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Why can’t Trump’s America be like Italy?

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Sul New York Times (NYT) di qualche giorno fa Paul Krugman, economista e premio Nobel, elogia l’Italia per come ha gestito l’emergenza sanitaria a differenza del mezzo disastro americano. La notizia ha avuto scarsa rilevanza sulla stampa quotidiana, ma è rimbalzata sui social. Vale la pena vederla più da vicino perchè è indubbiamente interessante anche e soprattutto dal punto di vista politico.Il malato cronico dell’Europa è stato dunque più bravo dell’America e di Trump con buona pace delle opposizioni nostrane capeggiate da Meloni e Salvini.

Tanto più che il nostro paese sul piano economico e di finanza pubblica era messo malissimo all’inizio della pandemia. L’analisi dell’illustre accademico ha toni decisi, la differenza tra USA e Italia dunque è nella leadership.

“After all, Italy’s bureaucracy isn’t famed for its efficiency, nor are its citizens known for their willingness to follow rules. The nation’s government is deeply in debt, and this debt matters because Italy doesn’t have its own currency; this means that it can’t do what we do and print lots of money in a crisis.

Unfavorable demography and economic troubles are also major Italian disadvantages. The ratio of seniors to working-age adults is the highest in the Western world. Italy’s growth record is deeply disappointing: Per capita gross domestic product has stagnated for two decades.

When it came to dealing with COVID-19, however, all these Italian disadvantages were outweighed by one huge advantage: Italy wasn’t burdened with America’s disastrous leadership.

After a terrible start, Italy quickly moved to do what was necessary to deal with the coronavirus. It instituted a very severe lockdown and kept to it. Government aid helped sustain workers and businesses through the lockdown. The safety net had holes in it, but top officials tried to make it work; in a supreme case of non-Trumpism, the prime minister even apologized for delays in aid.”

Considerazioni che hanno del sensazionale, a mio giudizio.

In America fino ad oggi vi sono stati 150.000 morti e 4,3 milioni di contagiati, mentre in Italia i morti sono stati 35.000 su 250.000 infetti, secondo la base dati pubblicata online dal NYT. Ricordo che l’Italia ha 60 milioni di abitanti e gli Stati Uniti oltre 5 volte di più, 330 milioni. Chiunque può rendersi conto sulla base di queste statistiche che la situazione anche in Italia non è stata poi così positiva come Krugman la dipinge. Senza nulla togliere agli sforzi e all’impegno delle autorità italiane per contenere la pandemia.

L’Italia ha subito pesantemente come e forse più di altre nazioni e gli effetti sul sistema sanitario ed economico sono purtroppo tutti da scoprire. Li vedremo nel tempo. Gli aiuti promessi dall’Europa rispondono anche all’eccezionalità della situazione italiana che assorbe quasi un terzo dei fondi stanziati.

A parte altre considerazioni, un paese relativamente piccolo come l’Italia e privo di aree estese e densamente popolate come la California (40 milioni di abitanti) o lo Stato di New York (20 milioni) non può costituire un modello di resilienza per l’intero globo.

Forse con un pò più di attenzione e minor foga anti Trump l’economista statunitense dovrebbe chiedersi se l’Italia riuscirà a recuperare, considerato che era il malato d’Europa all’inizio dell’epidemia. Figuriamoci ora.

Da un punto di vista più generale, la politica si è appropriata della questione sanitaria senza remore. Ed è ovvio che sia così, solo che lo fa in modo pervicace per creare o distruggere consenso anche in vista delle competizioni elettorali, di carattere regionale in Italia e presidenziali in USA.

Il legame, storicamente sempre molto traumatico, tra politica e scienza diventa dunque per il comune cittadino fonte di confusione. Egli non sa in definitiva come comportarsi. Non tanto se il messaggio di indossare o meno la mascherina è convincente, quanto se dobbiamo mantenere in piedi il governo a causa dell’emergenza che continua (il caso del nostro paese) o se il complotto di lobby e potenze straniere è una minaccia per gli affari come in America e va contrastato con decisione secondo le affermazioni di Trump.

Nel primo caso, possiamo accantonare gli effetti economici perché se ne fa carico lo Stato, nel secondo caso la regola è business as usual. Eppure di fronte allo stesso male le misure di contrasto sono completamente diverse a seconda dell’orientamento di chi ci governa. E’ giusto che sia così?

Dal NYT del 30 luglio 2020

Difficile trarre conclusioni anche sugli orientamenti di politica economica seguiti per alleviare i guasti della pandemia. In realtà, l’amministrazione Trump ha iniettato oltre tre trilioni di dollari nell’economia con risultati non molto soddisfacenti, almeno per ora come dimostra il crollo del PIL americano nel secondo trimestre con un calo di quasi il 10 per cento rispetto al periodo precedente, un record. Allo stesso tempo, il reddito disponibile delle persone è aumentato del 10 per cento grazie proprio ai sussidi alle famiglie. Molti economisti, commentando questi dati, concludono con molta amarezza che nessuna ripresa economica è possibile se il virus non è sotto controllo. Mi sembra una conclusione di grande buon senso.

In definitiva, queste vicende sulle due sponde dell’Atlantico sono espressione in gran parte di fake news elaborate e costruite da una classe dirigente cinica e proditoriamente attaccata ai propri interessi di bottega. Si salvi chi può e tra un dibattito di politici a caccia di voti e di illustri virologi a caccia di visibilità ricordiamoci che non costa nulla mettere una mascherina e limitare gli assembramenti.

 

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