Home Imprese&Lavoro Palazzina LAF

Palazzina LAF

346
0

E’ un titolo che fotografa il film che rimarrà impresso. Con grande stile racconta le vicende di una delle più grandi imprese italiane, l’ILVA di Taranto, da anni alle prese con problemi aziendali e di mercato, spesso insolubili.

Il resoconto di Mymovies, come al solito, è un invito ad andare a vederlo.

1997. All’ILVA di Taranto è appena avvenuta l’ennesima morte sul lavoro, ma Caterino Lamanna, operaio addetto ai lavori di fatica nell’industria siderurgia, è pronto a darne la colpa ai sindacati. Caterino è un cane sciolto che pensa al suo imminente matrimonio con la giovane albanese Anna e si fa i fatti suoi, finché Giancarlo Basile, dirigente dell’ILVA, non lo recluta per “farsi un giro e dirgli quello che succede” in fabbrica, e resoconti in particolare le attività del sindacalista Renato Morra, che infiamma gli animi degli operai e li spinge alla ribellione. Basile offre a Lamanna la promozione a caposquadra e l’auto aziendale, ma Caterino chiede di essere mandato alla Palazzina Laf pensando che sia un luogo di privilegio riservato a pochi eletti. In realtà è un edificio in disarmo, incrocio fra una riserva indiana, un manicomio e una prigione, dove sono rinchiusi in orario di lavoro i dipendenti qualificati che hanno fatto l’onda, e che quindi sono invitati a licenziarsi o ad accettare un incarico demansionato e incoerente con la loro preparazione.

Dentro la realtà dell’ILVA esiste questa zona franca (Palazzina LAF-Laminatoi A Freddo) ove sono assemblati uomini e donne che devono essere dimenticati, demansionati e senza nulla da fare. Devono aspettare il tempo che passa, lo scorrere lento di un orario di lavoro che non ha più senso. Il film è cronaca di questo andazzo senza indulgenze per nessuno, per l’operaio protagonista, i sindacati, la proprietà aziendale. E’ un microcosmo umano e sociale che spaventa perchè irrisolvibile e poco conosciuto. E’ una terra di mezzo che sta tra il lavoro e la cassa integrazione o il licenziamento densa, infestata di sentimenti proditori senza riscatto.

E’ un film che ci abbaglia anche grazie alla bravura dei due protagonisti, Michele Riondino che firma anche la regia e il suo antagonista Elio Germano. Vedendolo ti chiedi quante realtà ci sono così nel paese, probabilmente tante che varrebbe la pena raccontare.

In USA, the term “Rust Belt” refers to the impact of deindustrialization, economic decline, population loss, and urban decay on these regions attributable to the shrinking industrial sector especially including steelmaking, automobile manufacturing, and coal mining. Da WIKIPEDIA

Quante ne esistono nel nostro paese e quante intorno a noi ?

PS.: Mi accorgo con piacere che nella home page del nostro sito su 5 articoli in evidenza, tre raccontano storie vere di uomini del nostro paese, il geniale e disgraziato imprenditore Gualino, il banchiere Introna che si vorrebbe far assurgere a eroe della patria, e gli operai dell’ILVA con la loro vita senza più un lavoro. Storie minori che irrompono sulla scena e ci danno il sapore di una Italia vera, per nulla patinata e strombazzata.

Previous articleIl Grande Gualino: industriale, banchiere, collezionista d’arte
Next articleFortuna che i seguaci di Massimo Catalano ci aiutano con sagaci intuizioni

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here