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La deflazione delle banche italiane durante la pandemia

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I tre paragrafi che seguono raccontano altrettante novità della finanza italiana, da cui si consiglia di stare alla larga per i motivi che vedremo. Sono cose nuove venute alla luce durante la pandemia tanto che si sono creati dei neologismi per poterle illustrare al meglio.

Tutto scorre e tutto rimane dove e’

La Relazione di Bankitalia è una ricca miniera di dati e informazioni, che vale la pena di sfruttare per approfondire i comportamenti delle banche durante la pandemia. Comportamenti a doppio binario in quanto da un lato hanno espanso l’intermediazione, grazie alle garanzie statali, e dall’altro la hanno riassorbito con un effetto netto sull’economia di tipo deflazionistico. In questo breve articolo lo vedremo mettendo insieme i dati della Relazione, pochi ma essenziali tra i tanti resi pubblici. La dicotomia balza subito in evidenza ed è drammatica perchè è un cortocircuito finanziario che si avvita su se stesso. Qualcuno potrebbe pensare a che servono le nostre banche anche in prospettiva dei miliardi che dovranno arrivare dall’Europa. Come riempire una diga con l’acqua che vi rimane dentro e non defluisce a valle. Chissà se il G20 finanziario che va in scena a Venezia in questi giorni si occupa anche di simili questioni. Provo a sintetizzare quel che ho capito parafrasando Bankitalia.

I prestiti delle banche italiane nel 2020 sono aumentati del 4,1 per cento,il valore più elevato dallo scoppio della crisi finanziaria globale del 2008. Nei dodici mesi terminanti a marzo del 2021 le banche italiane hanno erogato prestiti con garanzia dello Stato per 157 miliardi, pari al 17,7 per cento dei finanziamenti alle imprese in essere alla fine del periodo e a circa un terzo di quelli complessivamente erogati nell’anno.

La raccolta al dettaglio è aumentata del 9,5 per cento grazie al cospicuo afflusso di depositi dai residenti, di poco inferiore a 170 miliardi, di cui oltre la metà proveniente dalle imprese. Queste hanno incrementato i propri depositi di oltre un quarto a causa sia della forte contrazione degli investimenti, sia degli effetti delle misure di sostegno alla liquidità varate dal Governo.

Il credito addizionale

Nell’ambito del piano di interventi per limitare gli effetti della pandemia sull’attività produttiva, nella prima metà del 2020 il Governo ha potenziato l’operatività del Fondo centrale di garanzia (FCG) con l’obiettivo di favorire l’accesso al credito per un’ampia platea di piccole e medie imprese.Per le banche la presenza della garanzia pubblica consente di annullare l’assorbimento di capitale sulla quota di prestito coperta dal Fondo.
Il DL 23/2020 (decreto “liquidità”) ha introdotto tre principali programmi di garanzia offerti dall’FCG: (a) finanziamenti garantiti al 100 per cento per importi fino a 30.000 euro; (b) finanziamenti garantiti dall’FCG al 90 per cento e fino a 5 milioni1; (c) operazioni di rinegoziazione e consolidamento dei crediti esistenti con garanzia pari all’80 per cento.È stata inoltre innalzata sino all’80 per cento la copertura per i finanziamenti concessi utilizzando i programmi dell’FCG già esistenti. La legge di bilancio per il 2021 ha prolungato l’operatività di questi provvedimenti legata all’emergenza pandemica, originariamente prevista al 31 dicembre 2020, fino al 28 febbraio per le grandi imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499 e fino al 30 giugno 2021 per le altre PMI.

Dall’introduzione dei nuovi programmi, la concessione della garanzia dell’FCG ha riguardato circa 42 miliardi di prestiti nel secondo trimestre, altrettanti nel terzo e 36 miliardi nel quarto.
La ripartizione delle garanzie tra i diversi programmi dell’FCG è mutata nel 2020: nel secondo trimestre il ricorso ai prestiti garantiti al 100 per cento, fino a 30.000 euro, è stato particolarmente rilevante; nei due trimestri successivi sono invece aumentate le quote dei finanziamenti garantiti al 90 per cento, di maggiore importo, e di quelli concessi ai fini della rinegoziazione e del consolidamento dei crediti esistenti.

