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L’Open Banking per una nuova relazione banca-impresa

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Tempo di lettura: 7’. Ho esposto alcune delle sottostanti riflessioni nel corso dell’evento formativo sull’Open Banking organizzato dalla Banca d’Italia il 12 aprile scorso, cui sono stato invitato come Presidente di FlowPay.

Banca-Impresa, una storia infinita.

Le relazioni controverse tra la banca e l’impresa hanno contrassegnato la nostra storia economica moderna. È stato spesso un rapporto che ha inciso negativamente sulla tutela del risparmio e sul suo funzionale trasferimento, tramite il credito, a vantaggio dell’economia reale, oltre che sulle risorse pubbliche impiegate nei forzati interventi di salvataggio delle banche più esposte.

Dopo lo scioglimento del deleterio legame partecipativo delle banche nell’industria, avvenuto negli anni Trenta, negli anni Novanta vi sono state le conseguenze della crisi della grande impresa irizzata con ingenti quantità di immobilizzi creditizi. in quegli anni i salvataggi pubblici erano stati estesi anche alle PMI in decozione (Efim).

La fine del sostegno finanziario alle imprese della Cassa del Mezzogiorno determinò la scomparsa del sistema bancario meridionale.

Con l’avvio dell’era della banca-impresa, il dibattito si focalizzò sulle inefficienze del multiaffidamento contrapposto ai benefici della haus-bank di matrice tedesca che avrebbe assicurato maggiore stabilità alle occorrenze delle imprese. Al modello all’italiana di ripartizione del rischio creditizio avremmo dovuto sostituire quello alla tedesca. A chi diceva che avevamo già istituti specializzati nel credito a medio e lungo termine, si rispondeva che erano ormai diventati ricettacolo di NPL e che, invece che rilanciarli, andavano lasciati al loro destino. E così fu.

A cavallo del millennio, in nome dell’epica del “piccolo è bello”, il focus del rapporto banca-impresa si spostò sulle virtù del localismo bancario, ritenuto in grado di sfruttare al meglio i vantaggi informativi della vicinanza al territorio.

La storia non ha avuto esito felice con la nascita di signori della banca locale, molti dei quali rivelatisi “a mal più ch’a bene usi”, per dirla con il poeta. Non ci sono ancora molte riflessioni sulle ripercussioni sull’economia delle tante crisi di banche locali del decennio appena trascorso. Gli NPL hanno marcato pesantemente la storia bancaria degli ultimi anni.

Oggi nella prospettiva della digitalizzazione e di nuovi modelli di business dell’Open banking e del Fintech dobbiamo capire se nelle innovazioni tecnologico-finanziarie si possono individuare fattori a valenza sistemica, in grado di incidere con efficacia sul rapporto banca-impresa.

D’altro canto la più lunga recessione e i più stringenti requisiti di capitale della regulation europea hanno condizionato la propensione al rischio delle banche. Negli ultimi dieci anni il credito bancario alle imprese sia a breve che a lungo termine è diminuito. La ripresa delle erogazioni intervenuta da ultimo è frutto delle garanzie pubbliche per contrastare gli effetti economici della pandemia.

È importante capire se l’afflusso di mezzi finanziari con origine diversa dal credito bancario possa essere sostitutivo o incrementativo delle esigenze di finanziamento per il rilancio della produzione.

Sarà anche utile domandarsi se i nuovi processi riconducibili all’Open banking e al Fintech possano aiutare a recuperare risorse finanziarie interne all’impresa, attraverso una più razionale mobilizzazione degli asset.

L’articolo è dedicato a questo secondo argomento, con spunti tratti da un caso pratico.

Da dove partire

È utile iniziare dalle Direttive sui servizi di pagamento. In Italia, la prima nel 2010, la seconda nel 2018. Hanno un comune denominatore: quello di aprire a una maggiore concorrenza tra banche e non banche su attività da sempre esclusive delle prime.  La prima direttiva ha introdotto nuovi intermediari quali Istituti di pagamento e di moneta elettronica e un nuovo strumento quale il conto di pagamento per la diffusione dei pagamenti digitali.

L’esito non è stato immediato: per anni, molti dei nuovi soggetti si sono dedicati a trattare parti di processi di pagamenti retail, effettuati con strumenti non omologati tra gli standard europei della SEPA (per tutti i bollettini postali).

Del conto di pagamento, sul mercato bancario italiano, si trovano tuttora deboli tracce, mentre solo negli ultimi tempi sono nati Istituti di moneta elettronica come espressione di grandi utilities e telcos, per competere con i servizi del banking tradizionale.

