contratto un grosso debito. L’epopea ha inizio nella Torino di fine ottocento, la città che precedette Firenze quale capitale del Nuovo Regno d’Italia, la stessa che uno scrittore arguto come Giorgio Caponetti, sotto forma di romanzo intitola “Quando l’automobile uccise la Cavalleria”, contrassegnata anche di morti rimaste misteriose tra esponenti di spicco di quella società. E’ il periodo dell’ascesa di Giovanni Agnelli nonno del famoso Gianni Avvocato. La Torino del primo Novecento, e’ un’ epoca in fermento ricca di visionari, di persone abbienti che vogliono creare e costruire. Giorgio Caponetti nel suo libro “ Il Grande Gualino”
ripercorre la vita avventurosa di un uomo che riesce a creare importanti realtà, colui che sa “Osare”, citazione riportata dallo stesso Gualino in “Confessioni di un sognatore”, un’autobiografia pubblicata solo nel 2021, in quanto inedita per settant’anni per esplicita volontà dell’autore. Un dannunzianesimo imprenditoriale che ci ricorda quello poetico ed estetico dell’Immaginifico.
L’ Autobiografia di Riccardo Gualino per 70 anni rimasta inedita

Proviamo a conoscere meglio Riccardo Gualino e l’impronta che ha lasciato. Nasce a Biella nel 1879, in un’agiata famiglia di imprenditori orafi, le sue amicizie sono nella Torino che conta dove diviene amico di Giovanni Agnelli. Tra Gualino e Agnelli nasce una collaborazione, di interessi e favori reciproci, che si interrompe bruscamente nel 1927 per visioni divergenti negli affari, ma molto probabilmente anche rispetto alle diverse posizioni assunte verso il regime fascista. Riccardo Gualino ha fiuto per gli affari, si inserisce nel settore del cemento e del legname. Rileva tre aziende cementiere casalesi, tra cui la Unione Italiana Cementi. Nel 1906 incontra la futura moglie, nonché sua cugina e figlia di un ricco commerciante di cemento e buon azionista della Banca Agricola di Casale Monferrato. Si sposano l’8 settembre del 1907, dando vita fin da subito al restauro del castello di Cereseto trasformandolo in stile neogotico. La ristrutturazione del castello fu progettata dall’ingegner Vittorio Tornielli ispirandosi al Borgo medievale costruito dal visionario Architetto portoghese Alfredo D’Andrade a Torino, seguendo la moda architettonica del tempo. Il castello è il luogo in cui grazie all’acquisto di numerosi quadri, oggetti di oreficeria e marmi antichi inizia a nascere la collezione d’arte dei coniugi Gualino.

Nello stesso periodo l’imprenditore allarga i suoi orizzonti economici ed acquista alcune tenute forestali: a Conca in Corsica, a Listwin in Ucraina e nei Carpazi orientali, al confine fra la Transilvania austriaca e la Moldavia romena. Ancora non c’era l’alimentazione a carbon fossile e tutta l’industria poggiava sul carbone da legname, commercio che rendeva grandi fortune in tutto il mondo. Senza dubbio Gualino era un personaggio diverso, finanziere spregiudicato, tanto da applicare sistematicamente il suo motto “Osare”. Imprenditore, ma anche affarista, cinico ma visionario, spericolato, ma allo stesso tempo amante dell’Arte, un mecenate che promuove la musica, la danza e la pittura.

Una moglie adorata 

La moglie Cesarina, donna eclettica e di avanguardia era da lui sostenuta tanto da frequentare in Normandia e a Parigi i corsi di danza ispirati a Isadora Duncan, la grande ballerina e precorritrice della “danza moderna”.

I primi anni ebbero un ruolo decisivo per la futura collezione d’arte, grazie anche all’incontro con il giovane Lionello Venturi critico d’arte, storico dell’arte italiano e docente universitario. La collaborazione durò fino al momento in cui Venturi si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà al Fascismo. Tra Gualino e Venturi era nato un sodalizio basato sul rispetto e sull’affinamento del gusto, nonché una condivisa visione verso il moderno. Erano gli anni dell’ascesa dell’imprenditore, gli anni della costruzione della “Nuova Pietroburgo”, un ambizioso progetto di edificazione di un quartiere residenziale su un’isola del delta della Neva, costituendo la St.Petersburg Land and Mortgage Company, con soci inglesi e svedesi. Terminato il primo lotto di edifici, e scoppiata la Grande guerra, il cantiere dovette fermarsi. La proprietà fu poi espropriata senza indennizzo dalla Rivoluzione bolscevica. Riccardo Gualino riuscì a salvarsi dal fallimento grazie ad un intervento guidato dalla Banca d’Italia.

