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Previsioni per il dopo pandemia, attese e illusioni

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Pochi giorni fa, Banca d’Italia ha pubblicato il documento nel riquadro in alto che è passato quasi inosservato ed invece nella sua stringatezza, appena tre pagine, è molto importante.
Innanzitutto, come si avverte in premessa, la nota presenta le proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel quadriennio 2020-23 elaborate dagli esperti della Banca d’Italia nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema. Le proiezioni per l’area dell’euro sono state rese note il 10 dicembre dopo la riunione del Consiglio direttivo della BCE.

Inoltre, in esso troviamo la conferma di un andamento pesantemente negativo negli anni a venire e la indicazione di due importanti fattori che, se non sbaglio, per prima volta compaiono in questo esercizio previsivo  in modo così accurato.

Il primo è la quantificazione degli aiuti europei, non così significativi come da molti ritenuti.
Si dice che:In questo scenario un sostegno considerevole all’attività economica proviene dalla politica di bilancio e dall’utilizzo dei fondi europei disponibili nell’ambito del programma Next Generation EU. Sulla base di moltiplicatori fiscali tradizionali e di informazioni ancora parziali sugli interventi programmati, si valuta che le misure inserite nel disegno di legge di bilancio e i fondi europei possano innalzare il livello del PIL complessivamente di circa 2,5 punti percentuali nell’arco del triennio 2021-23. Il conseguimento di questi effetti dipende però dalla concreta specificazione degli ulteriori interventi, che si prevede vengano in larga parte definiti nei prossimi mesi e inclusi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, e da una loro tempestiva attuazione.

Il secondo punto riguarda i fattori che potrebbero agire da freno ulteriore alla ripresa. Ne indicano ben tre e di notevole ammontare.A titolo esemplificativo, si riportano gli effetti sulla crescita del PIL delle ipotesi che: (1) la domanda estera ristagni nel 2021; (2) gli effetti della pandemia sui comportamenti e le misure di distanziamento sociale si protraggano per un periodo più prolungato, raggiungendo a inizio 2021 un’intensità simile a quella dello scorso aprile e in seguito rientrando con gradualità; (3) si verifichi un irrigidimento dell’offerta di credito, su un livello prossimo a quanto stimato durante la crisi finanziaria globale. Queste ipotesi avrebbero effetti negativi sul PIL nel 2021 rispettivamente di -1,6, -0,9 e -0,9 punti percentuali (-1,0, -0,7 e -0,7 nel 2022); nel 2023 il miglioramento del quadro sanitario darebbe invece luogo a una crescita più elevata.

Osservandoli più da vicino desta preoccupazione il terzo punto che chiama in causa i comportamenti del nostro sistema bancario che, se eccessivamente riluttanti a fare credito, quasi vanificano, quanto ad effetto sul PIL, gli aiuti europei, prima specificati.

Al di là del cauto ottimismo delle fonti governative e della stampa il quadro congiunturale ora commentato resta problematico anche perchè già prima della pandemia lo era. Cercando di trarre una qualche conclusione univoca, diventa allora cruciale la messa in sicurezza della salute degli italiani. Essa diventa la priorità più importante per evitare di precipitare ulteriormente sul piano economico e sociale. Nel frattempo varrebbe davvero la pena impostare un programma di rilancio della nostra economia nel medio periodo. La mia opinione, tuttavia, è che se sui vaccini e sulle altre misure siamo inseriti in un contesto internazionale, moderatamente rassicurante, sul versante di capire come ripartire, ad iniziare dal nostro malandato sistema bancario, nutro diversi dubbi e poche speranze.

Un ultimo aspetto concerne il significato di questa nota che riflette il modo ellittico di comunicare della nostra banca centrale. Le ipotesi sottostanti le variabili considerate, per quel che si può capire, ad iniziare dai moltiplicatori fiscali tradizionali, riguardano una scarsa propensione al consumo, con limitati effetti su PIL e occupazione nel futuro. In luogo di effetti meramente redistribuivi, bisogna invece puntare sugli investimenti in infrastrutture, capaci di accrescere la produttività del sistema Italia. Se è così questi aspetti, di natura politica, vanno esplicitati. Il pubblico non capisce un linguaggio ermetico e criptico. Non esiste l’economia senza la politica e viceversa, e questo vale anche per la Banca d’Italia.

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