Leggibilità **. Tempo di lettura: lungo, tanto ancora per un po’ ne avremo, da gustare lentamente come un buon bicchiere di vino. Cliccate sui titoli dei singoli paragrafi per aggiungere una ineguagliabile emozione sonora. E non perdetevi il glossarietto alla fine!
A tavola conta più il buonumore dell’etichetta. Il primo dovere per chi siede a tavola è di portarvi serenità. Solo così il cibo diventa davvero amico e lo diventa pure il commensale.
Diceva un mio vecchio maestro di vita a chi aveva disturbi di stomaco. “Lei dove mangia?”. “Al ristorante”. “Si sposi e mangi a casa!”, rispondeva. Ma se la risposta era “A casa”, lui non aveva dubbi, “Vada a mangiare al ristorante!”.
E a noi studenti spiegava: non sono i cibi a far male, ma i cattivi discorsi che si fanno a tavola, le presenze ansiogene, cupe. Quasi sempre basta cambiare ambiente e compagnia ai pasti per guarire. Dal canto mio ci credo fermamente. Anche perché al di là della terapia, mi sono ormai convinto nei miei anni di vita trascorsi di città in città, di luogo in luogo, che le etichette possono cambiare anche fortemente.
Si beve dalla cannuccia o nel bicchiere, di cristallo o di vetro, le posate possono essere raffinate o basta la mano (come non ricordare Kipling?), ma una cosa non deve mai mancare in ogni circostanza: il buon umore che vede il cibo amico ed amico il commensale: “sora aqua, frate vino…”.
L’allegria del vino
Tranne pochi sfortunati tutti, tutti chi più, chi meno, beviamo vino. Ma il vino è una bevanda delicata e i suoi misteri deliziosi sono difficili da scoprire e da gustare nel giusto verso. Per riuscire ad apprezzare le sottigliezze del colore, del profumo e del sapore sono necessari allora particolari accorgimenti. Per essere padroni della vera arte del bere, per prima cosa occorre che il vino, appena uscito dalla cantina, abbia temperatura ideale, sia stappato a tempo debito, venga versato nei bicchieri e non subisca scosse troppo violente.
In ogni caso bisogna tener in massimo conto tre punti fondamentali: trasporto, temperatura e stappatura. In cantina le bottiglie vanno collocate coricate, inclinate o, in rarissimo casi erette, a seconda del tipo del vino, e la temperatura non deve subire brusche variazioni. L’oscillazione termica durante l’anno deve essere compresa tra i 12 e i 18 °C.
Appena le bottiglie prendono la via della tavola, devono essere poste in cestini di vimini, di rete d’argento o di altro materiale, mantenendole nella posizione che avevano in cantina e trasportandole senza scosse. Eseguire il trasporto con cautela è un fattore essenziale, soprattutto per i vini rossi molto corposi che, spesso hanno posata notevole, cosa che dà al vino un sapore piacevolissimo. Per eliminare il sedimento, conviene mettere in posizione verticale le bottiglie almeno quindici giorni prima di aprirle. Purtroppo pochi riescono ad essere così previdenti, ma chi non ci riesce, dovrebbe almeno dare tempo al suo vino di raggiungere la temperatura ideale.
I bianchi devono essere bevuti piacevolmente freddi o addirittura ghiacciati, mentre quelli rossi, a seconda dei tipi, devono essere freschi, naturali o leggermente caldi. Rovinare o servire in condizioni non ideali un vino che ha chiesto tante cure prima di arrivare in cantina, è quasi delittuoso. Un brusco cambiamento di temperatura o una scossa violenta, può essere fatale a molte qualità di vini rossi e a certi spumanti che hanno tendenza a “rompere”.
Sapete che ci sono delle temperature standard, per poter gustare nel modo migliore i vini, apprezzarne l’aroma, il sapore.
I più freddi dovrebbero essere gli spumanti, da 6 agli 8°C e su per una scala che arriva ai grandi rossi per i quali si prescrive una temperatura ambiente, fissata convenzionalmente a 18°C. Bene, qualcuno ha osservato, pero, che prescrive queste temperature per i vini al momento in cui vengono portati in tavola, in realtà può portare a qualche errore.
Mi spiego: se uno spumante arriva in tavola a 8°C., nel tempo di stappare la bottiglia e versare nei bicchieri, sale già a 9, 10°C., in pochi minuti arriva a 12 °C.: troppi. Per i rossi, potrebbe succedere il contrario, se l’ambiente è più freddo, ad esempio dello standard dei 18°C. Sono particolare che vale la pena di conoscere per farvi attenzione. Senza arrivare agli estremi di certi intenditori i quali sostengono che i gradi vini molto vecchi (parliamo di quindi, venti anni di invecchiamento) si dovrebbe servire addirittura a 20, 22°C.
Per raffreddare il vino bianco si può immergere la bottiglia in un secchiello con cubetti di ghiaccio o porta bottiglie termico, “che risulterà molto più comodo del tradizionale secchiello per il ghiaccio”. Per i vini rossi, come si fa, a proposito, a far salire la temperatura di queste bottiglie? Tenendole vicino a fonti di calore: un caminetto, un forno, ma con molta cautela e gradualità.
