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Creiamo supermercati di servizi per il rilancio dei borghi 3/3

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In questo ultimo articolo della trilogia dedicata alla riqualificazione di città e centri minori (trovi qui i due precedentiavanziamo una proposta per una nuova modalità di distribuzione dei servizi nelle aree che ne sono prive o che ne sono state private a causa del progressivo abbandono della popolazione attiva e dell’invecchiamento di quella rimasta.
I fatti di chi resta indietro

Piani di rilancio, di ripartenza, MES, NO-MES, piani di recupero e piani fantastici per la nostra Italia, così malata sotto molti aspetti è lo spettacolo cui stiamo assistendo. Il rischio di un crollo economico e sociale nei prossimi mesi, alimentato dalla recrudescenza del Covid e amplificato da cure che sembrano non curare, viene paventato da più punti di osservazione. Se non vogliamo cedere a questo confuso scenario dobbiamo trovare riferimenti positivi sui quali costruire strategie coerenti e concrete.

Una delle proposte sulle quali si va concentrando l’attenzione consiste nel rilancio socio-economico delle aree interne e specificamente dei borghi, di cui l’Italia è ricca.

Secondo i dati ISTAT, aggiornati al 2019, in Italia vi sono 7904 Comuni. Ben 5500 hanno meno di 5000 abitanti con una popolazione residente di quasi 10 milioni. Altri 18 milioni vivono in Comuni con popolazione tra i 5000 e i 20000 abitanti. Da questi numeri possiamo concludere che quasi la metà degli italiani (28 milioni su 60) vive in piccoli comuni. Le entità ancora minori delle frazioni, dei borghi e dei villaggi sono difficilmente numerabili.

Queste unità rappresentano, quindi, una parte ampia del Paese. Talune sono ai confini di estese periferie metropolitane, altre sono disperse e distanti dai grandi centri, con traiettorie di sviluppo deboli se non in continuo regresso. Molte sono pressoché abbandonate, con poche centinaia di abitanti, di solito in età avanzata. Molte sono situate in zone collinari e montagnose con collegamenti difficili, anche quando non sono esposti alle conseguenze di frequenti avversità metereologiche, che le isolano ulteriormente.

Nei confronti di questa configurazione, l’offerta di servizi pubblici e privati, già strutturalmente debole, negli anni della lunga recessione si è drasticamente ridotta in nome dei tagli perseguiti da molte organizzazioni come strategia di razionalizzazione dei costi: strutture della pubblica amministrazione (uffici territoriali dello Stato, uffici giudiziari e scuole), presidi sanitari (piccoli ospedali, ambulatori, unità di pronto soccorso), uffici postali, sportelli bancari sono alcune delle attività che sono state chiuse nei centri minori.

L’apertura di attività legate al tempo libero (ristoranti, agriturismi, resort, ora peraltro sotto gli effetti della pandemia) e segnali di ritorno all’agricoltura non sono tali da compensare nel tempo la riqualificazione attesa di questi territori.

Il saldo è a vantaggio dello spopolamento, della destinazione ad aree dormitorio ovvero del rifugio di parti anziane della popolazione. Lasciare che questi luoghi si isolino ulteriormente rappresenta un elemento di disgregazione sociale e di perdita di opportunità economiche.

La banda larga da sola non può tutto

I richiami a suggestioni d’ordine estetico-naturalistico ovvero storico-culturali non possono essere sufficienti a creare quello spostamento ordinato di popolazione che si vorrebbe ottenere, via via che procede la diffusione dello Smart working o altri cambiamenti delle organizzazioni. Salvare queste configurazioni urbanistiche, come è stato scritto, non è romanticismo ma logistica, infrastrutture, nuove competenze professionali, nuovi centri polifunzionali per distribuire servizi.

La connessione dei punti del territorio attraverso la banda larga diviene condizione necessaria, ma non sufficiente per passare da una vita contrassegnata da molti disagi a condizioni di esistenza più appetibili.

