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Neuroeconomia a colori…chiamale se vuoi emozioni.

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razie all’uso nel campo delle Neuroscienze delle tecniche di rappresentazione celebrali (brain imaging) e dei processi neurali (ad esempio, Risonanza magnetica funzionale, tracciamento dello sguardo detto eye-tracking) è possibile misurare le reazioni psicofisiologiche dell’organismo umano agli stimoli sensoriali esterni.

Si è potuto appurare che le decisioni umane sono frutto di un processo complesso, basato non solo su meccanismi razionali, ma anche su condizionamenti emotivi.  Infatti, secondo queste ricerche, nelle relazioni umane la prima parte del cervello ad attivarsi è quella che governa le emozioni; solo successivamente entra in funzione quella che innesca la fase, di per sé più faticosa, della razionalizzazione.

L’emozione è la più veloce delle reazioni agli stimoli esterni e permette di prendere decisioni con un minor dispendio di energia rispetto a quelle basate su più articolati e faticosi meccanismi, che magari richiedono tempo e competenze che non sempre si possiedono.

La possibilità di “misurare” le emozioni è stata fortemente sfruttata nel marketing per attivare gli elementi comunicativi e di pubblicizzazione dei prodotti in grado di influenzare, anche attraverso la sfera emozionale, le decisioni deiconsumatori (oggi oggetto, tra l’altro, di frequenti “consigli per gli acquisti” e messaggi on line personalizzati).

Le aziende impegnano risorse significative e tecniche sofisticate per scegliere le caratteristiche e i modi di pubblicizzazione dei prodotti. Si sta molto attenti alle sensazioni che possono evocare il design, le forme, le parole, le immagini, i colori, i suoni, le musiche, i personaggi utilizzati nei messaggi promozionali e cosìvia.

Sembra che i responsabili del marketing della Coca-Cola, ad esempio, abbiano a suo tempo individuato un numero segreto per stabilire quante devono essere le bollicine (che richiamano alla mente la sensazione rinfrescante della bevanda gassata sul palato) da mostrare nelle pubblicità, per far scattare immediatamente la voglia di stappare una lattina.

Non sappiamo se il numero è quello perfetto e accattivante che cantava Mina in Le mille bolle blu”. Apprendiamo però che proprio il colore blu ha delle proprietà anche nel campo delle decisioni di investimento finanziario (forse perché evocano la possibilità di crescere volando “nel blu dipinto di blu”?).

Infatti, una ricerca (Bancaria n.5/19), utilizzando l’eye-tracking che rileva la relazione tra il colore che attiva processi neurali che coinvolgono l’immaginario individuale e l’attenzione visiva di un acquirente potenziale – ha evidenziato che il colore blu nei prospetti informativi dei prodotti finanziari fa aumentare il grado di attrattività percepita, soprattutto di quelli con classe di rischio-rendimento elevata. Il rosso evoca, invece, una maggiore rischiosità.

In verità, le tecniche di persuasione nel campo della finanza, almeno per il momento, non raggiungono tali livelli di sofisticazione.

Il rapporto tra il cliente e il consulente finanziario è in qualche modo assimilabile a quello tra il paziente e il medico: di norma, ci si affida pienamente al professionista perché non si hanno gli strumenti conoscitivi per soddisfare autonomamente le proprie esigenze, siano esse di salute o finanziare.

Sicuramente “salutari” sono le iniziative di educazione finanziaria, che potrebbero sfruttare le moderne tecniche di comunicazione per finalità questa volta non commerciali, ma educative.

Ad ogni modo, si passi la battuta, al momento se ne sentono e se ne vedono di tutti i colori. Una cosa è certa: per gli acquirenti di prodotti costosi, siano essi finanziari o no, che poi tradiscono le aspettative, il colore che resta impresso è uno solo, il verde delle proprie tasche.

E a proposito di quest’ultimo colore, non si può parlare” più nemmeno di emozioni, perché in quei casi, come direbbe il “sempre verde” Adriano, “L’emozione non ha voce”.

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