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Siamo capponi in tumulto

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Tempo di lettura: 5’. Leggibilità **.

L’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl’anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. (Dalla introduzione dei  Promessi Sposi)

“Verrà un giorno…”, predisse Padre Cristoforo a Don Rodrigo.

E quel giorno è un continuo presente, una metafora che ben si adatta all’oggi. Con il passare degli anni, incontrando per forza di cose, e di vita sopratutto, professionisti a volte non all’altezza del loro compito, ma anche sprovveduti, banditi o stupidi come li avrebbe descritti Carlo M Cipolla nella sua famosa rappresentazione della stupidità umana, qualche lampo di reminiscenza ha portato il mio pensiero verso le figure nel romanzo del Manzoni. E se nella mente, con più facilità restano l’avvocato nomen-omen Azzeccagarbugli e il fifone servile Don Abbondio, gli altri non sono da meno.

Di manzoniana memoria, di storia e quindi non attinente al presente direte voi? Al contrario ben direi, chè tutto il mondo intero è una metafora di qualcosa. A noi scoprirlo!

I Promessi Sposi sono un insegnamento di vita che fa emergere l’arroganza del potere con un’efficacia e un impatto emotivo impossibili da ottenere da un trattato di politica o di sociologia. Il romanzo spiega bene le tipologie politiche della società, in particolare quella italiana.

Da una parte la grande massa che contiene moderati, fifoni, buonisti, giudicanti e politicamente corretti, dall’altra al polo all’apparenza opposto, dove si litiga e ci si divide oscillando, in comodo e per comodo come dei pendoli tra le convenienze del momento.

Tutti i giorni ci stupiamo, percepiamo un oblio della politica e sopratutto dei suoi programmi populisti. Per populisti intendo coloro che propongono idee che cambiano di giorno in giorno, che si contraddicono in modo evidente, per poi all’improvviso mescolarsi in un effetto estremo che non riesci nemmeno più a definire e collocare.

Ma il Manzoni, sì che ci riesce, e molto bene, a descrivere questi caratteri e queste situazioni:

“un po’ riscaldati, un po’ furbi, un po’ inclinati a una certa giustizia, come l’intendon loro, un po’ vogliosi di vederne qualcheduna grossa, pronti alla ferocia e alla misericordia, a detestare e ad adorare, secondo che si presenti l’occasione di provar con pienezza l’uno o l’altro sentimento; avidi ogni momento di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di gridare, d’applaudire a qualcheduno, o d’urlargli dietro.”

Per non farci mancare nulla, oltre gli estremisti e la massa un po’ avida e un po’ misericordiosa e temeraria, il Manzoni non dimentica neppure la categoria dei “complottisti”, quelli che non intervengono mai con una propria idea, perché tanto il mondo è già stato suddiviso tra dieci persone potenti che vogliono ridurre in schiavitù tutti.

Ed è nel Tumulto di San Martino che la carestia apre le porte alla sventura, ed è così in ogni epoca. 

Nel romanzo, la carestia, avendo anticipato anche la peste, aveva prodotto un notevole rincaro del prezzo del grano e del pane, i cittadini sobillati da malelingue, iniziarono ad accusare i fornai di nascondere la farina per fare alzare il prezzo del pane.

Si creò un clima di sospetto intorno ai bottegai, tanto da farli divenire oggetto di linciaggio da parte del popolo. A placare gli animi, ci pensò il Cancelliere Ferrer, il quale ebbe l’idea di imporre un prezzo fisso sulla vendita del pane, portando un’apparente pace tra i cittadini, ma al tempo stesso lo scontento nei fornai,  che si videro costretti a lavorare a rimessa, sotto costo, per colpa di una calamità naturale e di una mal gestione governativa.

La situazione fu ribaltata grazie a un provvedimento di revoca dell’imposizione del Cancelliere, da parte di una commissione, con la quale fu resa giustizia ai fornai,  ma che fece nascere nuovi tumulti nel popolo che non aspettava altro per poter scaricare la propria frustrazione. Fu così che iniziò il Tumulto di San Martino, con i saccheggi alle botteghe dei fornai, e la distruzione di tutto ciò che trovavano sulla loro strada, fino a voler linciare il Vicario, accusato, per giudizio della massa, di essere l’artefice della mancanza effettiva del pane.

Veramente, la distruzione de’ frullini e delle madie, la devastazion de’ forni, e lo scompiglio de’ fornai, non sono i mezi più spicci per far vivere il pane; ma questa è una di quelle sottigliezze metafisiche, che una moltitudine non ci arriva.

