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Benessere dagli ortaggi freschi

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Tempo di lettura: 9’. Leggibilità ***.

Dalla fame alla sazietà. 

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la popolazione del nostro paese spendeva il 60/70% del proprio reddito per alimentarsi, o meglio, per nutrirsi, (i morsi della fame erano ancora vicini ricordi e le poche risorse della famiglia erano destinate all’appagamento del bisogno primario).

Nei primi anni novanta del secolo scorso le statistiche ufficiali ripotavano una percentuale media di reddito, spesa per alimenti, attorno al 20/25%. La maggior parte degli economisti sostengono che quando una comunità spende meno del 30% del proprio reddito in alimentazione, è da considerarsi “mediamente” ricca.

Fino agli anni ottanta del secolo scorso, abbiamo assistito ad una corsa alimentare rivolta ai consumi di tipo “proteico”, mentre nell’ultimo ventennio si è notata la riscoperta dei consumi vegetali e pertanto un’esaltazione (in alcuni casi eccessiva) del ruolo delle vitamine, dei sali minerali e degli acidi organici.

Passando da un fase di fame ad una di sazietà, da un momento di bisogno ad un momento di appagamento, il consumatore italiano, ma anche quello europeo e comunque del mondo occidentale, è passato inevitabilmente dalla fase della ricerca della quantità alla scoperta ed alla pretesa della qualità e pertanto si sono venuti a modificare anche alcuni parametri che distinguono il settore delle produzioni ortofrutticole: freschezza, bellezza, bontà, sanità, continuità dell’offerta, oltre alla presentazione e confezionamento, sono elementi del pacchetto qualità che meritano una breve analisi per aver chiaro il clima in cui si muove oggi chi produce, chi vende e chi acquista.

Il mito della freschezza…

La freschezza, fino a pochi anni fa, era inversamente proporzionale al tempo intercorso fra il momento della raccolta e quello del consumo. Oggi con la messa a punto delle tecniche di conservazione e di pre-refrigerazione, oltre all’impiego di mezzi di trasporto che non interrompono la catena del freddo, la freschezza è divenuta dipendente dalla quantità e qualità dei servizi applicati al prodotto dopo la sua raccolta, fino al consumatore finale.

La bellezza e la cura dell’immagine hanno segnato la fine del secolo. Si parla sempre più spesso, e forse troppo, di civiltà dell’immagine, e, piaccia o meno, per ora la tendenza non dà segnali di inversione. Il culto del bello, del gradevole, della forma regolare o comunque piacevole è sempre un fattore importante: viene usato per la pubblicità, la produzione, la comunicazione. In questo scenario è puramente utopistico pensare di invertire la tendenza, ed è pertanto necessario, anzi indispensabile, proporre al consumatore un prodotto bello ed ogni caso gradevole, tanto da soddisfare visivamente le sue aspettative.

La bontà è una delle componenti della qualità necessaria per rendere il consumatore meno infedele. Gli esperti commerciali della grande distribuzione sono soliti dire: “conquistiamo il cliente attraverso ciò che vede con gli occhi e lo manteniamo con ciò che sente col palato”.

Va detto che la bontà è un fattore molto più soggettivo rispetto alla bellezza, che è più legata alla moda del momento. Si tenga conto, in ogni caso, che ogni specie orticola deve soddisfare il consumatore per ciò che si aspetta, nei confronti del sapore, del profumo, della dolcezza e della consistenza dell’ortaggio trattato.

…e della sanità 

Sul concetto di sanità, negli ultimi dieci anni è avvenuta una grande rivoluzione a livello di consumatore medio. Prima, infatti, per prodotto sano si intendeva un prodotto esente da marciumi, da muffe e da parassiti in genere.

Oggi, il consumatore, ma anche l’addetto ai lavori, generalmente dà per scontato l’assenza di tali difetti, ed intende per sano un prodotto esente da residui di principi attivi di fitofarmaci o concimi o diserbanti.

La crescita di una cultura ecologista, spesso attivata da articoli di stampa fortemente emotivi, ma accresciuta anche da un reale sviluppo delle conoscenze ed una opportuna presa di coscienza della tecnica e della scienza, ha fatto così che il consumatore e gli organismi ufficiali di tutela della salute abbiano sempre più spesso diretto la loro attenzione sul prodotto agricolo alimentare, ed in particolare all’ortofrutta, proprio per le caratteristiche benefiche nei confronti della salute del corpo umano.

La continuità dell’offerta, essere cioè sempre sul mercato, per quanto in varie forme, anche con diverse specie e varietà, è diventata negli ultimi anni un’altra caratteristica, che migliora indubbiamente la penetrazione commerciale, attraverso una immagine, un marchio o una adeguata gamma di prodotti.

