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Tre punti della questione bancaria meridionale

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Tempo di lettura: 6’. Leggibilità **.

Abbiamo proposto i primi di gennaio una lettera immaginaria, indirizzata dal Presidente di una banca popolare ai soci dopo il fallimento. Può essere una banca tanto del Nord che del Sud, abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. La lettera è pura fantasia, ma certi riferimenti sono purtroppo veri.

Un ossimoro che denota la difficile condizione del nostro sistema bancario, per anni motore dello sviluppo economico al Nord come al Sud. Il declino al Sud inizia negli anni 90, drammatico e ineluttabile, e perdura ancora in aree ove la crisi è molto più marcata di altre.

Vorremmo in questo articolo richiamare 3 punti che ci sembrano essenziali, con riferimento alla condizione bancaria del Sud e in particolare della Campania.

1) Nascita e morte di Casmez

La Cassa per il Mezzogiorno, Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell’Italia Meridionale era un ente pubblico creato nel 1950 per finanziare iniziative industriali tese allo sviluppo economico del Meridione, allo scopo di colmare il divario con l’Italia Settentrionale.

Furono beneficiarie dell’operato della Cassa le regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, le province di Latina, Rieti e Frosinone, l’Isola d’Elba, l’isola del Giglio e isola di Capraia, il comune di Pomezia, i comuni dell’ex circondario di Cittaducale e i comuni del comprensorio del fiume Tronto.

Dall’inizio dell’operatività e fino al 1991, Casmez ha elargito alle regioni meridionali un totale di 82 mila miliardi di lire correnti per una spesa media annuale di circa lo 0,65% del PIL.

A parte le erogazioni dirette alle imprese meridionali, il sostegno pubblico ha agevolato per decenni e in misura sostanziale il rapporto tra banche e imprese.

L’improvvisa chiusura dei finanziamenti, ormai divenuti a pioggia e sempre meno sostenibili dal bilancio pubblico, avrà effetti immediati e nefasti per la finanza di impresa e inevitabilmente per le banche.

La fine di quello che ormai era diventato un mero finanziamento di elargizione delle classi meridionali e di opere inutili, definite cattedrali nel deserto, apre ad una grave situazione di crisi, senza la predisposizione di adeguati strumenti di politica economica, industriale e bancaria per contrastarla.

2) Nascita e morte di tante banche

Nella seconda metà degli anni novanta, dopo la breve ma durissima recessione 93-94, l’effetto congiunto della maggiore concorrenza e delle ampie insolvenze determina la crisi pressoché sistemica del sistema bancario del sud, che spazza via tutti gli istituti di diritto pubblico (Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Istituiti di credito speciale come CIS, Isveimer e Irfis) tutte le Casse di risparmio (dalla Siciliana Vittorio Emanuele a quelle di Calabria, Puglia, Salerno) e alcune banche popolari minori. È ancora un fenomeno poco e male indagato, ma un terzo del Paese si ritrova senza un sistema bancario autoctono.

Tanto per fare l’esempio della Campania, nel 1990 vi operavano banche storiche come il Banco di Napoli, la Cassa di Risparmio Salernitana e la Banca Popolare San Matteo. Vi erano 12 spa, 5 Banche Popolari e 46 Casse Rurali.

Oggi la struttura è pressoché dimezzata nel numero e ancor più nel peso con 6 spa, 3 Popolari e solo 12 BCC.

Il resto del Mezzogiorno è stato duramente colpito anche dalle più recenti crisi bancarie come quelle dell’intera regione abruzzese (Casse di Risparmio di Chieti, di Pescara, di Teramo), della Puglia (tra crisi conclamate e tuttora attese delle Popolari) o della Sicilia, con banche entrate in articulo mortis nel mondo della a sua volta morente Popolare di Vicenza.

Vediamo, in rapida sintesi, che fine hanno fatto le tre maggiori banche locali dell’epoca, meglio ancora quali processi hanno percorso per sparire definitivamente dalla scena.