Maryla Lednicka Szcytt, L’Angelo nero, 1921 proveniente Collezione Gualino, proprietà Banca d’Italia

Nel 1917 fonda a Torino la SNIA, Società di Navigazione Italo Americana, poi divenuta la grande industria chimica italiana. La funzione iniziale era quella di controllare i trasporti marittimi tra Italia e Stati Uniti. Successivamente nel 1920 venne cambiato il nome in Società di Navigazione Industria e Commercio, in relazione al nuovo interesse per le fibre tessili artificiali e al crollo dei noleggi marittimi che si erano intensificati con la prima guerra mondiale. Per cercare di rifarsi delle ingenti perdite, Gualino punta tutto sulla Snia che è finanziata da quattro soci tra cui Giovanni Agnelli. Con gli elevati profitti, rileva un brevetto francese per la produzione della viscosa, la “seta artificiale”, rajon. La società ha successo e diviene SNIA Viscosa. Grazie al Presidente Franco Marinotti, che aveva alle spalle un’esperienza commerciale di rilievo con Russia e Medio Oriente per conto di imprese manifatturiere italiane, inizia a esportare in tutto il mondo. Si crea una delle più importanti realtà nazionali. All’inizio degli anni venti, i coniugi Gualino facevano dunque parte della vita economica del Paese Italia al massimo livello. Lui sosteneva la moglie nell’Arte e lei sosteneva il marito nell’industria. Le parole di Gualino per la moglie fanno comprendere il loro rapporto vincente. Dice Riccardo di Cesarina:

Cesarina Gualino, Museo Torino
“La sua individualità è difficilmente definibile. Contenta di un nulla, è indifferente a un tutto; di spirito vivace, pronta nel percepire e nel ribattere, temibile avversaria nelle discussioni, è compagna di viaggio deliziosa. Mai ammalata, d’umore quasi perennemente ottimo, sempre disposta a mutarsi dall’oscuro in sereno, afferra prontamente i lati comici della vita e ci fa su ogni volta una magnifica risata. Essa fu la compagna ideale della mia vita, e vivificò la mia giornata con la sua perenne freschezza. Danza e pittura sono i due cardini fondamentali sui quali poggia l’attività spirituale di mia moglie. Io vi partecipai con fervido entusiasmo, così com’essa prese parte ai progetti di costruzione edilizia e alla formazione della collezione d’Arte”.
Riccardo e Cesarina Gualino, foto d’archivio dello Stato
Ascesa e caduta in disgrazia

Le società di Gualino erano attive oltre che nelle fibre tessili, nella chimica specialistica, nei materiali compositi e nel biomedicale. Nel dicembre 1918 si trasferisce con la famiglia a Torino, nella palazzina di via Galliari 28. Il Castello di Cereseto resta riservato alle villeggiature. Nelle sue sale, di fronte a dipinti, sculture e raccolte di antiquariato, si consolida l’amicizia con lo storico dell’arte Lionello Venturi, il quale diviene consulente della collezione d’arte creata dai coniugi.

I primi anni Venti sono quelli del sodalizio Gualino-Agnelli, suggellato dalle cariche di vicepresidenza che i due industriali si scambiano nelle rispettive aziende. Il quinquennio 1922-26 corrisponde all’apice del successo di Riccardo Gualino, è il periodo d’oro delle scalate alle banche, di grandi operazioni finanziarie e di una continua creazione di industrie. Nel 1924 nasce “Unica”, Unione Nazionale Industrie Cioccolato e Affini; nel 1925 viene acquisita la FIP, Fabbrica Italiana Pianoforti. I coniugi Gualino investono i profitti nell’arte, diventano grandi mecenati, si fanno ritrarre da Felice Casorati, pittore, scenografo, designer, maestro ed insegnante di artisti che fondano il gruppo dei “Sei Pittori di Torino” che sostenevano il recupero dell’Impressionismo. I coniugi continuano a finanziare anche forme d’ arte come la danza e nel 1925 aprono un teatrino privato, il Teatro di Torino.

Nel 1926 la collezione Gualino viene pubblicata in un ricco volume curato da Lionello Venturi. A fine decennio inizia la costruzione del Palazzo degli uffici a Torino e di una villa sulla collina dei Castelli di Sestri Levante in Liguria.