E’ questo uno dei motivi principali per cui ha perso importanza, nella grande distribuzione, ma anche sui mercati ortofrutticoli rionali, la presenza temporanea di piccoli, medi o anche grandi imprenditori agricoli, rispetto ad una concorrenza cooperativa o comunque associata che, grazie alla concentrazione continua di una grande offerta, anche se parcellizzata alla produzione, riesce a proporre alla catena commerciale a valle due elementi fondamentali: la continuità durante tutti i periodi dell’anno e l’intera gamma merceologica col massimo numero possibile di specie, varietà, modi di confezionamento, presentazione e calibratura del prodotto.

La quasi totale scomparsa della cultura contadina nei consumatori, in particolare fra quelli più giovani, ha portato ad una generalizzazione della domanda, favorita anche dallo sviluppo delle tecniche agronomiche (colture forzate) che hanno consentito la destagionalizzazione dei prodotti e lo sviluppo della rete dei trasporti su gomma, per mare o per cielo, che ha avvicinato città, paesi e continenti, consentendo, in poche ore ed a costi accettabili, di trasferire da un emisfero all’altro prodotti freschi “completamente fuori stagione” rispetto ai luoghi di consumo.

Il primato degli imballaggi 

La presentazione del prodotto è infine quella componente che, sfruttando materiali tradizionali o nuovi, si occupa di migliorarne l’immagine. L’imballaggio, infatti, solo qualche anno fa, aveva lo scopo di contenere la merce, per consentire una migliore trasposizione nello spazio e nel tempo. Oggi il “packaging”, da necessità, è diventato scienza.

Vestire per trasportare o conservare gli ortaggi non può essere un fatto improvviso o lasciato al caso. L’imballaggio è diventato uno strumento di servizio in una società che tratta “prodotti – servizi”. Lattughe, melanzane, peperoni, zucchine, fagiolini, patate raccolte, calibrate, selezionate, divise per pezzatura e per intensità di colore, non possono essere presentate per il loro grande momento della verità (la contrattazione e la vendita all’ingrosso e al dettaglio) in un contenitore anonimo, sporco, vecchio o rotto. L’imballaggio sarà il loro vestito, ed il vestito dovrà intonarsi nei colori, nelle scritte, nelle immagini, nei messaggi, nelle dimensioni e nelle forme.

L’acquirente vedrà prima la confezione e poi il contenuto. In ogni caso sarà l’immagine del contenitore che lo attirerà per poi fargli prendere in considerazione l’interno e trattare il contenuto. Non è un mistero che il successo di molti prodotti, in molti settori, sta prima nella pubblicità, poi nella qualità del contenitore scelto e poi nella qualità intrinseca del prodotto. A questo proposito si potrebbero citare i prodotto, della cosmesi, dell’industria dolciaria, degli alcolici, ecc., ed ora inaspettatamente, anche dei prodotti dei campi.

Ricordiamo, ancora in un recente passato, gli imballaggi per l’ortofrutta (cassette in legno), ben fatte, di robusto legno, grandi, riutilizzate per almeno quattro o cinque campagne, poi invecchiavano, annerivano, perdevano qualche stecca, venivano gettate o riciclate nelle aie o bruciate nei focolai dei contadini.

Fino a pochi anni fa, hanno contenuto il peso della seconda produzione mondiale di ortofrutta. Oggi cedono il passo alla loro seconda o terza generazione e all’impiego di materie prime diverse: plastica, legno di specie arboree più pregiate, polistirolo, cartone ondulato o alla combinazione fra questi o altri elementi, mediante impiego di tecniche di vassoiamento molto avanzate.

Ecco allora che, in una società che privilegia immagine e presentazione, l’imballaggio deve diventare un vestito che riporta messaggi. Oltre che essere la carta di identità del contenuto, da semplice contenitore deve divenire messaggio per promuovere e pubblicizzare, strumento indispensabile per una migliore commercializzazione, per una maggiore trasparenza del mercato e per incentivare maggiori consumi.

Vademecum delle verdure da novembre a marzo

E’ senz’altro utile conoscere caratteristiche e pregi dei vegetali tipici dei mesi freddi quando, da novembre a marzo, si trovano sul mercato solo le seguenti verdure di stagione: spinaci, porri, finocchi, coste, cavolfiori, cardi, radicchio rosso, sedano e carciofi. Questi ultimi hanno il più alto potere nutritivo: un valore calorico pari a 75 per ogni 100 grammi di materiale edibile “già mondato”. Il sedano, invece, è al livello più basso: 17 per ogni 100 grammi. Qui vi insegniamo a riconoscere le qualità migliori.

