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Fondi europei, vorremmo capirci qualcosa

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Due articoli sul Corriere della Sera di ieri 27 agosto 2020 inquietano un pò i lettori, di ritorno dalle vacanze ferragostane e prima di dedicarsi agli innumerevoli round elettorali.

Il primo è un’interessante intervista all’onorevole Irene Tinagli, Presidente di una importante Commissione del Parlamento Ue. Ci informa che il Parlamento sta riconsiderando il bilancio 2021-2027 per tener conto delle somme del Recovery Fund, che hanno una durata triennale e che inevitabilmente hanno sottratto risorse ad altre voci di spesa, alla ricerca, ad Erasmus, alla cooperazione e ai migranti, per esempio. L’onorevole continua con una critica neanche troppo velata a quel che accade in Italia che fa fatica a predisporre progetti per poter usufruire delle somme assegnate. L’Italia conosce le sue priorità, ora deve concentrarsi su come utilizzarle, conclude la Tinagli. In più, non è che basta la lista dei desideri. Occorre anche che si presentino piani di azione in modo mirato e dettagliato per ciascun investimento. Potremmo dire con un linguaggio calcistico, fine primo tempo.

Il secondo tempo lo apre Federico Fubini che mette insieme una serie di informazioni che vanno in direzione opposta. Si sta lavorando eccome, il ministro per gli Affari Europei ha già ricevuto oltre 500 schede progetto, per valori che vanno da pochi milioni di euro a importi più sostanziosi. Palazzo Chigi in questa fase ha imposto il riserbo più assoluto.  Chiude l’articolo parlando di una strisciante tensione tra Roma e Bruxelles. Alcuni progetti, non meglio specificati, sono di tali dimensioni, che non sono resi noti per evitare contraccolpi in borsa alle aziende coinvolte. D’altra parte, Bruxelles teme che lo Stato italiano finisca per distribuire laute risorse a gruppi di affari e a pochi centri di interesse. In questo secondo articolo, pare di capire, i dubbi non sono tanto sulla fantasia progettuale di noi italiani quanto sulla qualità dei progetti e delle procedure che li implementeranno.

Apprezziamo l’arguzia di chi ha impaginato il Corriere perché, quasi fosse un calambour, i due articoli compaiono nella stessa pagina, uno sopra l’altro.

A parte questa nota di costume, a noi cittadini non rimane altro che stare a guardare e capirci ben poco. Oscilliamo tra sapere che stiamo facendo poco o niente ovvero stiamo facendo ma in silenzio. Non disturbare il manovratore sta lavorando per noi, si diceva una volta.

Le riserve che possiamo avanzare sono almeno tre. La prima è che storicamente spendiamo pochissimo dei soldi europei per incapacità di progettazione o per veti incrociati dai vari livelli di governo locale. La seconda è che, come si vede nel riquadro, i finanziamenti per il nostro paese sono davvero tanti e meriterebbero maggiore considerazione da parte del governo quanto a informazione e comunicazione al pubblico. Infine, non è dato sapere come il singolo cittadino possa intervenire per avanzare proposte semmai di piccole dimensioni, relative alla vita quotidiana e che non hanno l’effetto mirabolante del ponte di Messina, o del tunnel o dell’alta velocità in varie città del Sud Italia.

Infine, un’ultima notazione riguarda la non trascurabile circostanza che gran parte di questi aiuti, finanziamenti, risorse dovremo comunque restituirli. Dopo tanto rumore, almeno un pò di onore a vedere realizzato qualcosa non sarebbe male.

A chi possiamo rivolgerci per saperne di più? Non credo che riceveremo una risposta dai tanti politici così fortemente impegnati per le prossime elezioni regionali.

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