Le differenti caratteristiche dei programmi dell’FCG e il diverso grado di copertura della garanzia si riflettono in una marcata eterogeneità nella loro capacità di accrescere la disponibilità di finanziamenti per le imprese rispetto all’ammontare di credito accordato dalla banca prima dell’accensione del prestito garantito. In particolare i prestiti con copertura al 100 per cento sono stati associati a una maggiore erogazione di credito addizionale nel confronto con gli altri programmi di garanzia pubblica, nell’ordine dell’85 per cento delle garanzie concesse nel primo trimestre di erogazione. Il calo della capacità di accrescere il credito osservato tra il secondo e il terzo trimestre dell’anno, quando il credito addizionale è sceso mediamente per il complesso dei finanziamenti dal 63 al 56 per cento dell’importo delle garanzie, è dovuto all’aumento delle quote dei finanziamenti garantiti al 90 per cento e dei prestiti rinegoziati rispetto a quelli con garanzia integrale. L’ulteriore calo nell’ultimo trimestre, al 38 per cento, rispecchia invece un andamento comune a tutti i programmi dell’FCG e potrebbe indicare un più diffuso utilizzo dei prestiti garantiti per il rinnovo di finanziamenti in scadenza.

Detto in altri termini, il credito addizionale è pari al credito erogato con garanzia pubblica meno quel che la banca ha recuperato al proprio debitore per alleggerire la sua esposizione. Ciò era in facoltà della banche e non c’è dubbio che lo hanno fatto. Mancano evidenze quantitative ma se tale fenomeno ha riguardato il 10/20 per cento dei 120 miliardi di cui sopra la decurtazione è stata pari a 12/24 miliardi di euro, altra zavorra alla deflazione sistemica.

La vigilanza dei cold cases 

In un precedente articolo avevo coniato un interessante neologismo per illustrare la vigilanza sulle banche fallite che continua dopo che sono morte e si arricchisce, grazie anche al prezioso lavoro della magistratura di nuove evidenze ed approfondimenti, quasi sempre sconvolgenti come accade nei delitti irrisolti da tempo. Ad esempio, il MPS è un caso irrisolto da tempo e pare che ci vogliono ben 20 miliardi di euro tra riffa e raffe per rimetterlo in sesto. Sui cold cases puntualmente arriva una autorevole conferma dalla relazione di qualche giorno di Visco all’ABI, in cui mi pare che si archivia la vigilanza prudenziale e quella di risoluzione delle crisi per puntare la lancia sulle piccole banche, strutturalmente finite da tempo, cold cases in verità. Ecco cosa ci dice con tono neutrale come se provenisse da un altro pianeta con riferimento alle banche di dimensione minore, dimenticando MPS e il drappello di banche (un vero record) che ha visto sparire con serenità durante il suo doppio governatorato.

“Non è da escludere che nel prossimo futuro si verifichino casi di crisi. Gli effetti della recessione, infatti, si aggiungono a difficoltà strutturali derivanti da modelli di attività non sostenibili e da carenze nel governo societario che abbiamo più volte invitato, spesso non adeguatamente ascoltati, a superare.

In assenza di chiare prospettive di rilancio e a fronte di inerzia degli organi dirigenti e della compagine sociale, potremo dovere assumere, analogamente a quanto fatto negli ultimi mesi, misure a tutela dei depositanti, con l’obiettivo di contrastare l’innesco di crisi difficilmente reversibili.”

Quali sono queste banche ? Bah. E chi è da biasimare per averle ridotte così? Bah e bah.

In conclusione, navighiamo tra comportamenti deflazionistici delle banche, ne abbiamo visti ben tre  in questo articolo, e minacce e maledizioni dei controllori, invero per i più piccoli. E a noi comuni mortali, anzi disattenti risparmiatori privi di educazione finanziaria e di roboanti titoli di studio non rimane che chiederci cosa abbiamo fatto per meritarci tutto ciò, oltre alla pandemia. Per il virus ci siamo vaccinati e per la malafinanza esiste un vaccino altrettanto efficace e poco costoso ?

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1 COMMENT

  1. In tutto questo l’attenzione dei politici politicanti e degli imprenditori prenditori rimane rivolta sempre al risparmio privato dei cittadini comuni che, stante anche le paure per una crisi socio-pandemica lungi dall’essere mai definita, hanno pure stretto ancor di più la cinghia nel tentativo di garantirsi un futuro senza stenti.
    Forza azzurri, cantiamo tutti noi italioti del pallone, perché i problemi, in un modo o nell’altro, troveranno soluzioni ….. gli uomini della provvidenza che si candidano sono tanti, muti, petulanti, arroganti, modesti, competenti e incapaci.
    Si dice che gli struzzi nascondono la testa nella sabbia quando hanno paura, incuranti di lasciare allo scoperto il loro enorme culone …… Noi abitanti del Bel Paese ci rifugiamo intanto nel pallone e tifiamo fiduciosi, sempre però per bande, opportunisticamente accomunati nel colore azzurro!

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