Con la rituale venuta a Roma nel mese delle Feste ho avuto modo di fare tanti incontri. Oltre a quelli con gli amici di sempre, ce ne è stato uno con una recente conoscenza social e altri occasionali, per molti aspetti imprevisti.
Quest’anno l’arrivo nella Città Eterna ha poi comportato sorprese per situazioni assolutamente non messe in conto.
Così ho avuto modo di fare conoscenza con Luca, fisico tarchiato, agile, sempre in movimento, attento e premuroso, addetto alle attività di pronto intervento che, con professionalità mi ha prestato soccorso (e supportato psicologicamente) nell’intervento, avvenuto via 118, per la successiva traduzione in codice rosso all’Ospedale San Giovanni.
L’esperienza per me inedita di un trasporto in ambulanza mi ha fatto conoscere atmosfere di drammaticità e di umanità che regnano in certi ambiti. Mi sono sentito assistito anche psicologicamente, in un’esperienza umana che arricchisce.
Oltre alla competenza, si ha modo di percepire la propensione all’empatia che accompagna certi addetti alle attività di assistenza. L’attivismo dinamico e flessibile che modella azioni e reazioni in corrispondenza di accadimenti drammatici, che si susseguono senza sosta e preavviso, è un valore che ho costatato di persona.
Nelle quasi cinque ore di degenza, sempre monitorato con i congegni necessari, due prelievi di sangue e ripetuti consulti di medici generici e cardiologi, costantemente presenti, si sono presi cura di me.
Superata la crisi, mi sono assunto il rischio di un’uscita anticipata, rinunciando a ulteriori controlli.
Quanto accaduto rimaneva un capitolo, anche se aveva comportato particolare apprensione nel mio primo soccorritore, che aveva chiamato il 118, rivivendo anche una propria analoga esperienza.
Archiviato il contatto con la sanità ospedaliera romana, ecco un percorso pedonale di circa venti km, con intermezzo per il pranzo alla trattoria di Giovanni di via della Lungara, testando definitivamente la favorevole diagnosi medica. Da via delle Conce, al Villaggio Globale, all’Ex Mattatoio, al Testaccio, a Trastevere, per poi andare al Vaticano, a Castel Sant’Angelo (con visita all’allestimento fieristico Atreiu), a via del Corso ed infine alla fermata Colosseo.
Tutto ok. Nessun problema, se non la stanchezza con l’età che inesorabilmente avanza, ma anche con il malcelato orgoglio di una passeggiatina non da poco, in luoghi da vedere con occhio nuovo.
Un’affollata osteria di via Taranto e un più tranquillo locale al Portico d’Ottavia, sono stati i luoghi conviviali di una rimpatriata tra vecchi amici (affettuosamente “noi dinosauri”), che sempre trovano modo di rinnovare, divertendosi, il loro cazzeggio e scambiarsi qualche idea su taluni progetti.
La mia permanenza a Roma determinava altri incontri con colui che era stato il mio salvatore, anche lui casualmente appassionato di fotografia.
Così un altro giorno con P. si conviene una escursione mirata per fotografare le nuove stazioni della Metro C di Porta Metronia e Colosseo,appena inaugurate. Scelta azzeccata che consente di scoprire soluzioni urbanistiche d’avanguardia, che mettono in risalto soluzioni architettoniche e museali originalissime. Niente a che vedere con le solite squallide e sporche stazioni romane della Metro.
Anche qui un accadimento inatteso. Lungo la discesa ai sotterranei di Porta Metronia, per raggiungere la nuova fermata della Linea C, fotografo una persona al centro della scala mobile.
Arrivati alla base, le chiedo una informazione sulla direzione da prendere per il Colosseo, venendo a sapere che anche per lei era la prima volta di un viaggio su una linea completamente automatizzata, cioè senza conducente.
Per farla breve, viene fuori da un piccolo dettaglio che siamo ex colleghi, ora in pensione, con frequentazioni comuni. In un attimo proviamo l’effetto della “carrambata”, che fa riaffiorare personaggi noti ad entrambi che in quell’attimo sospeso riprendono una loro vita.
