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Storia d’Italia attraverso i terremoti

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Si dice che gli Esquimesi abbiano almeno cinquanta diverse parole per descrivere le condizioni della neve.

Noi ne abbiamo in numero ben maggiore per parlare di terremoti, alluvioni, dissesti del territorio. C’e’ chi si è divertito a contarle queste parole del nostro vocabolario, affinché i termini linguistici diano immediata evidenza delle nostre ricorrenti paure, ma anche delle nostre incapacità di minimizzare gli effetti delle catastrofi naturali. Se è pur vero che il nostro paese è particolarmente esposto agli scuotimenti tellurici anche di disastrosa entità, è altrettanto vero che da sempre la prevenzione attraverso standard costruttivi più resistenti e utilizzo di aree edificabili a minor rischio sismico è stata pressoché sistematicamente ignorata.

Questo è il filo conduttore del bel libro di Erasmo D’Angelis, giornalista divulgatore di temi ambientali, Ripariamo l’Italia, Giunti 2018, pagg.480, €16, che ricostruisce la storia di terremoti e terremotati da 3750 a.C al 2017 d.C. come storia naturale, storia culturale e storia socio-politica del Paese.

La storia naturale conta sia sulle documentazioni storiche, i riferimenti mitologici, letterari e poetici dei sismi sia sulle ricostruzioni dell’archeosismica, scienza delle tracce lasciate dai terremoti sulla superficie terrestre.

Il libro è una ricostruzione di sconvolgimenti, distruzioni di intere aree e agglomerati urbani e annientamento di popolazioni. Negli ultimi 2500 anni sono avvenuti, per ogni secolo, uno/due terremoti fortissimi (7 scala Richter), tra 5 e 10 con magnitudo oltre 6  e un centinaio superiori al grado 5 e fino a 50.000 scosse di magnitudo medio bassa. La metà dei terremoti colpisce da sempre il Sud (le terre ballerine). Il terremoto più violento della storia d’Italia e tra i più forti del Mediterraneo fu quello che colpì la Sicilia sud-orientale nel 1693, che raggiunse il grado 7,4 della Scala Richter e il XII^ e ultimo della Scala Mercalli.

Quanto alla storia culturale, è significativa l’importanza attribuita al Seicento, uno dei periodi più nefasti di sconvolgimenti tellurici, come secolo che si trasformò, dice D’Angelis, in una start up di geologia, sismologia, idrologia, sfidando il dominio culturale del dio devastatore. Alla rassegnazione di fronte alla imperscrutabile volontà divina (il terremoto come castigo per i peccati dell’uomo), subentrò la volontà di conoscere il pianeta come organismo vivente, dando origine alle nostre moderne scienze applicate. Oggi l’antico retaggio della religione/superstizione è definitivamente archiviato anche dalla Chiesa Cattolica. “Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo” ha pronunciato di recente uno dei suoi massimi esponenti.

Infine la storia della gestione del territorio a fini antisismici. È la parte più amara del racconto perché evidenzia la nostra fame di speculazione e di abusivismo, che ci ha contrassegnato da sempre. Gli standard costruttivi inadeguati, un approccio incosciente volto a risparmiare su tecniche e materiali, l’aggiramento delle norme più elementari, messe a protezione dai rischi tellurici. La trionfante cultura dell’emergenza, nella quale abbiamo invero sviluppato riconosciute abilità di intervento ex post (la nostra Protezione Civile fiore all’occhiello, dopo tanti casi di inefficienza statale nei soccorsi) ha surclassato qualsiasi obiettivo di prevenzione.

Un valore assoluto del libro sono i dati, le informazioni quantitative sulla crescita del patrimonio edilizio negli ultimi settanta anni e il calcolo dei costi degli interventi riparatori dagli eventi sismici ben maggiori di quelli stimati per la prevenzione. Lo Stato ha speso 290 miliardi di euro con una media annua di 4 miliardi per ripristini, contro una spesa per intervenire in via preventiva sull’intero patrimonio a rischio sismico stimata in 100 miliardi di euro in venti anni. Una palese contraddizione anche secondo i più semplici principi di razionalità economica.

Mappa Rischio Sismico

Mi sento di aggiungere un riferimento al periodo 2003/2008 antecedente la Grande Recessione. Da dati ISTAT risulta che abbiamo costruito ogni anno 300.000 nuove abitazioni, che fanno 1,5 milioni di case, in grado di ospitare cinque milioni di persone. Abbiamo edificato una città grande come Roma e il cinque per cento dell’intero patrimonio nazionale, composto, come ci ricorda D’Angelis, da 29 milioni di abitazioni, di cui 12 a rischio sismico. Sono numeri che possono a ben diritto far parlare di bolla edilizio-finanziaria.

Questo libro è ricco di tante altre informazioni. Di episodi di inavveduta improntitudine e di inerzia politica, di scandali e di condoni edilizi, di burocrazia e di infiltrazioni criminali, ma anche di casi commoventi ed eroici. E di notizie paradossali. Come quella dell’edificio in legno alto sette piani, chiamato Sophie, progettato pochi anni fa dal Professor Ario Ceccotti del nostro CNR e sperimentato con successo dal principale centro di sperimentazione antisismica del pianeta, il giapponese Miki, riproducendo le scosse del terremoto di Kobe. La presentazione di Sophie è stata in Giappone un evento memorabile, in Italia nemmeno ha fatto notizia.

Il volume di D’Angelis è da proporre nelle scuole, perché certi germi entrino nelle menti delle nuove generazioni, allo scopo di invertire tendenze che ci tengono legati alle cronache dei disastri annunciati. Un Medioevo di rassegnata speranza, pregando che nulla ci possa accadere. Il fatto è che è la storia d’Italia, la nostra storia.

Voto 4,5/5

 

 

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