I benefici potrebbero essere individualmente accedibili solo da una parte della popolazione, non certo dalla maggioranza degli abitanti.

Ci vogliono progetti concreti e di programmata gradualità attraverso forme di assistenza in loco per compiere questa operazione di diffusione di servizi paragonabili a quelli dei contesti cittadini.

E’ un approccio che si integra a pieno con le proposte in termini di recuperi edilizi dei piccoli agglomerati e di altre opere per la salvaguardia ambientale dei territori, o di rilancio della agricoltura e dell’artigianato in condizioni di sostenibilità, nonché dello sviluppo dell’economia circolare.

La condizione essenziale alla rivitalizzazione dei borghi è l’accesso ai servizi, per agevolare la vita degli abitanti come cittadini, come consumatori e come produttori.

Torniamo quindi su una proposta già avanzata su questa piattaforma di costruire in queste realtà minori veri e propri supermercati di servizi, strutture polifunzionali, a carattere imprenditoriale pubblico/privato, in grado di aiutare anche la parte meno attrezzata della popolazione ad utilizzare i benefici della rete, facendola opportunamente assistere da addetti.

Questi luoghi dovrebbero assicurare anche la predisposizione di servizi culturali e per il tempo libero, creando un’adeguata socialità tra vecchi e nuovi abitanti.

Il ritorno al borgo non è inoltre da ridurre a manifestazione di edonismo individualista, perché vi si può lavorare in condizioni di minore stress, grazie all’affaccio su un bel paesaggio o a una passeggiata per boschi e campagne. Esso va visto anche come occasione per diffondere innovazione nelle comunità decentrate.

Siamo infatti convinti che le differenze tra cultura tecnologica dei nuovi arrivati e cultura più tradizionale degli stanziali possano trovare utile composizione, a vantaggio di una vera inclusione socio-economica.

Un Punto Borgo come luogo di fruizione collettiva di servizi da attingere via rete può aiutare anche il turismo interessato a lunghi periodi di permanenza, rafforzandone l’interesse a restare in territori con adeguati servizi.

Politiche di incentivazione nazionali ed europee

Il recupero dei centri minori e la valorizzazione delle aree interne sono considerati obiettivi strategici delle nuove politiche europee, con rilevanti risorse destinate a incrementarsi con gli stanziamenti per reagire alle conseguenze del COVID.  Esse sono chiamate a integrarsi con efficacia con altri fondi nazionali destinati.

I finanziamenti si ripartiscono tra il potenziamento dell’accesso ai servizi locali e lo sviluppo locale. Gli ambiti di intervento sono natura, cultura, turismo, mobilità e salute. Quindi pienamente confacenti con la ricerca di nuove modalità distributive.

Il Punto Borgo Smart

Il Punto Borgo dovrebbe disporre di adeguate dotazioni informatiche con la presenza di personale addetto all’assistenza degli utenti. Il fai da te del singolo tecnologicamente evoluto può non essere la soluzione ottimale.

Riteniamo infatti che lo smart working vada reso una prospettiva non solo di lavoro, ma di vita, grazie all’aiuto di sistemi organizzati, professionali ed efficaci, con tutta la gamma di servizi necessari ai bisogni del cittadino.

I servizi da fruire a mezzo di detta infrastruttura possono essere ricondotti, esemplificativamente, alla

A) prenotazione di visite sanitarie presso le strutture pubbliche, al pagamento dei relativi ticket, all’acquisto di prodotti farmaceutici, da ricevere a domicilio o da ritirare presso la struttura medesima, secondo i più diffusi canoni di consegna della moderna logistica

B) interlocuzione con la Pubblica amministrazione per tutte le pratiche gestibili da remoto, compresa l’effettuazione di pagamenti on line, interfacciando piattaforme pubbliche come PagoPa, ma anche con macchine per la distribuzione di contante via apparecchiature ATM;

D) prenotazione e pagamento di testi scolastici, gestione del prestito libri da biblioteche comunali e acquisto biglietti per spettacoli;

F) fruizione collettiva on line di eventi quali conferenze e lezioni universitarie, di corsi di aggiornamento professionale e di interlocuzione con le organizzazioni di categoria, quali associazioni agricole, artigianali, industriali.

