Capita in questo periodo di Festival letterari di chiedersi se alcuni generi narrativi possano offrire prospettive di sviluppo ancora poco esplorate. Con grande piacere in questi giorni ho avuto l’occasione di parlarne alla Fiera del libro di Atrani, costiera Amalfitana, relativamente alla letteratura d’impresa, cioè a come raccontare letterariamente l’impresa dei nostri tempi. Pur rimanendo confinata in una nicchia di genere, la narrativa d’impresa sta segnando alcuni progressi anche per l’affiancarsi ad essa di una letteratura della working class.
E’ senza dubbio un campo difficile tanto per lo scrittore quanto per il lettore, ma sono convinto che valga la pena affrontare la questione. E’ soprattutto un campo di esercizio amplissimo, con caratteri e situazioni che possono con ragione fornire spunti per una narrativa utile per il rinnovamento della cultura delle organizzazioni e dell’individuo in esse coinvolto.
Il racconto letterario diviene strumento di introspezione e di evidenza di paradossi e contraddizioni, rispetto al più asettico saggio o ai testi di testimonianza o “promozionali”, come quelli che raccontano storie di eccellenze imprenditoriali.
Gli argomenti antropologici, cioè quelli che toccano la quotidiana umanità, non mancano. Dal fallimento, come spinta al superamento delle difficoltà, alle differenti sensibilità generazionali di fronte al lavoro e alle ricchezze materiali. Dalle illusioni, alle manipolazioni, dalle derive speculative all’esercizio del potere dentro le pareti aziendali. Dal rapporto con l’informazione economica, all’orgoglio professionale per il proprio lavoro. Alla innovazione ormai prossima del lavoro ibrido uomo-macchina e uomo-IA, che ci spalanca il futuro.
Si deve cominciare proprio con lo smentire alcune affermazioni letterarie.
L’economia è cosa troppo fredda per smuovere i sentimenti (E. Pound)
Psicologia ed economia hanno compiuto una significativa integrazione grazie al lavoro di alcuni più recenti premi Nobel fondatori dell’economia comportamentale. Obiettivo: arricchire e spiegare i moventi dell’azione economica, i modi di assunzione delle decisioni, la correzione degli errori di percezione, i pregiudizi cognitivi, l’avidità, l’incertezza, il rapporto con l’innovazione e quello tra Efficienza e Creatività.
Insomma emotività e sentimenti, da far emergere e da governare, rispetto alla ipotesi astratta della pura razionalità della massimizzazione del profitto. Convinti di non dover racchiudere nelle cifre della contabilità i cambiamenti nel modo di produrre e di scambiare beni e servizi, il cui valore è sempre più intangibile e sfuggente, occorre mettere in evidenza il rapporto dell’individuo con l’impresa economica, senza subire il condizionamento dall’inerzia del mondo materiale e delle visioni uniche, che aiutano spesso a persistere in certi errori o a rifugiarsi in tecnicismi sempre più escludenti.
La letteratura d’impresa, aiutando a colmare gap cognitivi ed euristici, può contribuire a contrastare la illiteracy (analfabetismo nella comprensione della comunicazione economica) e la innumeracy (analfabetismo nella comprensione dei numeri).
L’ambizione è anche la costruzione di una rinnovata cultura, che metabolizzi rapidamente gli obiettivi legati all’ambiente, alla economia sociale e alla governance (il paradigma ESG), senza farli naufragare in uno sterile burocratismo.
I fattori antropologici dell’Insuccesso, della Incertezza e della Innovazione possono rappresentare linee di orientamento nello scrutare più in profondità la mente dell’homo oeconomicus.
A) Insuccesso o dell’elogio dell’errore
Le storie di insuccesso non attirano la letteratura?
C’è molto da imparare dal fallimento, culturalmente lo rifiutiamo come se fosse da collegare al peccato. Il Protestantesimo fa del successo il segno della grazia divina e il Cattolicesimo tesse l’elogio del pauperismo (basta non arricchirsi per non cadere nel fallimento); pur da prospettive opposte, sono paradossalmente accomunati, nella riconduzione del tema a valori di etica religiosa.
Abbiamo invece sempre più bisogno di una crescita culturale proveniente dai fallimenti, dalla cultura della lezione appresa, come fatto ordinario, come dialettica essenziale dell’impresa.