Un nuovo ménage a trois 

La seconda direttiva (detta PSD2) è intervenuta nella relazione banca-cliente, per dare al contraente debole la possibilità di farsi aiutare da operatori specializzati nelle scelte di prodotti e servizi e nell’avvio delle disposizioni di pagamento, da compiere in modo veloce, sicuro, con tutte le controparti possibili. Si chiamano questi intermediari Third Party Provider, fornitori di servizi di terza parte, specializzati nei servizi di informazione sui conti (AISP) e di iniziazione dei pagamenti (PISP).

Il rapporto a due banca-cliente diventa dunque un ménage a trois: banca-cliente-TPP, quest’ultimo nel ruolo, ancora da sviluppare, di utile pronubo per una maggiore concorrenza di mercato.

Tecnicamente questa innovazione si chiama Open Banking, è il futuro, è l’innovazione nel sistema delle relazioni di clientela, fondato su scelte più libere e consapevoli da parte dell’utente, individuo o impresa che sia.

Sottostante all’obiettivo principale vi è quello di evitare che le banche, preoccupate di mantenere salde le loro posizioni, tentino di occupare gli spazi assegnati dal nuovo quadro normativo alle terze parti e che queste, prese da smania di innovazione, si disperdano in miriadi di applicazioni di poca o punta utilità generale.

In altre parole l’Open banking ha senso se non rimane confinato ad attività di nicchia, ma si sviluppa attraverso forme ordinate, puntando alla soluzione di alcune disfunzioni sistemiche nel finanziamento del sistema produttivo. In questa fase, modalità di collaborazione tra attori tradizionali e nuovi operatori possono essere particolarmente utili, come lo potranno essere le azioni di indirizzo delle istituzioni.

Provo a dare un esempio concreto di questa opinione, parlando di possibili vantaggi per tutte le parti in gioco, in primis agli utenti finali dei servizi finanziari.

Un mercato enorme

Il cospicuo numero di imprese piccole e minime, fino alle partite IVA individuali, (quasi 6 milioni di soggetti) che caratterizza il tessuto economico del paese è alla base di un enorme mercato di fatturazioni commerciali, tramite le quali si regolano i rapporti debito-credito tra gli operatori.

Dal 2019, la fatturazione elettronica ne regola la registrazione a fini fiscali. Si tratta di 1,2 milioni di fatture giornaliere, il 37% delle quali con pagamento differito. Il 42% di queste va in Past-Due (cioè accumula più di sessanta gironi di ritardo da quanto pattuito), pari al 15% del totale.

Dai dati ante pandemia, il credito commerciale (500 mld) costituisce il sostegno maggiore di questi rapporti, mentre il credito bancario a breve, in diminuzione, (190 mld) fa da complemento. Di questo ammontare i crediti autoliquidanti (sconto di carta commerciale, anticipi salvo buon fine) sono attorno agli 80 miliardi, mentre il factoring, in crescita, è sui 240. È uno stock da 1000 miliardi.

Come anticipato, sui tempi di estinzione delle fatture incontriamo l’altra peculiarità del sistema Italia che ci disallinea fortemente dai paesi nostri concorrenti: 74 giorni contro 43, con ritardi rispetto ai tempi concordati per i pagamenti di quasi 15 giorni. Le cause risiedono, al di là delle difficoltà finanziarie, in inefficienze di varia natura delle imprese (errori, abitudini dilatorie, disfunzioni nei processi amministrativi e nelle catene decisionali, inefficacia delle procedure di controllo).

È facilmente immaginabile l’effetto positivo sui flussi finanziari di una riduzione anche di pochi giorni di questi tempi.

È pur vero che il differimento nell’estinzione delle fatture rappresenta per molte aziende una fonte strutturale di finanziamento, ma visto dal punto di vista dei ritardi negli incassi, esso diviene un fattore di costo, generando difficoltà anche nella pianificazione delle occorrenze finanziarie.

Aumentare la velocità di rotazione dei crediti commerciali, riducendo i tempi di incasso e pagamento delle fatture ha effetti positivi anche sulle relazioni bancarie.

Per le imprese, il miglioramento nelle condizioni di liquidità produce infatti una maggiore elasticità nell’utilizzo delle aperture di credito e l’ottenimento di un miglior rating creditizio.