Ma l’economia si deve sempre confrontare con la politica e il suo ingranaggio in questo caso si scontro’ con un personaggio ormai consolidatosi al potere: Benito Mussolini.

L’implosione finale

Le difficoltà iniziano nel 1927, quando le misure di rivalutazione della lira (la famosa Quota Novanta) varate dal regime colpiscono gli affari dell’imprenditore, il quale scrive a Mussolini criticandone la politica economica. Per esportare ha bisogno di una lira debole. Nel 1928 la Snia, la società che fa da traino, è minata da ingenti passività. Su consiglio della Banca d’Italia, Gualino chiede aiuto allo Stato. La richiesta è per un ingente prestito che viene ratificato da due convenzioni stipulate con il Ministero delle Finanze e con la Banca d’Italia. Con la seconda convenzione del settembre 1930, “cede gratuitamente in proprietà allo Stato” gli oggetti d’arte catalogati e pubblicati sul volume del 1926. Le opere vengono consegnate alla Galleria Sabauda di Torino. Alcune saranno in seguito inviate all’Ambasciata italiana a Londra e solo alla fine degli anni cinquanta saranno restituite.

Ardengo Soffici, L’acquaiola, 1925, Collezione Guatino, ora proprietà Banca d’Italia

Il crollo totale del “trust” dei Gualino avviene nel novembre del 1930, un domino che parte dal fallimento della Banque Oustric, appartenente a un suo socio francese, e sopratutto dalle conseguenze sulla Banca Agricola Italiana, cassaforte dell’imprenditore fin dai primi anni venti, delle difficoltà dell’intero gruppo industriale. La Bai, fin dal suo acquisto da parte di Gualino nel 1921, era stata sistematicamente utilizzata per il sostegno finanziario delle imprese industriali del gruppo, in quell’intreccio tra banca-industria, che porterà al completo ridisegno del sistema finanziario degli Anni Trenta.

Il giudizio economico del Duce

Il 1° ottobre del 1930 Mussolini, parlando al Consiglio Nazionale delle Corporazioni sulla situazione dell’economia italiana, affermò che: “non tutti possono essere salvati; taluni meritano anzi di colare a picco. La maggioranza di questi ultimi appartiene alla categoria degli abborracciatori di affari; uomini, più che intraprendenti, temerari; acrobati dell’industria e della finanza; supremamente e disinvoltamente enciclopedici nelle iniziative; la loro gamma va dal cemento alla cioccolata; dal più pesante come il piombo, al più leggero come la seta artificiale”.

Marisa Mori, Studio di nudo, 1928, Collezione Gualino ora proprietà Banca d’Italia

Era evidente il riferimento a Gualino, impegnato in tutti i settori industriali citati dal Duce. Nel gennaio 1931 Mussolini ordina l’arresto di Riccardo Gualino, il quale viene prima incarcerato e poi condannato al confino di polizia per aver recato “grave nocumento all’economia nazionale”. Prima è confinato a Lipari e poi a Cava dei Tirreni vicino a Vietri. Gualino durante i suoi anni di lontananza dalla vita economica attiva, scrive la sua autobiografia, che intitola “Frammenti di Vita e Solitudine” e il romanzo “Uragani”. Intanto, la liquidazione extragiudiziale delle sue proprietà mobiliari e immobiliari viene gestita dalla Banca d’Italia e dall’Istituto di liquidazioni, divenuto nel 1933 Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI).
Nel 1932 Gualino torna in libertà e si trasferisce a Parigi dove di lì a poco dà avvio a una nuova attività in campo cinematografico.

La seconda vita

Nasce la seconda vita di Riccardo Gualino e della moglie. Grazie ai fondi trasferiti all’estero tra Francia, Svizzera e Lussemburgo, riesce a dare nuova vita ad una delle sue precedenti aziende, la Rumianca, azienda chimica che si era salvata dal crollo del suo impero perché intestata al cognato Ermanno Gurgo Salice. L’azienda sarà una solida realtà in ascesa nel campo della produzione chimica moderna. Il grande “ritorno” è la fondazione della “Lux Film”, la casa di produzione cinematografica italiana che avrà grandi successi con film che diverranno storia del cinema italiano: Riso Amaro, Senso, I soliti ignoti, Divorzio all’italiana che seguirono a La Corona di Ferro, che trionfò a Venezia nel 1941, e della quale Goebbels disse: «Se un regista tedesco avesse fatto questo film, oggi in Germania verrebbe messo al muro».

