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Papa Francesco: un messaggio rivoluzionario, anche per il mondo del lavoro

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Il messaggio di Papa Francesco sulla meritocrazia: un invito a ripensare giustizia, equità e valore umano nel mondo del lavoro e nella società, senza cedere a populismi

Papa Francesco è stato una guida spirituale, ma anche una coscienza critica del nostro tempo.

Nel 2017, durante un incontro con i lavoratori dello stabilimento Ilva di Genova, pronunciò parole che ancora oggi colpiscono per la lucidità e coraggio:

“Un valore che in realtà è un disvalore è la tanto osannata “meritocrazia”… affascina molto perché usa una parola bella: il ‘merito’; ma si strumentalizza e si usa in modo ideologico, si snatura e si perverte.
La meritocrazia, al di là della buona fede dei tanti che la invocano, sta diventando una legittimazione etica della diseguaglianza.”

Un messaggio che possiamo definire rivoluzionario, in un mondo – economico, aziendale, politico e sociale – dove l’ideologia della meritocrazia impera, spesso mal definita, ma profondamente radicata.

Una parola rassicurante, ma ambigua

Il termine “meritocrazia” è oggi ovunque: nei programmi politici, nei piani aziendali, nelle riforme scolastiche e nei modelli organizzativi. È diventata una parola d’ordine, rassicurante e quasi incontestabile.

Eppure, proprio per questo, rischia di essere usata senza una riflessione critica sul suo significato reale.

Papa Francesco ci ha invitato a porci domande scomode, ma necessarie:

  • Cosa vuol dire davvero premiare il merito?
  • Qual è il merito che deve essere valorizzato?
  • Chi decide cosa è merito?
  • È davvero il talento individuale o piuttosto l’accesso a opportunità che non tutti hanno?
  • Come può essere definito o misurato in modo giusto, condiviso, non discriminatorio?

Quando la meritocrazia diventa ideologia

Nei diversi ambiti – aziendali, scolastici, politici – la parola “merito” è spesso usata per legittimare decisioni discrezionali, premi, incentivi, promozioni. Ma quante volte è davvero applicata in modo trasparente e inclusivo?

Il termine si ritrova spesso come parola-manifesto per la distribuzione di incentivi, premi e promozioni in organizzazioni, pubbliche o private, anche molto strutturate, dove le scelte “meritocratiche” si rivelano non di rado discrezionali, opache o persino discriminatorie.

Un esempio emblematico, in ambito scolastico e politico, è quello della denominazione “Ministero dell’Istruzione e del Merito”. Cosa implica questa scelta linguistica e simbolica? Quali meriti vengono riconosciuti? E, soprattutto, quale prezzo paga chi resta indietro?

Un altro modo di intendere il valore

Papa Francesco  ha ricordato, con forza, che il valore delle persone non può essere misurato solo in base a performance o risultati.

Una società giusta è quella che riconosce le disuguaglianze di partenza, le fragilità, le opportunità negate  e cerca di colmarle, non di escludere chi ne è vittima.

Il suo messaggio non è contro il merito, ma contro la sua strumentalizzazione ideologica. Invita a un cambio di paradigma: non premiare solo chi ce la fa, ma creare le condizioni perché tutti possano provarci, davvero.

Un messaggio che è un’eredità scomoda, sì. Ma anche profondamente necessaria. Una provocazione profonda per chi fa impresa, guida organizzazioni o governa.

Il pensiero sociale di Papa Francesco  invita a fronteggiare la narrativa dominante e costruire una cultura del lavoro, dell’educazione e della cittadinanza politica più giusta e più umana.

Perché una società più equa non è solo un ideale evangelico, ma una responsabilità collettiva. Nel mondo e nelle organizzazioni aziendali.

1 COMMENT

  1. Taluni eventi creano coincidenze che portano a pensare.
    La morte di Francesco nel lunedi’ di Pasqua potrebbe quasi costituire un messaggio simbolo, rivolto oggi a un’umanita’ confusa.
    E’ stato di certo un Papa che ha praticato un cristianesimo per alcuni aspetti “laico”, perche’ lontano e molto diverso da una certa pratica di cattolicesimo tornacontista assai diffuso.
    Ha esercitato il suo ruolo con tratti a volte leggeri e dall’apparenza semplici.
    Umile ma al contempo severo e autorevole; sempre pienamente coerente coi valori francescani del santo di cui ha voluto prendere il nome.

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