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Dentro la storia della vigilanza di Bankitalia in compagnia di Gianni Toniolo

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Prologo

Lo scorso novembre ho pubblicato una recensione impossibile alla prestigiosa opera del compianto prof. Gianni Toniolo: Storia della Banca d’Italia. Tomo I Formazione ed evoluzione di una banca centrale.1893-1943. Edita da Il Mulino, 840 pagine per 58 euro. Impossibile perchè avevo letto la ricca documentazione che riguardava il libro ma non il libro, uscito in quei giorni. Libro che si legge piacevolmente dicevano gli esegeti, più o meno interessati.

In realtà non è così. E’ un libro voluminoso di quasi 1000 pagine, ricco di informazioni, dettagli e rimandi alla ampia documentazione archivistica. Una opera certosina e di non facile lettura, da consultare e da capire semmai con un pò di senso critico essendo un libro di storia.

Poi capita che il 17 febbraio scorso in quel di Venezia si tiene un convegno sul libro a cui ho partecipato a distanza mentre avevo iniziato quel che per me è stata una non agevole lettura.

Ho ascoltato i relatori con attenzione. Essi lasciano trasparire la difficoltà di  rendere omaggio all’istituzione Banca d’Italia, con elogi che non ho trovato nell’opera monumentale del compianto prof. Toniolo. Purtroppo, i pur bravi relatori non si convincono di una realtà evidente. Più accentuano le lodi all’Istituzione, soprattutto in materia di controlli bancari, e più lo scollamento con i tanti fatti e misfatti sotto gli occhi di tutti appare in modo drammatico.

Ho lavorato 40 anni in Vigilanza et similia e ho vissuto con enorme difficoltà personale tre crisi bancarie: l’Ambrosiano negli anni ‘80, il crollo delle casse di risparmio e degli istituti di credito speciale negli anni ‘90 e infine il disastro delle Popolari non molti anni fa, quando nel 2015 i crediti deteriorati del sistema arrivarono a ben 365 miliardi di euro. Motivi per essere fiero di quel che facevo non ne ho mai avuti, purtroppo. Possibile che nessuno dei pur qualificati oratori al convegno abbia mai sentito parlare di queste cose ?

Dalla prima legge bancaria del 1926 in poi, la Vigilanza ha cambiato pelle varie volte, da strutturale (figlia delle legge bancaria del 1936), a prudenziale con il TUB del 1993 e infine, dal 2014, a quella europea, del tutto diversa dalle prime due. E la concorrenza? Convitato di pietra in tutti e tre modelli che ho ricordato. Dal 1918 agli anni ‘90 è stato in vigore il cartello interbancario, per giunta obbligatorio e, per la legge bancaria del 1936, sotto il controllo del Governatore.

La vigilanza secondo Toniolo

Vorrei soffermarmi in particolare, sulle pagine intitolate “Le prime esperienze di vigilanza” (dal 1926 in avanti nel Capitolo 8) e su quelle riservate ai salvataggi bancari, all’ Iri  e alla legge bancaria del 1936 (gli ultimi due paragrafi del Capitolo 9).Un totale di un centinaio di pagine di cui bisogna dar conto, sia per la centralità di questa funzione e sia perchè il secondo tomo della storia di Bankitalia (dal 1943 fino ai nostri giorni e ancora da scrivere) dovrà occuparsi a pieno titolo di questa controversa funzione.

Dalle pagine di Toniolo, nel periodo che esamina (1893-1943) più che la vigilanza e la politica del credito poté l’asse di ferro tra Mussolini e Beneduce, il fondatore e primo presidente dell’Iri, a disegnare negli anni ’30 l’Italia che sarebbe stata per molto tempo. Una chiave di lettura che condivido, ma vediamo ora più in dettaglio come l’autore scompone in due parti il ruolo di Bankitalia agli albori di questa importante e nuova funzione di controllo pubblico dell’economia, in specie delle banche.

Sul piano normativo, si da’ conto degli innumerevoli tentativi di regolare il frammentato sistema bancario dell’epoca. Il Governatore Stringher (1928-1930), dopo essere stato Direttore Generale per quasi un trentennio, è al centro di molte iniziative della specie che vanno dalla compilazione dei testi normativi alla organizzazione concreta della vigilanza. Sull’efficacia di questi interventi di natura sporadica, invero, l’autore pone molte riserve sostanziali. In poche parole, l’assetto normativo si dimostrerà non in grado di mettere riparo alle crisi bancarie che si susseguirono in modo incessante tra il 1926 e il 1930: banche miste, Credito Italiano, banche cattoliche e Banca Vicentina, Credito Toscano, Banco di Napoli, Banca Italo-britannica, Banca Agricola Italiana.