Per le banche affidanti, una migliore attitudine a gestire la liquidità da parte delle imprese richiede minori rettifiche creditizie per perdite e determina un minore ammontare complessivo di attività a rischio. In definitiva, le banche possono avere risparmi in termini di requisiti patrimoniali.

Ridurre i tempi di estinzione delle fatture è dunque un gioco win-win.

La soluzione FlowPay come processo di ottimizzazione

La soluzione informatica messa a terra da FlowPay, start up innovativa che si è cimentata con la soluzione di questo problema, riguarda la possibilità di ottimizzare i flussi di pagamento, conferendo maggiore mobilità al capitale circolante.

La soluzione è del tutto integrata ed è del tipo end to end, cioè gestisce l’intero processo, attraverso le attività di AISP e PISP, per le quali FlowPay è stata autorizzata dalla Banca d’Italia.

Il processo parte dalla estrazione della informazione contenuta nelle fatture elettroniche presenti negli archivi della impresa emittente, per le quali FlowPay ottiene le autorizzazioni di accesso dall’emittente creditore per gestire l’incasso e dal destinatario debitore per il riconoscimento del dovuto al tempo stabilito.

Flowpay distribuisce poi l’informazione su una rete DLT per garantirne sicurezza e non modificabilità. Quindi elabora un calendario delle scadenze con criteri di ottimizzazione dei flussi e, in prossimità della data di  pagamento, verifica la sussistenza dei fondi sul conto del debitore (attività di Account Information).

Infine inizializza (attività di Payment Initiation) i pagamenti sulle piattaforme dei pagamenti istantanei. Le aziende creditici vedranno le proprie fatture saldate in pochi secondi e irrevocabilmente, secondo le priorità stabilite come utenti del servizio.

In altri termini, se un’azienda deve ricevere un pagamento relativo ad una fattura emessa e a sua volta deve dar luogo a un pagamento relativo ad una fattura ricevuta, la soluzione di FlowPay è in grado di determinare in anticipo se il primo pagamento permette il secondo e li istanzia simultaneamente eliminando ritardi, grazie anche al ricorso della messaggistica uniforme promossa in seno agli organismi europei di standardizzazione delle procedure.

Sul piano tecnologico, la soluzione è frutto di integrazione di infrastrutture diverse che dialogano tra loro in maniera integrata, con il risultato di attivare un forte effetto autoespansivo, con catene di pagamenti consecutive, all’ampliarsi del numero delle imprese aderenti al servizio.

Essa favorisce anche l’eliminazione di peculiarità nazionali di operazioni bancarie non presenti in altri paesi rispetto per sostituirle con standard più diffusi. Basti pensare al factoring in alternativa alle Ricevute Bancarie e alle aperture di credito per anticipi salvo buon fine, prassi invero farraginosa e costosa. Qui una presentazione dell’iniziativa predisposta per l’evento.

Per una nuova relazione Banca-Impresa

Quanto precede non ha scopo promozionale ma di descrivere un processo di ottimizzazione, grazie alla rimozione di inefficienze esistenti nella gestione delle risorse finanziarie delle imprese, recuperando liquidità dal circuito degli incassi e dei pagamenti.

Secondo questo approccio, l’innovazione proveniente dallo sviluppo dell’Open Banking e dal Fintech può riguardare la mobilizzazione anche di asset a lungo termine, coniugandosi con il processo di trasformazione in rapporti as-a-service.

Un’applicazione può riguardare gli investimenti in impianti e macchinari, introducendo modalità di noleggio associate all’uso dell’Internet of things e della blockchain, per ottimizzarne la gestione, con il trattamento analitico di dati sulla manutenzione, sugli aggiornamenti tecnici, sui tassi di utilizzo e di corretto funzionamento. La cartolarizzazione finanziaria dei canoni di noleggio potrebbe poi avvenire stabilendo rendimenti commisurati al processo di ottimizzazione degli impianti e macchinari, quali asset sottostanti ai menzionati strumenti finanziari.

Il Fintech può estendersi anche ad applicazioni riguardanti il capitale umano, con effetti sulle relazioni industriali, introducendo nuove tecniche di welfare aziendale o favorendo investimenti dei dipendenti nelle sorti della propria azienda, attraverso il direct lending.

In conclusione, attività come quelle descritte possono utilmente inserirsi nella estensione della gamma degli strumenti di finanziamento a disposizione dell’impresa, affiancandosi a quelli di mercato nel percorso di uscita dal bancocentrismo, che nel tempo ha segnato la storia del rapporto banca-impresa in Italia. Con l’Open Banking si è forse aperta la strada della sua modernità.

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