Home Europa Coerenza e Credibilità in politica e nelle istituzioni

Coerenza e Credibilità in politica e nelle istituzioni

2661
3
Sandro Botticelli, La calunnia

Tempo di lettura: 3’. Leggibilità **.

Coerenza e Credibilità, negli ultimi anni, ancor più in questo particolare momento per Il Paese, non sono state di sicuro protagoniste nel teatro politico. In certi casi non hanno neanche avuto ruoli di mera comparsa.

Si fa fatica in questo quadro a riconoscere i valori che un comune cittadino auspica per l’immagine del proprio Stato.

Negli ultimi due mesi abbiamo assistito ad un susseguirsi di dichiarazioni e rettifiche, modifiche e chiarimenti.

Era il 10 aprile 2020 quando Conte dichiarava:”Mes No. Eurobond sicuramente sì”.

Eppure il 22 aprile 2020, il Premier chiariva:”Sì al Mes, perché lo chiede la Spagna. Da noi decideranno le Camere.

Ma il 23 aprile 2020, durante il Consiglio Europeo, l’Italia accettava (neanche proponeva) di introdurre il Recovery Fund, una proposta della Francia.

Qualunque sia il piano di cui si andrà a discutere, per la mutualizzazione del debito, si dovrà necessariamente arrivare ad un compromesso poiché restano di fatto le distanze tra i paesi ed in merito all’iter, è tutto ancora da decidere e sicuramente se ne vedrà la luce non prima di gennaio 2021.

Eppure, anche in questa fase, abbiamo assistito a dichiarazioni di vittoria per risultati raggiunti che però non coincidono con le dichiarazioni per le quali, colui che riveste attualmente il ruolo di Premier, si è speso a nome dei suoi cittadini. 

Giusti o meno che fossero gli intenti, di sicuro sono stati brillantemente superati da decisioni altrui palesando di non avere un grande peso politico nella ‘scena europea’.

Dalla dichiarazione dello Stato di emergenza al primo decreto inerente le misure da adottare in questa fase di emergenza, trascorrono 26 giorni circa.

Nonostante l’emergenza sanitaria, intanto ci godiamo Sanremo, ci incontriamo per un apericena, andiamo tranquillamente ad assistere alle partite di calcio: è solo una banale influenza che però ha richiesto la dichiarazione di emergenza sanitaria del Paese.

Premesso che l’art. 16 della Costituzione così recita: “Ogni cittadino può circolare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la LEGGE (non i DPCM) stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.”, che cosa accade?

Viene alla luce, dopo circa un mese dalla dichiarazione di emergenza sanitaria nazionale, non una Legge approvata in Parlamento (essendo l’Italia una Repubblica democratica nella quale il Parlamento rappresenta l’organo principale della Democrazia), ma un  DPCM, un mero atto amministrativo, il primo dei tanti a cui l’Italia intera si deve adeguare. 

Ci si aspettava oltre l’imposizione di misure restrittive adottate per la sicurezza sanitaria, quantomeno anche un piano economico.

Può un Paese attendere un mese dalla dichiarazione di emergenza nazionale per leggere un atto amministrativo che porta il nome di Decreto del Presidente del Consiglio, donandogli una sorta di autorevolezza, nel quale ci viene detto ‘semplicemente’ come comportarci?

Nel frattempo, per quanto la dichiarazione del Ministro della Salute del 31 gennaio tendesse a rassicurare i cittadini sulla Sanità, ritenendola pronta a reagire a questa battaglia, scopriamo che medici e operatori sanitari si trovano sprovvisti di tutta l’attrezzatura che occorre proprio per affrontare l’emergenza.

Soltanto dopo un mese si indicono gare in Consip per mascherine e dispositivi di sicurezza che, una volta giunte, sono contestate in quanto non idonee, cioè non omologate secondo i criteri di certificazione europea. Tacendo di altri scandali da mascherine!

Star dietro quotidianamente alle dichiarazioni di queste figure che ruotano intorno ad un Governo che ruota intorno all’Europa, che ruota intorno a se stesso, rincorrendo dichiarazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità per poi decidere da solo, è diventato complicato. Occorre essere dotati di lucidità e soprattutto di memoria.

Nel frattempo, tutte le partite IVA e le imprese sotto ogni ragione giuridica che producono PIL e sostengono economicamente la macchina dello Stato, che non le paga i crediti accumulati, stanno affondando… tra fallimenti, chiusura attività, licenziamenti, cassa integrazione.

Le banche poi avanzano ogni ragione per rallentare la loro funzione di erogazione dei benefici di liquidità. Sul punto il Governo tace. Perché non fa la voce grossa con le banche?

Non si può giocare con le parole (i proclami, le rassicurazioni, le scuse) e con i numeri (la ridda dei miliardi per il rilancio dell’economia sui quali la sfida per capire la strategia è aperta).