Il 1 gennaio 1998 Banca Carime inizia ad operare a seguito del conferimento di tre banche meridionali andate in dissesto:

  • Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, fondata a  Cosenza nel 1861
  • Cassa di Risparmio di Puglia, fondata a Bari nel 1949
  • Cassa di Risparmio Salernitana, fondata a Salerno nel 1956.

Dopo varie vicissitudini, nel 2007 Carime Banca entra a far parte del Gruppo UBI, nato dalla fusione fra il Gruppo BPU Banca e il Gruppo Banca Lombarda e Piemontese.

La Banca della Campania nasce nel 2003 dalla fusione tra la Banca Popolare dell’Irpinia (1949) e la Banca Popolare di Salerno (1957), entrambe appartenenti al Gruppo Banca popolare dell’Emilia Romagna.
Nel dicembre 2006 si estende in Puglia con l’acquisizione della Banca del Monte di Foggia. L’integrazione delle tre  aziende si inserisce in un piano più ampio di ristrutturazione del Gruppo Bper che mira a creare, attraverso la razionalizzazione delle strutture esistenti, un polo bancario che garantisca il miglioramento dell’efficienza operativa e dell’assetto funzionale-organizzativo.

Infine, il Banco di Napoli, una delle più antiche e importanti banche del mondo nel 2003 viene acquisita da Banca Intesa, che la rileva da BNL chiamata in soccorso allo scoppio della crisi del 1995, il cui costo fu di dodicimila miliardi di lire a carico dello Stato. Il Banco è stato definitivamente incorporato nel 2018 da Intesa Sanpaolo.

Il Sud e le isole oggi hanno 5.700 sportelli bancari, il 22 per cento del dato nazionale con il 35% di popolazione residente. In definitiva, la Lombardia ha lo stesso numero di sportelli bancari dell’intero Meridione più le isole. I dati sulla densità territoriale sono inequivocabili. In Italia vi sono 42 sportelli bancari ogni 100.000 abitanti, 50 in Lombardia. Nel Meridione tutto sono 27 e appena 22 in Campania (29 a Salerno). Migliora solo lievemente la situazione per quanto riguarda gli sportelli postali. Nel Meridione vi sono circa 3.500 punti vendita pari al 25% del totale nazionale.

3) Nascita e agonia dei servizi bancari

Il ritardo nel confronto internazionale è comune a tutte le macroaree del Paese, ma è più accentuato per il Mezzogiorno dove nel 2018 ciascun residente ha effettuato poco più di 60 operazioni con strumenti diversi dal contante a fronte di circa 140 transazioni pro capite nel Centro Nord.

In Campania sono stati effettuati in media 54 pagamenti pro capite con strumenti alternativi al contante (bonifici, carte di pagamento, addebiti diretti), valore inferiore addirittura alla stessa media del Mezzogiorno.

Secondo dati BCE, l’Italia si colloca all’ultimo posto tra i Paesi dell’area euro per il numero di pagamenti della specie. La media italiana è pari a 111 operazioni l’anno rispetto a un dato medio di 250 dei 28 paesi europei. Da notare che ben 10 di questi paesi presentano valori superiori a 300 unità pro capite.  La Campania presenta un dato di ben cinque volte inferiore a quello europeo.

In questa prospettiva va inquadrato e valutato anche lo sviluppo dei servizi telematici bancari per la clientela. Negli ultimi 15 anni la quota di servizi che consentono l’accesso per verificare il saldo del conto, per disporre bonifici ed altro sono rimasti pressochè costanti e rappresentano per l’intera Campania appena il 6/7 per cento del totale nazionale, pari a 2,4 milioni di clienti che nel 2018 vi ha fatto ricorso.

Conclusioni

Senza insistere troppo, possiamo dire che il sistema bancario al Sud si sta desertificando quanto a intermediari, ma soprattutto quanto alla diffusione di servizi innovativi.

Dalle statistiche esaminate, solo le Poste riescono a mantenere una certa capillarità geografica, che può essere sfruttata per la diffusione di nuove iniziative, se queste saranno le direttive che verranno date.

