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Lettera ad un professore di diritto sui pagamenti digitali

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Tempo di lettura: 4’. Leggibilità **.

Caro Professore,

ho letto tutti i buoni propositi, salvo intese, contenute nel DDL sui pagamenti elettronici approvato dal Consiglio dei ministri da Lei presieduto il 14 scorso, dopo una notte di estenuanti mediazioni.

Ora non voglio passare per fastidioso supponente, ma mi sembra che l’entusiasmo per la scoperta del Pos e delle lotterie come armi letali di lotta all’evasione di massa abbia giocato brutti scherzi agli estensori del testo, inducendoli a clamorose dimenticanze. Mi sembra, professore (e Lei da raffinato cultore del diritto non ha senza dubbio responsabilità), mi sembra, dicevo, che ci si sia del tutto dimenticati delle norme europee, per quanto ampiamente recepite dal nostro ordinamento.

Le norme europee

Mi riferisco ad alcuni aspetti fondanti le Direttive Comunitarie sui servizi dei pagamenti, la più antica delle quali risale al 2007 (PSD1) e le altre, rispettivamente, al 2014 (PAD) e al 2015 (PSD2), assenti nel provvedimento. Mi spiego con qualche esempio, cominciando dai ripetuti riferimenti ai soli conti correnti bancari o postali del DDL. Ora, professore, Lei senza dubbio saprà che a partire dal 2010 sono stati costituiti in Italia Istituti di pagamento (IP) e Istituti di moneta elettronica (Imel), che possono offrire conti di pagamento.

Per gli estensori tecnici delle leggi, sembra che l’Italia sia invece sempre e soltanto quella delle Banche e delle Poste e relativi conti correnti.

Nell’asfittico panorama finanziario italiano, quegli intermediari costituiscono le uniche novità di rilievo degli ultimi anni, sebbene abbiano un peso ancora limitato. Le recenti iniziative di alcuni grandi operatori vanno nella direzione di creare nuovi Istituti di moneta elettronica, come strategia più adatta per aggredire il nostro refrattario mercato dei pagamenti digitali. I conti di pagamento saranno presumibilmente lo strumento principe. Come possono rimanere assenti dai provvedimenti di legge?

Il conto di pagamento e il conto di pagamento di base

La diffusione di questo strumento è mezzo idoneo per ampliare l’offerta di strumenti di pagamento a prezzi più contenuti rispetto ai conti correnti e ben si presta alla inclusione finanziaria della popolazione unbanked. Oggi, si stima, in assenza di statistiche per scarsa significatività del fenomeno, che i conti di pagamento assommino a poche decine di migliaia di unità.

Seconda dimenticanza: il mancato soddisfacimento da parte degli intermediari dell’obbligo di offrire conti di pagamento di base non attira nel legislatore alcuna attenzione. Nei fatti il conto di pagamento di base è un conto a condizioni di particolare favore (canone annuo omnicomprensivo, numero operazioni di pagamento senza spese, sufficiente a coprire l’uso personale da parte del consumatore, utilizzo senza maggiori costi di canali telematici etc.), che banche, Poste, IP e Imel debbono proporre alla propria clientela. Niente di niente, ancora.

Lei sa, senza dubbio, professore, che nel Testo Unico Bancario sono dedicati a IP, Imel, al conto di pagamento e ai conti di base ben cinquanta articoli, che ne regolano in dettaglio il funzionamento, in recepimento delle descritte direttive europee. Ad essi si aggiungono centinaia e centinaia di pagine di normativa amministrativa delle Autorità di settore.

Infrastrutture sottoutilizzate 

Il terzo punto riguarda proprio queste ultime. Al legislatore non viene in mente di rivolgere ad esse alcun richiamo, sebbene i miseri risultati dei pagamenti elettronici non possano non essere ricondotti anche alla scarsa efficacia della loro azione. A tale riguardo sarebbe, per esempio, necessario che le Autorità preposte intervenissero sulle banche per spingerle verso un più intenso uso delle infrastrutture informatiche dei pagamenti, costate, professore, decine e decine di milioni di denaro pubblico.

Due nomi per tutti, dei quali Lei avrà ben presente l’utilità: parlo di TIPS e di PagoPA.

La prima, piattaforma europea per i pagamenti istantanei, sicuri e a bassissimo costo per l’utenza, creata dalla BCE e dalle banche centrali di quattro paesi, tra cui il nostro, registra l’adesione di sole due banche italiane, contro 14 spagnole (praticamente l’intero sistema di quel paese).

La seconda piattaforma, introdotta per canalizzare tutti i pagamenti verso la Pubblica Amministrazione, vede ancora la mancata adesione di importanti banche e l’assenza dal circuito di numerosi enti pubblici centrali e periferici. Il numero di operazioni e i volumi transatti tramite PagoPA non arrivano all’1% del totale di quelli effettuati con strumenti diversi dal contante. Cosicché molti cittadini per pagare F24 e F23 si muniscono di contante, rivolgendosi agli sportelli delle Poste.