I vini rossi, in generale, vanno stappati per tempo in modo da fare perdere loro gli odori poco piacevoli assorbiti dal sughero e di consentire la valorizzazione del loro bouquet. Solo gli spumanti e i vini frizzanti vanno stappati e bevuti al momento.
Per i bianchi leggeri e rosé basta un’ora prima; per quelli forti, che appartengono a delle qualità solforate e molto aromatizzate, due ore prima; per i rossi leggeri giovani e per le riserve molto corpose, da sei a ventiquattro ore prima.
Per stappare una bottiglia, cosa che, a prima vista sembra che tutti sappiano fare, occorre grande attenzione. Prima cosa bisogna tagliare la capsula metallica sul bordo della “bocca” della bottiglia, pulire con cura la “bocca” e la testa del sughero e poi introdurre il cavatappi al centro del sughero, badando di non trapassarlo completamente per poi non ritrovarsi pezzi di sughero nella bottiglia.
Alla fine, occorre estrarre molto lentamente il tappo senza fare troppa forza. I cavatappi migliori sono quelli a vite e a leva. Tutto va fatto senza agitare la bottiglia. Tolto il tappo, è consigliabile annusarlo, perché, se avrà cattivi odori, significa che la bottiglia non è delle migliori e va scartata. Se l’odore non è molto forte, spesso succede che il vino si libera di tracce di odore a contatto con l’aria. E’ arrivato quindi il gran momento di mescere. Per prima cosa si “lava” il collo della bottiglia con un po’ di vino versandolo su un bicchiere o nel secchiello, poi, lentamente, si riempiono i bicchieri solo per un terzo.
Vino & bicchieri
Scegliere un menu accurato, con la giusta sequenza delle pietanze non basta: occorre abbinare i vani piatti ai vini più adatti, che ne sottolineino il sapore. E per ben apprezzare un vino, il suo bouquet, la sua armonia occorre il bicchiere della giusta forma. Un intero corredo di bicchieri, di linea semplice ma perfetta proprio per la degustazione di vari vini: dai calici per vino rosso ai tulipani per i bianchi, ai “ballon” per i vini da meditazione. Non mancano la caraffa e la candela per decantare i grandi vini da meditazione.
Un intero corredo di bicchieri per la degustazione dei vari vini: dai calici per vino rosso ai tulipani per i bianchi, ai “ballon” per i vini da meditazione. Non mancano la caraffa e la candela per decantare i grandi vini da meditazione.
Tre bicchieri in tavola (acqua, vino bianco o spumante e vino rosso), una perfetta suite di bicchieri, infine richiederà una caraffa, e un porta candele per eventuali decantazioni; questa operazione si fa con vini molto vecchi, che possono avere depositi sul fondo della bottiglia e che conviene far “aprire” perché riprendano vitalità ossigenandosi: si tratta di versare il vino dalla bottiglia nella caraffa lentamente, osservando il passaggio nel collo: quando arrivano le particelle solide del deposito, bisogna fermarsi. Quali e quanti bicchieri in tavola? L’ideale è di avere il bicchiere giusto per ogni diverso vino che viene servito.
Ci sarà sempre, naturalmente, il bicchiere dell’acqua e sarà posto davanti al commensale, a sinistra, più a sinistra degli altri bicchieri. Rappresenta un punto fermo, ovviamente, per tutta la durata del pasto. E poi ci saranno bicchieri per vini che saranno scelti per accompagnare i piatti del menu. Potrebbe essere anche un pranzo o una cena molto semplice, per cui sia previsto un solo vino “tuttofare”: e ci sarà e ci sarà solo il bicchiere per quel vino a destra del bicchiere dell’acqua. Potranno essere più d’uno i bicchieri e saranno disposti da destra a sinistra, fino a quello dell’acqua, nell’ordine in cui si prevede che saranno adoperati. Questo perché i vini si servono dalla destra. Perciò è giusto che il primo bicchiere a destra sia quello del primo vino.
Andiamo avanti. Se sono previsti un vino bianco e poi un rosso, ci saranno in tavola i relativi bicchieri, scelti secondo le caratteristiche dei vini stessi: un bicchiere per il bianco, quindi, uno per il rosso, uno per l’acqua. Nei rari casi in cui si abbiano più vini bianchi, o più vini rossi, o più bianchi e più rossi addirittura (sarà qualche super banchetto!) nasce il problema: mettere in tavola tutti i bicchieri oppure cambiare, man mano che si svolge il “simposio”? Il mio parere è che non ci debbano mai essere davanti al commensale più di un bicchiere per il bianco e uno per il rosso: non solo per non ingombrare, come ho già accennato, ma per evitare confusione, pasticci. Sarà molto più opportuno cambiare i bicchieri, man mano quelli adoperati non servono più e ne servono altri. Tutto ciò presuppone persone disponibili ed esperte: ma se si vogliono fare le cose in grande, bisogna farle anche bene, in modo completo.