La storia di Toniolo è una storia di uomini importanti, di relazioni, quasi di fatti personali che poi trovano nella dimensione pubblica il reciproco apprezzamento e riconoscimento. E la legge bancaria del 1936 nasce dalla collaborazione tra Pasquale Saraceno, insigne economista cattolico, e Donato Menichella, direttore all’epoca dell’IRI con Beneduce Presidente. E’ quasi un marchio di fabbrica, imprescindibile e potente. Paolo Baffi dirà con mirabile sintesi che la legge estende i controlli a tutta l’attività bancaria.

Il secondo aspetto è il forte interventismo della Banca d’Italia in tutte le operazioni di salvataggio bancario, tramite anticipazioni, garanzie, partecipazioni a Consorzi di sovvenzioni e liquidazioni. L’elenco sarebbe davvero lungo e forse qui sarebbe stato auspicabile una tavola sinottica.

Qual è dunque il giudizio finale ?

Riporto due passaggi che mi hanno colpito, che riuniscono in unico scenario l’assetto normativo della nascente vigilanza e la gestione di situazioni illiquide delle banche, spesso trasformatesi in insolvibilità.

La Banca d’Italia amava applicare uno schema ben preciso, favorire fusioni e aggregazioni per limitare l’intervento della banca stessa o dello Stato.

La concessione di finanziamenti per 20 milioni di dollari (400 milioni il valore ad oggi N.d.A.) alla Banca Commerciale Italiana nel 1931 fu tenuta segreta da Banca d’Italia, con una azione ritenuta carente perchè avrebbe dovuto chiedere spiegazioni ai dirigenti della banca cui riscontavano massicciamente il portafoglio. Il tacito accordo per cui le banche milanesi non venivano ispezionate sarebbe dovuto cadere di fronte a una crisi di proporzioni mai viste.

 

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1 COMMENT

  1. In qualche modo le considerazioni di questo articolo costituiscono quasi un parallelo con le tesi sostenute da Thomas Fazi sulla politica economica nel volume “Una civiltà possibile – La lezione dimenticata di Federico Caffè”, edito da Meltemi.
    Fazi, dopo aver fatto un ampio escursus nel substrato formativo dell’economista, pure approdato in Banca d’Italia e fermo sostenitore del puro pensiero keynesiano, conclude mestamente il suo libro, soffermandosi sulle sovrapposizioni sociali incompatibili ormai venutesi a creare tra la Costituzione italiana e i Trattati europei vigenti, cui il nostro paese aderisce.
    Le tante incongruenze tra i diversi principi, portano quasi a manifestare una dicotomia difficilmente conciliabile con quei valori chiari ai padri fondatori della Repubblica italiana.
    Una sottolineatura in blu evidenzia, anzi e pone come fondamentale spartiacque, il famoso divorzio fra Tesoro e Banca, che fece venir meno lo strumento economico principale, volto a creare elasticità e temporanei tamponamenti nella gestione ai fabbisogni di tesoreria statale e nelle politiche sociali conseguenti.
    Il venir meno di quelle preziose autonomie per far fronte alle esigenze finanziarie del paese, in qualche modo corrisponde oggi al venir meno – stante accentramenti di compiti e funzione alla BCE – di una serie di strumenti usati dalla Banca d’Italia; specie nell’assorbimento di realtà bancarie patologiche e nell’inglobamento delle crisi nascenti nell’universo bancario nazionale più in generale. Principale obiettivo della Banca Centrale era sempre stato quello di assicurare stabilità all’intero sistema. (In funzione di ciò sono stati tanti i sarcofagi di cemento che nel tempo, come per Chernobyl, hanno bloccato diverse centrali nucleari andate fuori controllo).
    Come per il sistema Europa palesa già da tempo – e con molta evidenza – anche la politica sociale limitata alle Banche nazionali, ha sconvolto la disponibilità di collaudati strumenti, agili e flessibili, utilizzati a risolvere con immediatezza l’insorgere di crisi.
    Il tutto, sempre nell’interesse generale volto alla tutela costituzionale del risparmio e orientato alla “sana e prudente gestione” del credito assurta come un faro.
    La complessità di tante culture sociali differenti comporta – però e come sempre – dei compromessi che non sempre trovano logiche nella storia degli specifici e radicati pensieri autoctoni locali.
    Per non dilungarsi oltre, il “Bail in” bancario e la guerra in Ucraina d’oggi, ad esempio e a prescindere dal pensiero di ciascuno, costituiscono evidenti vincoli insormontabili (in parte dei veri spartiacque) che limitano le diverse autonomie e condizionano, pur non risultando pienamente aderenti alle democrazie di tutti quanti i paesi consorziati.
    Ci sarebbe tanto altro da dire su molte altre cose, ma ci si astiene.
    Forse sarebbe opportuno solo tornare a ripensare e riflettere su quanto ci accade e da vicino. Anche perché si mantiene confuso l’orizzonte verso cui si sta velocemente andando.

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