Necessità di strategie

Infine, andrebbe affrontata la questione delle lotterie escogitata per premiare comportamenti virtuosi. Non sarebbero migliori forme di incentivazione che aiutino lo sviluppo dei pagamenti elettronici, collegandoli a servizi di utilità generale per il cittadino? Chi paga digitalmente potrebbe essere ricompensato con tariffe agevolate per il pagamento di pedaggi autostradali e di consumi energetici. In tal modo si creerebbe una spirale espansiva di ordine virtuoso, senza ricorrere all’istinto ludico degli italiani.

La sintesi di questa mia lettera, se me lo permette, è che, senza una strategia complessiva per aumentare il benessere pubblico in termini di pagamenti digitali, non si va da nessuna parte. Provvedimenti ondivaghi (sette sono stati in venti anni i “su e giù” del limite al contante) e alla spicciolata danno l’impressione di contribuire alla nostra propensione alla “ammuina” o al detto del “tutto cambi, affinché nulla cambi”.

La clausola del “salvo intese” consente di intervenire in maniera incisiva su un articolato del DDL, che appare da migliorare fortemente dal punto di vista sia normativo che degli stimoli da offrire al mercato.

Questa sarà la sua vera responsabilità, professore, con il suggerimento di ascoltare di più chi nella industria dei pagamenti tenta di lavorare da anni secondo una visione di insieme. Ci sono teorie (come quelle dell’economista Premio Nobel Tirole) e pratiche di successo sperimentate in tanti paesi, tutte concordi a sconsigliare ogni raffazzonato intervento. E tanto più a evitare quelli di amaro sapore demagogico.

Con stima e cordialità.

Post Scriptum 
Leggo anche di interventi per la riduzione delle commissioni applicate ai commercianti dalle banche acquiring dei pagamenti via POS. È già stato dimostrato che una riduzione per legge delle MIF (commissioni interbancarie) produce l’aumento dei prezzi a carico di altre parti del processo di pagamento (consumatori e merchant), come il canone annuo delle carte e/o dei POS. Non sembrerebbe il caso di insistere su questa strada.

 

 

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2 COMMENTS

  1. Un vero e meritato de profundis che smaschera l’ennesima presa in giro sulla lotta al contante. A parte questioni collaterali che interessano le autorità che si occupano di antiriciclaggio e privacy, vi sono ben altre due autorità, AGCM e Bankitalia che controllano il settore. Che ne pensano ? E di cosa si occupano ? Forse un governo dei cittadini qualche domanda in giro nei palazzi dovrebbe pure farla.

  2. Al di là dell’entrare nel merito specifico di alcuni aspetti, mi viene subito da osservare che come la giri e la rigiri, in politica si è sempre molto bravi quando si sta all’opposizione.
    Le componenti del governo precedente erano etichettate per ignoranti e arruffone ma, se non sbaglio, alla luce della ricca e articolata disquisizione sulle tante pecche palesate nei recenti provvedimenti assunti per facilitare l’uso della moneta elettronica, efficacemente esposte nell’articolo, mi pare che il recente ricambio ministeriale non sembra non avere apportato quella sufficiente cultura invocata e reclamata dai nuovi.
    Siamo quindi alle solite, nel dire “io al loro posto avrei fatto di meglio” ma poi chiamati a operare nel merito, ignoranze patologiche, dimenticanze a approssimazione continuano quasi sempre a farla da padrone; ancor di più in questi tristi tempi dell’economia moderna.
    Un’altra cosa mi verrebbe da rilevare, è quella dell’incongruenza palese con lo slogan ripetuto “del tassare tutti per tassare meno”, riguardo alle strategie pensate per le questioni dei costi accessori applicati nell’uso dei sistemi di pagamento in argomento.
    Certo la lotteria risponde pienamente all’indole ludica che caratterizza ormai la nazione, ma di certo non corrisponde pienamente ai propositi volti a un serio calmieramento dei costi dei servizi che, se applicati con discernimento, agevolerebbero di certo il sistema dei pagamenti elettronici.
    Ci sarebbero ancora tante altre cose da evidenziare, ma l’articolo di Corsini è già più che sufficiente per chiarirsi le idee. Una curiosità però la devo palesare. Quella di poter leggere i pareri e i suggerimenti sviluppati dalle istituzioni tecniche che collaborano alla stesura dei testi normativi del Governo, come ad esempio Banca d’Italia, Consob e tanti altri ancora.
    Ma noi umani siamo e restiamo solo sudditi che sperano sempre che una luce illumini gli eletti.

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