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C’era una volta il Corpo Forestale dello Stato

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Tempo di lettura: 5’. Leggibilità **.


Dopo il mio articolo Caos Ecologico e Terminologico ho ricevuto alcuni messaggi che mi chiedono di scrivere della
 soppressione del Corpo Forestale dello Stato, del quale ho fatto parte per molti anni. Mi accingo a farlo con taluni ricordi personali e alcune amare riflessioni.

Il Corpo Forestale dello Stato, organo tecnico nazionale con due scuole per guardie e sottoufficiali, a cui fanno riferimento varie corsi di laurea universitari in Scienze forestali, con una Accademia italiana in Scienze forestali come importante collegamento scientifico, fondata da Einaudi, Fanfani ed altri illustri personaggi, ha una lunga storia, concrete esperienze e tangibili risultati sulle montagne appenniniche e sulle Alpi.

Il 20 giugno 1877 fu creato il Real Corpo delle Foreste per unificare le leggi e le normative forestali degli Stati italiani, una marea di disposizioni spesso contraddittore tra loro e non garanti della conservazione delle foreste e dell’ambiente.

Successivamente si potenziò nel 1910 con la Legge Luzzatti l’attività del Corpo, si creò il Demanio forestale dello Stato e si dette dignità a tutti i livelli alla istruzione forestale. Poi venne la Legge forestale di cui al R.D. del 1923 con estesi rimboschimenti e sistemazioni idraulico-forestali, il R.D. 13 febbraio 1933, n. 215 (bonifica integrale: montagna, pianura, assegnazione delle terre ai contadini), la Legge della Montagna di Fanfani del 1952 importante per la difesa del suolo e per la disoccupazione imperversante nel difficile dopo guerra.

Così come furono importanti i cosindetto Piani verdi ed altre Leggi aventi medesimi scopi. Da considerare inoltre gli aspetti culturali, scientifici e di collaborazione con Paesi esteri, nonché quelli sociali per il costante presidio della montagna e l’occupazione creata dalle varie attività, vero tesoro per le povere popolazioni montane. Storicamente l’amministrazione forestale dello Stato ha cambiato più volte denominazione: da Real Corpo delle Foreste a Milizia forestale nazionale a Corpo Forestale dello Stato.

Ciò premesso, sembra che sia avvenuto su pressione dell’Unione Europea che il governo italiano abbia dovuto ridurre le forze di polizia ma, se così fosse, l’improvviso trasferimento dei forestali all’Arma del carabinieri come forza di polizia è in contraddizione con il fatto che i forestali, sia pur con funzioni di polizia, erano e erano stati assunti dallo Stato come civili a tutti gli effetti.

Non sono da escludere tuttavia motivi politici che abbiano influito, pur essendo presenti aspetti di incostituzionalità sulla nuova collocazione militarizzata visto, altresì, l’esito negativo di vari ricorsi. Personalmente ritengo che si sarebbe dovuto avere una posizione più ferma e decisa da parte della dirigenza del Corpo con mobilitazione dei 7.000 forestali, la maggior parte dei quali contrari alla trasformazione in Carabinieri. Anche l’onere economico della transizione non è stato da poco, considerando divise, automezzi, conversione uffici, apparecchi elettronici, ecc. Ma tant’è: “vuolsi così colà dove si puote e più non dimandare”!

Pertanto non troviamo più i forestali a presidio della montagna trascurata da decenni anche nelle buone intenzioni senza interventi selvicolturali e idraulico-forestali come si dovrebbe e molte perplessità sorgono dall’attività dei vari Enti, Comunità montane, Consorzi di bonifica, Comuni, Unione dei comuni, ecc. e chi più ne ha ne metta.

Non c’è più una politica forestale omogenea e c’è il rischio di ritornare alla confusa situazione selvicolturale del 1877 dei vari Stati e Staterelli d’Italia onde per cui, per normalizzarla, si creò appunto il Real Corpo delle Foreste con varie Leggi e disposizioni forestali a supporto. La trasformazione dei forestali italiani in carabinieri forestali suscita financo ilarità negli ambienti forestali stranieri che la definiscono “una assurdità tutta italiana”.

Eppure il suo prestigio era internazionalmente riconosciuto, come dimostra questa foto.