I fallimenti non sono tutti uguali, anche se l’aforisma di Hemingway sembrerebbe negarlo
“How did you go bankrupt?” Bill asked. “Two ways,” Mike said. “Gradually and then suddenly”? (Fiesta, il sole sorgerà ancora).
Da ogni fallimento emerge un input diverso, un processo di cessazione dell’impresa diverso da indagare. Bisogna capire meglio il perché di certi accadimenti, cioè capire meglio la forza dell’errore. E la letteratura ci può aiutare, rispetto ai noiosi report tecnici degli esperti. Si impara di più, leggendo storie di casi. Non è vero che tutte le imprese infelici, cioè fallite, sono uguali. Cioè fallite allo stesso modo. Il fallimento si può ritardare o deviare e riassorbire, basta non trascurare le prime avvisaglie. Il gradually di Hemingway è la parte rilevante dell’aforisma! In altre parole, la prevenzione è il discrimine e la prevenzione ci porta alla qualità della Governance d’impresa.
B) Incertezza e caso
Il contesto esterno è sempre più dominato dalla incertezza, se non dal caos, che si fa caso. Dal determinismo (del rapporto causa-effetto), si è passati al probabilismo (del calcolo del rischio) e ora alla indeterminatezza del caso. All’alea.
Chi è l’imprenditore al tempo dell’incertezza, che si riflette sulla attendibilità degli scenari e dell’esito casuale delle scelte? L’incertezza è destinata a divenire la condizione esistenziale della impresa? Come motiva l’imprenditore la condizione di sentirsi costantemente inadeguato? Di essere un Achille sempre in corsa con la tartaruga?
Si avrà il trionfo del dubbio o delle certezze effimere? Tra chi si affida a temporanei successi o a chi vuole ‘aprire’ la mente, per capire meglio il business, per studiare la storia e dire “no” quando tutti dicono “sì”. L’illusione di un nuovo razionalismo generato dal governo della informazione, attraverso intelligenza artificiale, ne farà l’artefice o la vittima? I computer quantistici e l’apocalisse annunciata nel campo della protezione delle informazioni e della fragilità delle reti di comunicazione sono temi da letteratura fantascientifica o di pericolo reale per nuove apocalissi? L’imprenditore è alle prese con un continuo problem solving e con i suoi flussi di coscienza. E’ immaginabile una letteratura dei flussi di coscienza dell’imprenditore? Per chiarirne meglio il formarsi del pensiero e di come i suoi pensieri fluiscono attraverso la mente, per capire la direzione che prenderanno le decisioni?
C) Innovazione o innovazionismo?
L’innovazione è un nuovo mito o un nuovo Leviatano? Innovare o perire? Qual’è la vera innovazione: Disruption o Incrementalism. La innovazione dei dati servirà a predire il futuro, cioè alimenterà l’illusione di impadronirsi di qualcosa cui aneliamo da sempre?
La singolarità dell’imprenditore/innovatore di Peter Thiel si sintetizza nella espressione da zero a uno. Cioè l’innovazione vera è soltanto quella che porta all’esistenza qualcosa che prima non esisteva, che era fino ad allora sconosciuta, inconcepibile. Neanche immaginata.
E’ l’approccio concettuale che alimenta il mondo delle start up, delle scale up, degli unicorni e le figure dei founder, dei venture capitalist, dei business angel, degli equity fund e degli innovation villages, degli incubatori, degli acceleratori, delle sand box. Un mondo nuovo anche nella terminologia. Alla portata di tutti? Proprio no.La creatività non si compie semplicemente nella testa delle persone, ma nell’interazione tra i pensieri di un individuo e il contesto socioculturale. L’innovazione è un fenomeno sistemico, non individuale. La retorica del garage come luogo di innovazione è ingenua e fuorviante. Quella dell’Uno su mille (forse) ce la fa è più attinente.
Per la PMI, l’incrementalismo è la strada. Piccole e costanti modifiche di processo e di prodotto. L’incrementalismo è il campo dove si esercita l’orgoglio professionale del lavoro tecnico. Dove si applica la novità che aiuta ad eseguire meglio un’operazione, a controllare meglio un processo, a migliorare anche minimamente un prodotto. Nella soluzione ai singoli momenti di enpasse, nel superamento dell’imprevisto consiste gran parte della professionalità minuta. Il racconto può fluire in nome di questa tensione, della soddisfazione e della conquista di una creatività minore, ma sempre essenziale per le sorti dell’impresa, senza coltivare illusioni e altre trappole mentali. L’orgoglio del lavoro professionale è un tema affascinante da quando Primo Levi nella sua Chiave a stella tentò per la prima volta la sua trasposizione letteraria. Ora comanda il digitale questa è la storia delle nuove competenze.