Gino Cervi e Elisa Cegani nella Corona di Ferro, film vincitore a Venezia della Coppa Mussolini nel nono festival del Cinema, prodotto dalla Lux Film.

L’amore per l’arte è sempre rimasta la compagna fedele dei coniugi Gualino che, con la nuova ascesa, tornano ad essere mecenati e compongono la loro seconda collezione d’arte. All’interno opere di Degas e Picasso, sculture greche antiche e sculture orientali, esposte nella abitazione dei Parioli a Roma.

Firenze, ultima meta

Negli anni quaranta avevano acquistato Il Giullarino, una villa quattrocentesca che si trova in via Pian de’ Giullari, a Firenze, davanti a Villa Capponi e molto vicina all’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, appartenuta agli zii di Lord Acton ed oggi divisa in appartamenti. Firenze per Amore, per riposo, per scelta della bellezza. Il 7 giugno del 1964 Riccardo Gualino vi muore all’età di ottantacinque anni.

La figura di Riccardo Gualino e’ oggi completamente illuminata, tre libri raccontano la sua vita, tra ascese e cadute, tra successi e rocambolesche storie che forse hanno molto in comune con le diversità politiche nei confronti di un regime che dettava legge in tutti i campi, anche in quello dell’Arte. Cosa porta a pensare che la visione politica non allineata sia stato il punto focale del crack dell’impero dei Gualino? Per Mussolini Gualino era come un nuovo Cagliostro, un avventuriero che pronuncia la frase: “La verità su di me non sarà mai scritta, perché nessuno la conosce”. Per una parte di intellettuali e di artisti non solo italiani, fu un grande innovatore, un visionario rinascimentale. Come figura di imprenditore l’eclettismo lo connota e fa pensare alle configurazioni industriali del tipo giapponese e coreano dei grandi gruppi polifunzionali. La sua spregiudicatezza deve comunque far riflettere sul suo senso degli affari e dello Stato.

La collezione Gualino in Banca d’Italia

Le opere di Gualino hanno segnato di fatto la nascita della collezione d’arte della Banca d’Italia, acquistate negli anni trenta e oggi in parte esposte nella mostra, aperta fino al 10 marzo, dal titolo Verso la modernità Presenze femminili nella collezione d’arte della Banca d’Italiab, presso la Sede di Firenze.

Nella Marchesini, Donna che dorme e Studio di nudo, 1928, Collezione Gualino, ora proprietà Banca d’Italia

Ecco le foto di opere di provenienza dalla ex collezione Gualino esposte nella mostra, comprendente quarantuno opere, offerte al grande pubblico nei prestigiosi ambienti di rappresentanza. Le opere,sono state attentamente selezionate attraverso la documentazione dell’Archivio storico della Banca d’Italia, che è stato recentemente riordinato e digitalizzato. I documenti evidenziano l’attenzione dedicata costantemente dalla Banca alle opere provenienti dalla Collezione Gualino.

Il fiore all’occhiello resta il prezioso nucleo di opere d’arte orientale, in particolare, d’arte cinese, acquistate dall’imprenditore sul mercato antiquario di Parigi negli anni Venti e Trenta, in un momento unico e irripetibile visto che, a partire dagli anni Quaranta, nessuna opera è più uscita dalla Cina.

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6 COMMENTS

  1. L’interessamte articolo della Tempestini mette in luce il fatto che sono sempre in tanti a scrivere la storia, quella reale che condiziona e lascia tracce secondo livelli che sedimentano interventi.
    Se per un verso le istituzioni scolastiche tendono ad innalzare l’emancipazione culturale, dall’altro programmazioni standardizzate secondo protocolli ministeriali – sostanzialmente statici – lasciano poco spazio per valorizzare personaggi ed eventi che rimangono pressoché sconosciuti, almeno in ambito nazionale.
    Il mandato assegnato allo storico è quello di supplire a tali carenze, per recuperare e valorizzare memorie.
    Ad Elena Tempestini, quindi, va il giusto plauso di verire a mettere in luce tante pagine di storia spesso nascoste e di dare anche onore al merito a chi ha lasciato importanti tracce e che, per ragioni varie, come nel caso di Gualino, restano ancora mantenute nell’ombra.

  2. Grazie Elena per la puntuale e approfondita ricostruzione di una versatile figura imprenditoriale e delle connesse vicende economiche quasi sconosciute al grande pubblico.
    É stata una piacevole e interessante lettura!

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