Spinaci

Originari della Persia, sono stati importati in Europa dagli arabi. Si trovano sul mercato, come prodotto di stagione, da settembre a giugno, ma il momento migliore per consumarli è durante i mesi invernali, essendo più saporiti; le foglie devono essere tenere, di un bel colore verde intenso, consistenti e non appassite. Sono ricchi di ferro, sodio e calcio. Il loro valore calorico è 22 per ogni 100 grammi di materiale edibile. La dose sufficiente per 4 persone è di kg. 1.

Porri

Erano apprezzati dagli antichi egizi, mentre i romani gli attribuivano il potere di mantenere sonora la voce. La stagione più propizia per i porri è da settembre a maggio. Devono avere la parte bulbosa bianca e soda e le foglie di un bel colore verde. Contengono vitamina B e C, calcio e ferro ed hanno proprietà diuretiche e rinfrescanti: il loro valore calorico è 44 per ogni 100 grammi. La dose per 4 persone è attorno a kg. 1- 1,2.

Finocchi

Originari dell’Italia, sono piante aromatiche della famiglia delle ombrellifere. Sono reperibili per molti mesi dell’anno, da settembre a luglio, ma cotti si consumano specialmente nei mesi invernali. Sarà bene sceglierli di media grossezza, non nodosi, sodi, le foglie esterne dovranno essere bianche, non appassite né macchiate. Sono diuretici, eupeptici e tonici. Il loro valore calorico, piuttosto basso, è di 25 ogni 100 grammi di materia edibile.

Coste

Vi sono le bietole a forma di cespuglietti, come gli spinaci, e le bietole a costa con le foglie chiamate comunemente “coste”. Noi parleremo in particolare modo di queste ultime. Si trovano da settembre ad aprile, ma sono migliori nei mesi invernali. Le coste devono essere larghe, carnose e bianche e le foglie di un bel verde intenso senza ammaccature. Sono rinfrescanti e leggermente lassative. Il loro valore calorico è 27 per ogni 100 grammi di materiale edibile. La dose per 4 persone è di kg. 1- 1,2.

Cavolfiori

Di origine orientale si trovano da settembre a marzo, ma nei mesi invernali sono migliori ed il loro prezzo è più conveniente. Le foglie alla base devono essere verdi, segno di grande freschezza, i fiori sodi, compatti, bianchi e senza macchie. E’ un ortaggio molto nutriente e ricco di sostanze minerali. Il valore calorico è 34 per ogni 100 grammi di materiale edibile. La dose per quattro persone è di un cavolfiore di 800-millegrammi.

Cardi

Della famiglia del carciofo, sono presenti sul mercato da novembre a febbraio. E’ preferibile scegliere i cardi piemontesi, rinomati per la loro tenerezza e buon sapore. Devono essere bianchi con le coste non appassite. Contengono vitamina A ed il valore calorico è 21 per 100 grammi di materiale edibile. La dose per quattro persone è di un cardi grosso o pure 2 piccoli.

Radicchio

Il radicchio di Treviso o trevigiano si trova dall’ottobre alla primavera, ma è migliore nei mesi invernali; le foglie devono essere strette e allungate di un bel vino rosso intenso e senza ammaccature. E’ efficace per quanto concerne la depurazione del sangue e la rimineralizzazione dell’organismo indebolito. Stimola le secrezioni biliari e gastriche ed è diuretico, lassativo e tonico dello stomaco. Il suo valore calorico è 23 per ogni 100 grammi di materiale edibile. Una dose sufficiente per 4 persone è di circa 8 cespi.

Carciofi

Originari della Sicilia, si trovano in vendita a numero e non a peso, da novembre ad aprile, ma il loro prezzo è più conveniente da gennaio. Le qualità più note sono due: nell’Italia del nord quelli con le spine, nell’Italia centro-meridionale i così detti romani, senza spine. Sono ricchi di sostanze azotate e molto energici per il contenuto in carboidrati. Il valore calorico è altissimo: 75 per ogni 100 grammi di materiale edibile. Una dose sufficiente per quattro persone è di quattro carciofi, se grossi, otto se piccoli.

Sedano

Il momento migliore per il sedano rapa o sedano di Verona è da novembre a marzo; deve essere di grossezza media, sodo, non nodoso né macchiato di puntini neri. Contiene vitamine A, B e C. Per il suo contenuto di nitrati, è un depurativo del sangue ed ha proprietà rinfrescanti; stimola le funzioni digestive. Il valore calorico è 17 per ogni 100 grammi di materiale edibile. La dose per 4 persone è di 600 grammi.

