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Dai ricordi di un educatore finanziario

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Tempo d’estate e implacabili arrivano i risultati dei test INVALSI. Terribile il quadro che disegnano e soprattutto la stura che danno al bla bla di tanti esperti, politici, insegnanti e altri. Addirittura vi sono tanti ragazzi non in grado di comprendere un testo scritto. E ancora si ripropone il tradizionale dualismo tra scuola scientifica e umanistica. Poi tutti concludono che hanno ( ma chi ?) distrutto la scuola e non ci resta che emigrare, meglio se all’estero.

Spesso, per fortuna, sono parole in libertà che dopo qualche giorno finiscono. Quest’anno nel mondo della scuola del governo giallo verde si incrociano altre questioni quali l’autonomia regionale differenziata, il dualismo Nord Sud. La pentola è piena di ingredienti per cucinare un minestrone estivo da servire freddo. Nessuno si prende la briga di chiedere agli studenti che cosa realmente interessa, quali sono le loro motivazioni ed aspettative.

Ho frequentato gli istituti scolastici per un decennio  nell’ambito del programma di educazione finanziaria promossa dalla Banca d’Italia, il mio datore di lavoro. Fu voluta fortemente dall’allora Governatore Mario Draghi prima di lasciarci per Francoforte. Iniziativa meritevole e lodevole che arriva sui banchi di scuola insieme a una miriade di iniziative del genere. La fantasia va a briglia sciolta: legalità, salute, lotta alle mafie, ecc. E’ sufficiente consultare i siti regionali del MIUR per rendersi conto di quali e quanti programmi sono avviati ogni anno. L’idea alla base di questo approccio è che non conta il sapere ma il fare.

Ora i due principali inconvenienti che ho incontrato nella mia pluriennale esperienza sono i seguenti. I programmi sono standard, preformattati e di difficile gestione in aula. L’economia e la finanza ci parlano di problemi quotidiani, non di metafisica e di tuttologia.

Non sempre abbiamo tutte le risposte da offrire e soprattutto non tutte le risposte possono essere rispettose dello status quo a dimostrare che questo è il  migliore dei mondi possibile.

Il secondo aspetto è la scarsa partecipazione degli studenti al dibattito e alla discussione. In una parola, non si alimenta lo spirito critico dei discenti, ma alla fine i docenti sono soddisfatti per avere disseminato il sapere dell’Istituto di appartenenza. La riflessione critica fa parte del processo di formazione di qualsiasi curriculum scolastico e non è possibile eliminarla.

In questo modo, domanda ed offerta di educazione finanziaria non si incontreranno mai, come due rette parallele su un piano. Dal mio punto di vista, ho sempre ringraziato i ragazzi per la pazienza e l’educazione che mi hanno riservato.

Ma alla fine di molte lezioni mi sono ricordato di un commento di Pasolini ancora attuale per chi frequenta la scuola. Quando parlo di scuola con un ragazzo in genere egli rimane in silenzio ad ascoltarmi. E non so se non parla perchè non ha niente da dire o perchè sta pensando di farmi fuori!

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2 COMMENTS

  1. La considerazione legittima di Pasolini presuppone dei discenti in qualche modo formati, ovvero le possibili interlocuzioni con studenti dipendono anche dal loro stadio di apprendimento consolidato. Per la mia esperienza di allievo ricordo sempre la capacita’ didattica del mio professore di ragioneria che, per rendere efficace una lezione, sapeva associare visioni pratiche alle teorie che ogni volta andava ad esporre. Tipico al riguardo fu “il gran frocione” per far capire la natura del conto economico collettore “profitti e perdite” (https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2014/08/vi-presento-il-grande-frocione.html).

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