Dopo esserci scambiati i recapiti, ci separiamo alla fermata Colosseo, attirati dall’avveniristica struttura urbanistica e dalla esposizione dei numerosi reperti riaffiorati dagli scavi per la Metro.
Ma le combinazioni non finiscono qui.
Il sabato successivo, programmo l’incontro con “BoyDog”, l’amico conosciuto tramite i social, con il quale si era fin da subito instaurato una spontanea empatia.
Appuntamento ancora nei sotterranei della Metro C al Colosseo che lui non conosceva ancora. Per farmi riconoscere avrei portato in bella vista una copia del mio libro “Laquartadimensionescritti”. In un luogo avveniristico, un sistema tradizionale di incontro!
Per circa mezz’ora abbiamo girato senza una meta precisa, nel nuovo e vecchio labirinto. Qui alcune foto di una Roma sotterranea tra antichità e modernità.
Nella domenica successiva faccio una visita guidata da V. ai murales del Trullo e una capatina per i graffiti storici che ancora resistono al Corviale. Egli conosce a menadito la zona del Mandrione, che ogni giorno racconta con immagini originali di una streetphotography di stampo neorealistico. Alla ricerca di dettagli sconosciuti ai più, prendiamo la linea che porta al Pigneto.
Con BoyDog rivisito luoghi conosciuti, ma anche deviazioni e angoli che possono essere noti solo a persone del luogo. Anche lui è un appassionato di streetart, ricca di messaggi sociali, non solamente estetici.
Si gira in un quello che per me sarebbe stato un labirinto, mi fa conoscere autori e dettagli che in precedenti passaggi non avevo mai notato.
Lui opera con una piccola Lumix che adopera con maestria, “quasi invisibile”, per cogliere l’attimo fuggente di HCT. Intesse dialoghi con la gente che incontra, socializza con cani e gatti che si affacciano alla vista.
Vicino alla zona pedonalizzata del Pigneto, dopo aver gustato un ottimo caffè, dietro una vetrina di una piccola sartoria artigianale, un gattino sembra divertirsi a mettersi in mostra. Ci mettiamo entrambi a fotografarlo, i riflessi sono tanti, chissà cosa verrà fuori, ma la scena merita lo scatto che serve a fermare un ricordo, il risultato fotografico che verrà poco importa.
Mentre stiamo organizzando un successivo appuntamento, avviene un fenomeno assurdo. Mentre sto per pronunciare il nome della persona dell’appuntamento, eccolo materializzarsi in carne ed ossa, come se lo avessi evocato per una qualche magia e proprio mentre mi accingo a fotografare un murales: una specie di dissolvenza incrociata.
In pratica una sovrapposizione reale della sagoma del passante con il disegno che stavo già inquadrando.
Resto quasi rapito da una specie di suggestione immobilizzante e anche il mio evocato rimane stordito, non riconoscendomi subito per l’improbabilità’ del luogo dell’incontro.
Luoghi non comuni per entrambi, una specie di “attimo fuggente” da registrare in una foto.
Riavutici entrambi dopo alcuni attimi di reciproca sorpresa, avevamo lasciato interdetto anche l’amico che mi accompagnava.
Abbiamo proseguito per il Mandrione, discutendo e raccontandoci aneddoti come vecchi amici. Il nostro primo effettivo incontro fra sconosciuti aveva eliminato qualsiasi traccia di riserve, essendosi creata da subito un’intesa, nell’interscambio dei reciproci vissuti. Del resto solo dieci anni era la differenza nei nostri tempi.
In tutto questo, sorvolo sulle strane presenze che in questo periodo di soggiorni romani hanno affollato i dormiveglia. Potrebbero essere oggetto di altri tipi di racconto.
E, dopo tutto, fotografia, non fa rima con fantasia, magia, poesia? E anche Amicizìa?
Buona luce a tutti!