G) proiezione collettiva di film e altri eventi artistici dalla rete;

H) organizzazione di piattaforme di market place, per la commercializzazione di prodotti tipi della zona.

Altri servizi potrebbero essere sviluppati anche attraverso convenzioni con banche, assicurazioni, poste per rendere ancora più ampio il soddisfacimento di esigenze da remoto.

Il borgo, il villaggio, le piccole comunità si rafforzerebbero tramite la creazione di luoghi identitari per la condivisione e il soddisfacimento di questi bisogni. La dislocazione di questi punti di erogazione di servizi può avvenire presso luoghi di ritrovo pubblici o privati, quali negozi, farmacie, tabaccherie, piccoli supermercati, biblioteche, centri di assistenza quali misericordie e ambulatori medici, circoli culturali o ricreativi, ovvero essere collocati autonomamente sul territorio, stanti i numerosi ambienti che nei centri minori sono ormai vuoti.

Le infrastrutture tecnologiche sono costruite da apparati di comune utilizzo come computer, video, telecamere, stampanti, collegati stabilmente alla rete Internet.

Ove necessario, si potrebbe pensare ad arredi per comodità ed esigenze di riservatezza dell’utente (in caso di passaggio di informazioni e dati personali) e di sicurezza (in caso di trasferimento di valori). Insomma una postazione multifunzione dedicata, replicabile e modulare.

La preparazione degli addetti andrebbe assicurata con appositi interventi formativi, affinché non abbiano a soffrire qualità e tempi dei servizi. La presenza di personale giovane dovrebbe mantenere alta la qualità dei servizi, da controllare attraverso appositi ritorni richiesti all’utenza per valutare anche i progressi in tema di gap digitale delle persone meno attrezzate.

Conclusioni e iniziative

Questa breve descrizione è destinata a fornire uno schema per progetti volti ad assicurare servizi essenziali agli abitanti delle comunità minori.

I vantaggi diretti sono facilmente intuibili, soprattutto per il recupero della pienezza dell’appartenenza alla comunità che richiede pari dignità con gli abitanti delle città, in una cornice di inclusione tanto sociale quanto economica.

Va da se’ che l’avvio di un progetto del genere si presterebbe alla realizzazione di un vero e proprio modello di Punto-Borgo-Smart, in grado di sfruttare a pieno i benefici della tecnologia, anche per la promozione commerciale di prodotti e servizi, attraverso la diffusione di portali del territorio, gestiti mediante queste strutture.

Attorno alle stazioni multi servizi assistite potrebbero essere anche organizzate forme finanziarie innovative quali il crowdfunding e il social lending, per convogliare risorse verso iniziative mirate. Allo scopo potrebbero essere d’aiuto nuovi intermediari finanziari come gli istituti di pagamento e strumenti come i conti di pagamento, quasi sconosciuti in Italia nelle loro peculiarità e potenzialità, da integrare in piattaforme di market place.

Più in generale, questi empori polifunzionali si porrebbero come catalizzatori per il microcosmo di tutte le attività che arricchiscono la cultura locale e contribuiscono alla loro sostenibilità economica.

La proposta più immediata è di sollecitare un confronto tra istituzioni e operatori di mercato, affinché tutto il battage sulla ripresa della vita nei borghi non resti uno sterile slogan, come i tanti ai quali siamo purtroppo abituati.

E’ da auspicare anche che si affermino start up in grado di disegnare progetti esecutivi per uno standard del Punto-Borgo-Smart fattibile e riproducibile, secondo una visione strategica che accompagni la politica di recupero dei centri minori.

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