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2 COMMENTS

  1. Grazie per il suo articolo “benessere dagli ortaggi freschi”, per la valutazione qualitativa degli ortaggi che riguarda le caratteristiche intrinseche ed estrinseche del prodotto, che si sono accresciute nel tempo con l’aumento delle conoscenze e delle tecnologie alimentari, in continua evoluzione in funzione dei mutamenti: dei gusti, degli stili di vita, di esigenze tipiche della società consumistica. Dove traduce in una riduzione significativa del valore organolettico, gustativo e nutrizionale (soprattutto vitaminico).
    Mi permetta una domanda sento molto parlate di alimenti di gamma. Riguarda anche le verdure? In cosa consiste?

  2. Alimenti di gamma
    Perché gamma? L’offerta di verdure, frutta e ortaggi è articolata in cinque gamme, distinte sulla base delle tecnologie e dei processi di lavorazione applicati al prodotto dal momento della raccolta alla messa in vendita al consumatore finale: dal secondo dopo guerra ad oggi, l’industria alimentare si è fortemente evoluta e immette continuamente sul mercato prodotti parzialmente e completamente lavorati, fornendo così all’utenza non solo la materia prima, ma anche il servizio aggiuntivo. In base ai livelli di lavorazione e ai trattamenti di conservazione che gli alimenti subiscono, i prodotti vengono classificati in 5 gamme o categorie.
    Il sistema di classificazione in diverse categorie che tiene conto del metodo di conservazione e confezionamento suddivide gli alimenti in gamme.
    1°gamma: ortofrutta fresca e tradizionale.
    2° gamma: ortofrutta e verdure in conserva proposte in barattolo.
    3° gamma: frutta e verdure surgelate.
    4° gamma: ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta la consumo.
    5° gamma: frutta e verdure cotte e ricettate, confezionate e pronte al consumo.
    Il processo produttivo
    Il processo di produzione e conservazione delle insalate, degli ortaggi e della frutta di 4° gamma, partendo dal campo fino alla tavola dei consumatori, si articola nelle seguenti fasi:
    – Selezione
    – Cernita
    – Eventuale monda e taglio
    – Lavaggio
    – Asciugatura e confezionamento in buste o in contenitori sigillati (eventuale utilizzo di atmosfera modificata).
    Vi siete mai chiesti che differenza c’è tra verdura e ortaggio?
    Ortaggio” deriva da orto ed è proprio nell’orto che si trova il significato della parola: infatti sono ortaggi tutti quei prodotti vegetali che possono essere coltivati nell’orto (e quando si parla di orto e coltivazioni si intendono sia le coltivazioni domestiche – il piccolo orticello di casa – che quelle industriali). In altre parole, ci sono ortaggi: da tubero come patate e il topinambur, radici, foglie, piante, frutti e semi sono tutti ortaggi!
    Ci sono ortaggi da tubero: come le patate e topinambur; da frutto: melanzane, cetrioli, zucchine, peperoni, zucca, pomodori; da fiore: carciofi, broccoli, cavolfiore, asparago; da fusto: sedano, cardo, finocchi; da foglie: lattuga, indivia, spinaci, borragine, bieta, cavolo; da seme: i legumi; da radice: ravanelli, carote, rape, barbabietole; da bulbo; come aglio, cipolla, porro, scalogno.
    Quando si parla di verdure ci si riferisce invece a tutte le parti commestibili di un vegetale, quelle che si possono usare in cucina (crude e/o da consumare previa cottura): ad esempio i gambi, le foglie, i germogli le radici. Può trattarsi anche di un vegetale spontaneo “selvatico” e non coltivato, purché commestibile. “Verdura” è insomma una parola con un significato più gastronomico e culinario.

    Le verdure – ovvero le parti commestibili – vengono invece comunemente classificate in base al colore, in quanto ad ogni colore si associano proprietà benefiche diverse per l’organismo (ad esempio le verdure di colore verde sono particolarmente ricche di fibre, quelle rosse e gialle di sostanze antiossidanti).
    Ecco quindi che abbiamo il gruppo delle verdure:
    – Verdi: zucchine, cavoli, broccoli, spinaci, carciofi, lattuga, fagiolini…
    – Blu e viola: anch’esse molto ricche di sostanze antiossidanti, come il radicchio o le melanzane)
    – Gialle/arancio: carote, zucche, peperoni gialli…
    – Bianche: patate, cipolle, cavolfiori…
    – Rosse: pomodori, barbabietole, peperoni rossi…

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