L’incapacità non è odierna, è di anni, ma mai come oggi si è palesata così prepotentemente, complice il virus. L’opinione pubblica ha la sensazione che si navighi a vista. E dunque, in soccorso, si nominano 15 task Force di cui non si comprende il valore aggiunto. 

Nel frattempo sono passati 4 mesi in cui i ritardi si accumulano.

I 600€ sono giunti solo ad alcuni. Restano fuori più di 50mila persone che probabilmente vedranno a maggio il bonus di marzo.

I 25mila euro di cui si fa garante lo Stato al 90%, prima che le banche li rilascino chiedono non meno di venti certificazioni.

Dei soldi per la Cassa Integrazione non v’è traccia. Di fatto dovevano essere assicurati entro il 16 aprile.

Come può chi rappresenta le Istituzioni, dichiarare di impegnarsi con il Paese attraverso misure precise per poi rendersi conto della impossibilità che possano attuarsi per le difficoltà palesatesi e giungere a chiedere che si risolvano con un’atto d’amore, come è stato detto da questa nuova affabulatrice dialettica politica?

L’emergenza era l’occasione che doveva cominciare a liberarci del mostro che ci divora: la burocrazia. Si è fatto in modo che si rafforzasse. Ogni calamità la alimenta. Dai terremoti, alle alluvioni, ai ponti che cadono, alle scuole fatiscenti. Ora tocca alle conseguenze economiche della crisi sanitaria.

Quattro mesi da poco sono decorsi e siamo al 5 maggio.

Così, il Decreto di Aprile 2020 che tanto doveva risolvere è già slittato, … ei fu, siccome immobile? con tutto quello che segue dell’ode manzoniana, in attesa di altre fatali dichiarazioni in televisione e in parlamento del capo del governo e di teatranti vari della politica, con partiti di maggioranza che fanno opposizione e partiti di opposizione che si associano alla maggioranza.

Intanto, in Germania, la Corte costituzionale ha emesso una sentenza che vuole che gli aiuti europei della BCE siano distribuiti su base proporzionale al peso dei Paesi. I nostri politici già dicono che è cosa di poco conto e che tutto si risolverà presto e a nostro vantaggio. Vorremo credere che sia così, ma i dubbi aumentano. E fanno emergere il ruolo di un altro nostro campione nazionale che ha guidato la BCE e la sua tanto osannata politica monetaria anticonvenzionale, la quale alla fine non ha contributo a far uscire il Paese, unico in Europa, dalla crisi del 2008. Sarà un nostro futuro governante?

Previous articleAi Weiwei: “Odyssey”, Arte e Migranti
Next articleTraversando le campagne prima e dopo il virus

3 COMMENTS

  1. Sull’ultimo punto sollevato nell’articolo dispiace e sorprende che il Ministro Gualtieri abbia liquidato il tutto con un “per noi non cambia nulla”. Ieri su Linkedin ho pubblicato un post con la decisione della BCE riguardo alla sentenza della Corte tedesca sulla politica monetaria dell’Eurozona. Ci sono state quasi 200 visualizzazioni,a dimostrazione di un certo interesse a questi temi. Oggi quindi ho pubblicato la nota in inglese per la stampa dell’organo tedesco. Chiunque può farsi una idea precisa dei temi in gioco come ben detto nell’articolo di Lucrezia. Si parla di Europa, dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, dei limiti e dei rischi della Politica Monetaria fin qui seguita dalla BCE. Mettendo insieme le fonti istituzionali (BCE, Corte di giustizia europea e Corte Costituzionale tedesca) a nostra disposizione possiamo assistere virtualmente ad una lezione sul significato dell’Europa e dell’euro. Per evitare le sintesi giornalistiche,spesso frettolose, e di ammalarci di analfabetismo di ritorno ora che abbiamo tempo da spendere.

  2. Credo anch’io che ci sia ancora poca dimestichezza con le normative europee le quali diventano oggetto di diatribe politiche prima che di effettiva comprensione delle loro conseguenze su di noi. Abbiamo visto altri casi in questi anni. Dagli aiuti di stato, ai salvataggi bancari, alla Unione bancaria, etc.. Sono convinto che dovremmo fare uno sforzo maggiore per entrare nelle ragioni dei provvedimenti, prima di avventarci su di loro per demonizzarli o per minimizzarli.

  3. Mi pare, se non vado errato, che il parlamento europeo è sempre stato visto dalla politica italiana come un cimitero degli elefanti. Vecchi pachidermi o similari relitti appostati li da tutti gli schieramenti non potevano quindi produrre dei risultati per loro impossibili, sia per incapacità o per nessuna voglia di fare. Il loro mandato sarebbe stato anche quello di studiare le regole, valutare i provvedimenti, riferire e coordinarsi con i parlamenti/parlamentari di riferimento. Lamentarsi di inadeguatezza oggi mi mi appare quanto mai ingenuo. Del tipo che abbiamo delegato politicamente a nostra insaputa.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here