Nessuno rimpiange il passato della Casmez, la cui fine segnò il massimo punto di collusione tra banche, imprese e politica, ma dobbiamo anche riconoscere che le successive privatizzazioni del sistema bancario al Sud entrano a pieno titolo nel novero dei fallimenti del mercato. Nessun altro paese ha centellinato così a lungo le proprie crisi bancarie.

L’aridità delle cifre non fa cogliere tanta disperazione: risparmio tradito, banche e imprese fallite, arricchimenti ingiustificati, fuoriuscite di capitale umano e chissà quanto altro. Ognuno vi potrà vedere tanti nessi tra i fattori prima indicati e le conseguenze sotto i nostri occhi, tra le quali la mancata ricostituzione di una adeguata infrastruttura bancaria, essenziale per lo sviluppo economico.

Per alcuni aspetti, il Meridione, oltre a non essere entrato nell’Unione Bancaria, avviata nel 2014, perché non ha quasi più banche, fa fatica a collocarsi anche nel mondo della SEPA, l’area unica europea dei pagamenti al dettaglio.

L’evoluzione futura è ovviamente da scrivere, ma al risparmiatore va il nostro monito più accorato a fare attenzione a chi affidare la propria fiducia, cioè i propri risparmi.

Nel 2019, nel Meridione d’Italia sono censiti ben 330 miliardi di euro tra conti correnti e depositi bancari e postali, con spazi per l’intermediazione di tutto rispetto.

Nell’area settentrionale del paese, alla crisi è succeduta una fase di consolidamento che, per quanto irta di contraddizioni e di aiuti pubblici, esprime ora aziende bancarie più robuste e di respiro europeo. Per il Sud, purtroppo, la deriva è sempre più marcata.

La mancanza di politiche efficaci per promuovere secondo un disegno di lungo periodo la diffusione di servizi bancari innovativi ha molti responsabili: dai Governi nazionali e regionali alle autorità di settore, dalla industria bancaria ai singoli potentati bancari.

In altri casi, risultano incomprensibili i vantaggi strategici che dovrebbero generarsi per le banche del sud da operazioni come il salvataggio di Carige, che, passando per il gruppo Cooperativo trentino, ha nelle BCC meridionali un numero importante di partecipanti alla rischiosa impresa.

Oggi si tenta anche un’operazione pubblica dall’alto, facendo intervenire il Mediocredito centrale nel salvataggio di quello che rimane della Popolare di Bari, con ampio dispendio di mezzi del contribuente, pronosticando una nuova e decisiva banca per il Sud.

Bisognerebbe infine conoscere se esistano strategie specifiche per il Sud dei due maggiori intermediari, Banca Intesa e Poste Italiane, con le operazioni da poco avviate di potenziamento delle iniziative di penetrazione sul mercato dei pagamenti digitali, mediante la creazione di istituti di moneta elettronica.

Noi sosteniamo che in assenza di chiare azioni, delle quali si possano preventivamente misurare vantaggi e costi, prevalga il rischio di operazioni estemporanee, con le cui conseguenze faremo i conti tra qualche tempo.

Fino a che si opera in condizioni di emergenza per intervenire a posteriori e in affanno sui danni già avvenuti non ci sarà mai il modo per nuovi indirizzi e azioni di prevenzione basate su incisivi controlli, che mirino a colmare i ritardi bancari del nostro Sud.

 

 

 

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1 COMMENT

  1. Abbiamo chiesto in Bankitalia di poter disporre dei dati relativi alla struttura territoriale di Bancoposta, per comune, provincia e regione così da poter approfondire le caratteristiche dell’offerta creditizia a livello territoriale. In effetti, sta nascendo un giornalismo di qualità sul territorio, cui economiaefinanzaverde partecipa con entusiasmo, che esprime una domanda di analisi e conoscenza dei fenomeni finanziari ed economici. Pertanto, i dati postali sono essenziali se solo consideriamo che gli sportelli sono pari alla metà di quelli bancari nella media nazionale e il risparmio postale è circa 1/3 di quello bancario. Sono dati di tutta evidenza, impossibile da trascurare.

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