Chi comanda l’impresa?
Ultimo, ma non ultimo tema è l’esercizio del potere in azienda. Ad esso sono legate molte contraddizioni, spesso negative per le sorti dell’impresa stessa. L’osservazione di certi comportamenti ci porta alla questione dei limiti che si incontrano nella valorizzazione dello spirito critico, alle conseguenze di un efficientismo, preso a risolvere i problemi immediati, di solito sotto la pressione dell’urgenza. L’adesione a modelli poco partecipativi delle decisioni d’impresa alimenta comportamenti acquiescenti, imitativi, opportunistici, burocratici. Essi si riflettono a lungo termine nel deprimere le potenzialità del capitale umano e anche le prospettive di crescita e di equilibrio della impresa. C’è chi ha definito questo spreco di ricchezza stupidità d’impresa.
E’ finito il tempo in cui Henry Ford si chiedeva: “Perché ogni volta che chiedo un paio di braccia, arrivano sempre con un cervello attaccato?” e Taylor, quello della catena di montaggio alienante, ancora più diretto aggiungeva: “[l’operaio] dovrebbe essere così stupido e flemmatico da somigliare a un bue”. Ma non è ancora arrivato quello dell’impresa che armoniosamente organizza le proprie risorse, come un ecosistema di culture e di sensibilità.
Concludendo, la letteratura ha spesso visto in anticipo evoluzioni o involuzioni della società, con racconti ora grotteschi, ora allucinati, ora tragici, ora emblematici. La materia può ben essere fornita dall’economia e dai suoi operatori, impegnati a simulare e dissimulare, in un continuo adattarsi. Cimentarsi su questi terreni dovrà anche far scoprire il linguaggio più adatto che non potrà non tener conto della lingua della Tecnologia.
Sarà un doppio sforzo: dello scrittore per avvicinare il lettore senza banalizzazioni e senza eccessi di erudizione tecnica a un mondo che appartiene a tutti, del lettore che, come dicevano illustri letterati, faccia del saper leggere il saper fare del conoscere. Soprattutto l’operazione non andrà appaltata alla Intelligenza Artificiale, e alla cosiddetta scrittura creativa, che saprà elaborare testi una volta definiti ambientazione, registri emotivi, struttura narrativa e stile, includendo estratti da opere o autori da emulare.
E’ questo che vogliamo come genere letterario dell’impresa, i cui i bisogni di rappresentazione cinematografica, televisiva, teatrale sembrano offrire prospettive innovative? Insomma vale o non vale la pena cimentarsi con la nostra umanità d’impresa?
Di seguito quattro esercizi di scrittura.
Il sogno di Antonio, manuale sentimentale di management di E. Corda’ (pseudonimo)
Tratta di un caso di fallimento d’impresa per opportunismi e bassi sentimenti di contrapposizione. L’autodistruzione per futili motivi contrasta con la visione razionale per eccellenza, quella della preservazione e dello sviluppo dell’impresa.
Sono tornata di G. Coppola
Racconto di crisi bancarie e di istituzioni fallaci, di risparmio tradito e di credito malato. Un approccio che postula che nessuno è al di sopra d’ogni critica, scrutando il sottile filo che lega le ambizioni di alti burocrati di trasferirsi nella politica. Un thriller “istituzionale”.
Maschere e volti di banca e d’impresa, racconti minimi dalla quotidianità del lavoro di D.Corsini e P. Tribuzio
Caratteri e casi di vita d’impresa con gli esiti del paradosso, per stimolare comparazioni e riflessioni su errori di percezione, pregiudizi cognitivi e squilibri nella distribuzione del potere in azienda, ma anche virtuosità, innovazione, partecipazione.
Investire senza paura, Carlo & la scoperta degli ETF di P. Tribuzio
Racconto di educazione finanziaria, in cui il protagonista costruisce proprie competenze, con spirito critico, interrogandosi sul mondo del risparmio. Una modalità innovativa per trasferire conoscenze in materia finanziaria. Literacy e numeracy sono due facce della stessa medaglia narrativa e educativa.