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Moneta digitale, croce e delizia dei governanti

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I dibattiti sulla moneta digitale tengono banco. Spesso sono difficili da seguire tra aspetti tecnici, economici, politici. Il cittadino comune, cui spesso ci si riferisce parlando di educazione finanziaria, deve potersi orientare consapevolmente in questa ridda di voci. Possono essere utili le riflessioni che seguono su due aspetti ricorrenti nelle discussioni.

Cashback: perchè tenerlo
Cashback si, cashback no. Questo è il dilemma che affligge la maggioranza guidata da Mario Draghi in questi tempi di decreti Sostegni.
Nelle ultime settimane, da più parti e in maniera sostanzialmente trasversale nell’arco politico, una delle misure simbolo del Governo Conte ha ricevuto critiche e richieste di cancellazione in maniera tranchant, magari destinando le residue risorse già stanziate alle imprese in difficoltà.
Certo, i problemi non sono mancati: dalle difficoltà di accesso all’app IO, alla registrazione dei metodi di pagamento sulla stessa app, fino ai “furbetti” che per ottenere il super cashback, ovvero il bonus che permette ai centomila italiani che hanno registrato il maggior numero di transazioni elettroniche di ottenere un ulteriore rimborso di 1.500 euro a semestre.
Tuttavia, cancellare sic et nunc tale iniziativa, a prescindere da ciò che se ne pensi e al netto dei problemi che andrebbero comunque risolti, potrebbe rivelarsi un autogol. Pur avendo a nostra disposizione delle evidenze statistiche riguardo l’adesione al cashback, non sappiamo ancora bene quali siano gli effetti che questo è in grado di sviluppare. Il discorso è semplice.
Se i miliardi stanziati dall’ex governo si dovessero rivelare utili a far emergere parte dell’economia sommersa, far crescere i consumi presso gli esercizi fisici, incentivare le transazioni elettroniche e, infine, conferire alle persone una maggiore dimestichezza con l’uso degli strumenti digitali in genere, stabilendo quindi anche un effetto moltiplicatore delle risorse stanziate, tali fondi non si rivelerebbero una semplice regalia, bensì un investimento in digitalizzazione, in trasparenza e in legalità.
Si parla spesso di dare alle iniziative economiche una prospettiva almeno di medio periodo, ma meno di cinque mesi, iniziati tra l’altro con una fase sperimentale forse anche un po’ affrettata, lo sono tutt’altro.
Una soluzione potrebbe essere trovata nel compromesso: la cancellazione del super cashback che a tutti gli effetti si è rivelato la vera pietra dello scandalo, salvando però il cashback ordinario la cui portata innovatrice è di gran lunga superiore all’investimento sostenuto.
Questa potrebbe essere una soluzione win win, o da bicchiere mezzo vuoto se si è fortemente pessimisti, che consentirebbe di destinare risorse ulteriori alle imprese in difficoltà senza smantellare un apparato tecnologico e culturale per il quale sono state già investite numerose risorse, soprattutto pubbliche.
Euro digitale 
I cittadini europei vogliono un euro digitale che ne tuteli la privacy, ma l’obiettivo è affermare la sovranità monetaria europea rispetto a big tech e paesi stranieri.
È terminata la consultazione pubblica sull’euro digitale avviata dalla Banca Centrale Europea lo scorso autunno e i risultati che emergono non sorprendono.
La principale caratteristica che i cittadini europei chiedono alla futura moneta unica digitale è, infatti, quella di garantire la privacy delle transazioni (43%), seguita al 18% dalla sicurezza e via via dalle altre.
La consultazione conferma quindi le prime indiscrezioni sul progetto comunicateci tempo fa dal membro del Board BCE Fabio Panetta, secondo il quale “l’euro digitale affiancherebbe il contante senza sostituirlo”.
A questo punto, è del tutto evidente che la sperimentazione sarà indirizzata fortemente su questo aspetto, anche perché, come dichiarato dallo stesso Panetta: “un euro digitale può avere successo soltanto se risponde alle esigenze dei cittadini europei”. “Faremo del nostro meglio per assicurare che un euro digitale sia in linea con le aspettative dei cittadini che sono emerse dalla consultazione pubblica.”
Per Panetta, l’euro digitale è, di fatto, un indispensabile strumento di affermazione e tutela della sovranità economica, monetaria e politica, da contrapporre in particolare alle imprese tecnologiche internazionali che potrebbero in futuro governare l’offerta di servizi di pagamento ma anche alla crescita delle criptovalute e ai giganti Cina e Stati Uniti che, nel frattempo ( in particolare la Cina), fanno passi da gigante nella sperimentazione delle rispettive valute digitali.
Convinta di questa necessità, ma non ad ogni costo, è Christine Lagarde che giorni fa ha confermato la determinazione nel portare avanti il progetto ribadendo però che i tempi di realizzazione non saranno brevi, come qualche volta era sembrato addirittura possibile.
Di recente, di opinione parzialmente critica sul progetto è stato anche l’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi il quale, interrogato in merito al ruolo geopolitico della moneta ha risposto “l’euro digitale e’ importantissimo ma dubito che aumenti significativamente l’importanza internazionale dell’euro”.
Nell’esporre i risultati della consultazione, Panetta ha poi fatto un richiamo all’unità delle istituzioni finanziarie europee attorno alla  moneta ribadendo che “La convergenza delle autorita’ e delle istituzioni europee, attente ai rispettivi mandati e alla propria indipendenza, sara’ fondamentale affinche’ un euro digitale sia accettato”.
Con questo passaggio, si ribadisce quindi che l’euro digitale è sicuramente uno “strumento dei popoli” europei ma anche, e per certi aspetti soprattutto, uno strumento a disposizione della sostenibilità di governi e banche centrali per cui sono chiamati in prima persona a contribuire.
Digitalizzare la moneta unica o meno, probabilmente, non è neanche più un’opzione, ma un passaggio da compiere “Whatever it takes”, prendendo in prestito proprio le famose parole di Mario Draghi.
Sta costituendosi, infatti, un nuova Bretton Woods e l’Europa deve necessariamente farne parte senza remore, considerato anche che in termini di presenza sul mercato digitale il nostro continente è quasi del tutto assente e che le recenti iniziative di sviluppo assunte dalla Commissione sono ben lungi dal produrre effetti.
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