E dopo il problema che si era creato e la reazione del popolo, ecco arrivare l’apparente soluzione dal Cancelliere Ferrer, figura politica totalmente incapace di gestire responsabilmente l’emergenza.

Colui che si era lasciato coinvolgere dall’emotività del popolo, accontentandolo a danno di altri, senza rendersi conto del fatto che chi è al potere deve svolgere un servizio a favore dell’intera comunità, anche a costo di provvedimenti impopolari.

La folla, il popolo e la massa, rappresentano, nel romanzo e nella vita, l’umanità di sempre, il malcontento diffuso che si trasforma in ribellione scomposta.

Nel popolo ci sono i cittadini, la società composta di figure di ogni età e ceto, persone che, messe in una situazione complessiva, se la prendono con l’immediato vicino, annullando le volontà personali, mescolando le coscienze e le suggestioni reciproche per sfogare le rabbie e scaricare le frustrazioni.

L’ignoranza spesso smuove le grandi masse con una banale crudeltà. È quell’impulsività che oggi vediamo applicare nei giudizi dei social, dove si trovano milioni di persone sempre pronte a scambiare un sospetto per certezza, a far diventare realtà una semplice ipotesi. Il trionfo dell’individualismo, dell’egoismo che incontra le coscienze collettive che guardano sempre i torti subiti e mai i doni ricevuti. L’essere umano da millenni è inconsciamente preso dal tumulto di litigare, ma una volta scaricata l’ansia della frustrazione, perde facilmente di vista anche il miglior fine per il quale si era agitato.

Ed ecco che il Manzoni dà una spiegazione che ancora oggi è alla base della dualità che si fronteggia in politica:

Fanno a chi saprà sparger le voci più atte a eccitar le passioni, a dirigere i movimenti a favore dell’uno o dell’altro intento; a chi saprà più a proposito trovare le nuove che riaccendano gli sdegni, o gli affievoliscano, risveglino le speranze o i terrori; a chi saprà trovare il grido, che ripetuto dai più e più forte, esprima, attesti e crei nello stesso tempo il voto della pluralità, per l’una o per l’altra parte.” 

Sono le nostre paure, i pensieri, le abitudini e stili di vita, veicolati  attraverso malattie, epidemie, notizie vere o false, social, televisioni e conoscenza approfondita dei big data, le  impronte che ogni giorno ognuno di noi lascia camminando.

Ma è un’altra metafora del Manzoni a descrivere bene la nostra società, quella dei quattro capponi. 

Quando Renzo si rivolgerà all’avvocato Azzeccagarbugli per ottenere consigli e giustizia per il matrimonio non celebrato con Lucia, come atto di sottomissione per catturarne la benevolenza, gli porterà quattro capponi. Le povere bestie erano legate insieme per le zampe, a testa in giù, e agitandosi a più non posso s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come succede  tra “compagni di sventura”.

I capponi Manzoniani come metafora della politica odierna? Quelle forze politiche che dovrebbero governarci potrebbero davvero assomigliare ai quattro capponi nelle mani di un meccanismo ormai in gravi difficoltà perché inceppato?

Siamo in un momento delicato per tutti, ma non riusciamo ad unire le forze davanti ai problemi comuni, la mancanza di responsabilità e autocritica genera accuse e divisioni per mettere in evidenza gli errori altrui. Come per i capponi di Renzo, è un continuo beccarsi a vicenda, dimenticando il pentolone fumante che aspetta nella cucina dell’Avvocato Azzeccagarbugli. 

Per cui bene guardare avanti con chiarezza per evitare di creare le condizioni per nuovi pasticci futuri e ripercorrere errori già visti.

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3 COMMENTS

  1. Il passo dove il Manzoni narra di ….. Quando Renzo si rivolgerà all’avvocato Azzeccagarbugli per ottenere consigli e giustizia per il matrimonio non celebrato con Lucia, come atto di sottomissione per catturarne la benevolenza, gli porterà quattro capponi. Le povere bestie erano legate insieme per le zampe, a testa in giù, e agitandosi a più non posso s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come succede tra “compagni di sventura” ….. è di una attualità e di una tristezza infinita ….. e vedere come questo continua ancor oggi a ripetersi ….. non induce ad avere tante speranze ….. Sigh!

  2. C’è molto del nostro futuro nel nostro passato. La letteratura come narrazione di eventi è una fonte inesauribile di riflessione per provare a capire chi siamo e che cosa vogliamo. A capire le nostre responsabilità individuali e collettive.

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