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Breve storia delle foreste 2/4

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Da Dahumel Du Monceau
Tempo di lettura: 4’. Leggibilità **.

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I Germani nel rapporto con la foresta ed i pesanti tagli delle truppe alleate.

I Germani consacravano i boschi con grandi querce alle deità da loro venerate, boschi che venivano con cura conservati e pertanto detti Hagen o Heine (dal verbo hagen=conservare): simili ai boschi della Scandinavia consacrati a Odino denominati Lunder (anche oggi, come nel recente passato, le fronde di quercia si ritrovano nelle mostrine e nelle premiazioni dell’esercito tedesco).

Inoltre, gli Dei si radunavano quotidianamente sotto il frassino sacro detto “Idrasio” per amministrare la giustizia secondo la mitologia celtica.

Sarebbe stato un sacrilegio recidere un albero senza autorizzazione del sacerdote addetto alla custodia: secondo Tacito gli antichi Semioni entrarono nei boschi sacri avvinti da catene e ceppi per sciogliere gli obblighi da essi professati alle potenze invisibili espiando così le loro colpe.

Cesare ebbe molto da fare per convincere le proprie coorti all’abbattimento di alberi che impedivano operazioni belliche poiché i soldati erano convinti che i colpi di accetta vibrati contro i sacri tronchi di quercia avrebbero provocato l’uscita di sangue e lamenti ed i colpi stessi di accetta sarebbero rimbalzati contro di loro.

Questo rispetto dei Germani verso la foresta è emerso in effetti anche durante l’ultima guerra. Dopo l’armistizio italiano con le truppe alleate, la conseguente occupazione tedesca fu causa anche della utilizzazione di vari boschi e foreste per costruzioni militari, riparazioni di ponti, ferrovie danneggiate da attacchi aerei e per riscaldamento. La realizzazione della famosa “linea gotica” sui crinali appenninici dall’ organizzazione Todt, comportò il taglio di un grandissimo numero di piante di faggio, abete, quercia con cui si coprivano le trincee ed i fortini prima di essere interrati. Vi lavoravano numerosi operai italiani rigidamente diretti dalla Todt i quali provvedevano anche all’ abbattimento degli alberi.

A parte tanti episodi di carattere tecnico su un nuovo, moderno modo di organizzazione dei lavori a cui gli italiani non erano avvezzi ed al comprensibile timore di essere vincolati ad un inflessibile esercito straniero reso ancor più ostile dalle controverse vicende italo-tedesche, sono interessanti alcune osservazioni.

Salvo eccezioni che confermerebbero la regola, nelle utilizzazioni boschive i germanici avevano rispetto per la foresta: raccontano i nostri operai che sceglievano le piante con criteri selvicolturali senza devastare i boschi. In qualche caso vi erano Forstmeister (Maestri forestali) oppure obbligavano la Forestale (allora Milizia forestale nazionale) a collaborare con loro nelle utilizzazioni. Insomma, i tedeschi, resisi feroci nelle rappresaglie con le popolazioni, d’altro lato sembravano ancora conservare quell’ ancestrale “senso divino” della foresta come ai tempi di Cesare, ovvero una specie di superstizione che i popoli primitivi, dominati dagli istinti, “innestarono” nella morale e nella religione.

Insomma, le requisizioni, anche le più grandi, in genere non compromisero la vita dei boschi come invece avvenuto in due eventi storici sia pur distanti l’uno dall’altro: la necessità di legname da parte dei Romani per l’espugnazione di Cartagine per cui le foreste di Chiusi, Perugia, Rugella subirono vere e proprie rapine, come pure quelle di Arezzo.

Il secondo esempio è quello delle devastazioni effettuate dalle truppe alleate nell’ ultima guerra (a dire il vero insieme agli italiani!) sull’ altipiano della Sila ed in molte altre foreste italiche compreso l’irrispettoso e vasto taglio raso dell’abetina prospiciente il celebre Convento di Camaldoli, reimpiantata successivamente dall’amministrazione forestale italiana.

Sullo studio delle foreste, come dice del resto Berenger nella sua “Archeologia forestale”, “ha meritato appunto assai la Germania coltivatrice indefessa di questa scienza, di cui, se non unica depositaria, certo deve essere riconosciuta la prima ad indagare le  origini e segnarne i progressi ed applicare saggiamente le cardinali dottrine.

Preparazione assortimenti legnosi in foresta

“Per mantener anzi, e rivendicar se stessi, questo primato, accamperebbero gli Alemanni, che la scienza del governo dei boschi sorgesse prima fra loro, e si facesse ad emergere al tempo dei capitolari di Carlo Magno; progredendo poscia ben lentamente, sino a quando il loro Carlo di Carlovitz nella sua “Sylvicoltura oeconomica” (Leipzig 1713) tolse ad estrarne, e separarne, gli insegnamenti dal gran corpo delle dottrine e delle Leggi agrarie e venatorie di cui le forestali non erano tenute che parte, e questa parte secondaria, confusa, e quasi a dire sepolta”.

Ed ancora… “gli stessi Alemanni, come giunsero a contatto con le istituzioni e le Leggi di Roma, le quali si estendevano a tutte le parti della vita sociale derivarono pur essi naturalmente da questa fonte inesausta anche i princìpi come delle Leggi, così d’ogni più retto modo di governare ogni parte di pubblica o privata economia: quella massimamente dei boschi, fra cui vivevano, e dalla cui prosperità e conservazione tanto più ritraevano di vantaggio, quanto più colla civiltà romana provenivano ad essi le più acconce Leggi e metodi più sicuri a sempre meglio garantirli e giovarsene”.

Non così può dirsi dei Longobardi che si impadronirono con la forza dei territori devastando tutto ed uccidendo i proprietari: solo dopo molto tempo si stabilì con le popolazioni italiane un regime di semilibertà con i barbari.

Contrariamente a quei Germani che avevano dato luogo ai regni romano-barbarici, non si ritenevano i Longobardi successori degli imperatori romani e, per la loro presunta superiorità, non subirono il fascino di Roma sovrapponendo spesso istituzioni tribali al diritto ed alle istituzioni delle popolazioni sottomesse.

Molte genti, terrorizzate dai soprusi, dalle rapine, dalle violenze dei dominatori, si ritirarono in lontane campagne e foreste dove potevano praticare solo un’agricoltura ed una selvicoltura primitiva, comunque tale da garantire loro la sopravvivenza.

Problemi delle attuali foreste

Descrivere la situazione mondiale delle attuali foreste comporterebbe un impegno non indifferente e molto spazio.

In molti casi, troppi, si ha una distruzione od una profonda trasformazione degli ecosistemi naturali per fini vari riconducibili a coltivazioni agrarie o piantagioni di piante da frutto, ad allevamenti di bestiame, a costruzioni edili ed infrastrutture, ad escavazioni per ottenere minerali pregiati al punto che in qualche caso (vedi Amazzonia) si ricorre agli incendi per eliminare la foresta, incendi talvolta provocati anche da cause naturali che possono assumere dimensioni enormi (Australia, Yellowstone, ecc.). Da aggiungere, poi, le estese devastazioni causate, anche in Italia, da funesti fenomeni metereologici. Continua.

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