Dopo aver ascoltato la relazione italiana sul miglioramento genetico del patrimonio forestale italiano al 7^ Congresso internazionale sullo sviluppo delle foreste tenutosi a Buenos Aires nel 1972, il Vice Ministro dell’Agricoltura della Repubblica Popolare Cinese venne in Italia con la sua delegazione, in cui vi erano anche rappresentanti dell’Accademia delle Scienze di Pechino, per una visita conoscitiva degli impianti, delle tecniche, delle ricerche e delle macchine del Centro sementiero-vivaistico di Pieve Santo Stefano (Arezza) che oggi si occupa anche di biodiversità. Nella foto il Vice ministro consegna uno storico vasetto cinese in segno di ringraziamento verso l’Azienda delle Foreste Demaniali e del Corpo Forestale dello Stato.

Errori ne ha purtroppo commessi il C.F.S. come, nell’acquisizione di terreni all’Azienda di Stato Foreste demaniale, la gestione di aziende agrarie incluse nelle aree boscate, attività impropria mancando spesso le condizioni tecnico-economiche per utili investimenti e conduzioni.

Ma nel complesso l’attività del C.F.S. è da considerarsi positiva in particolare nell’applicazione della Legge della Montagna, dei Piani Verdi e di altre Leggi ove ha mostrato di saper offrire un notevole e sentito supporto sociale nei riguardi elle povere popolazioni montane.

Fino a poco tempo fa circa il 50/60% dei nostri boschi risultavano abbandonati, soprattutto i boschi cedui perché a reddito negativo. Poi, per la notevole domanda di materiale “cippato” e per “pellet”, si è tornati ad utilizzarli, ma spesso con criteri selvicolturali non perfettamente in linea con le normative forestali regionali e nazionali e uso di mezzi pesanti che sconvolgono il suolo e la vegetazione provocando forti erosioni del terreno.

Dai 20-24.000 ha. rimboschiti annualmente dal Corpo Forestale dello Stato fino al 1970, cifra comunque modesta rispetto ai 200-300.000 ettari necessari di interventi, comprese le ricostituzioni boschive e le decine di migliaia di ha. percorsi annualmente da incendi, superfici anche queste dimenticate e in preda all’erosione, al ruscellamento, alle frane, si è passati a cifre irrisorie. Migliorano le tecnologie ed i mezzi antincendio, ma gli incendi, quasi tutti dolosi continuano a provocare ingenti danni ambientali.

Si giunge addirittura ad affermate che i boschi si ricostituiscono da soli dopo un incendio. Perché allora il C.F.S. (e anche i privati) provvedeva a ricostituirli con opportune tecniche? La domanda sorge spontanea: perché tutto questo? Si diffondono continuamente banali notizie in base alle quali la superficie forestale italiana aumenterebbe di 70.000 ha. all’anno per l’abbandono di aree agricole, forse per giustificare mancati interventi pubblici nonché la “sublimazione” dei C.F.S., senza far sapere che i nostri boschi sono ecosistemi fragili bisognevoli di controlli, di cura e di manutenzione continua considerando, altresì, la plurifunzionalità degli stessi.

Non è infatti corretto attribuire significato di “bosco” a tali superfici sulle quali in tempi lunghissimi e solo in pochi casi la natura, con una precisa sequenzialità floristica, ricostituisce il bosco inteso nella sua specifica struttura e giusta definizione.

Sempre più frequente la regressione a terreni cespugliati, come un tempo, dei rimboschimenti invecchiati per non aver avuto le indispensabili pratiche tecniche per la perpetuazione del bosco spesso mediante sostituzione con specie definitive: la progressiva rovina delle opere idrauliche, comprese quelle più importanti realizzate dal Genio Civile, i dissesti idrogeologici, il minore assorbimento della CO2, l’alterazione del paesaggio come bene economico.

Si calcola che su l’Appennino, ma in parte anche sulle Alpi, vi siano 5-6 milioni di ha. a forte dissesto idrogeologico con gravi pericoli per gli insediamenti a valle. E quando succedono le ricorrenti tragedie queste sono occasioni per i politici di turno di mielose promesse poi difficilmente mantenute.

Le imbarazzanti domande di un turista tedesco

Infine si sottolinea ancora che la fusione Arma carabinieri – Corpo Forestale organo tecnico dello Stato Italiano, non può non suscitare sconcerto e perplessità: alla montagna non serve “una grande polizia specializzata” (così si è definita), ma investimenti sostenendo le possibili economie montane come turismo, lavoro e difesa dell’ambiente. Perché, dunque non si è rinviato il C.F.S. in montagna a svolgere questi compiti in sintonia con le Regioni?

Vedere i carabinieri forestali svolgere le funzioni di polizia stradale multando motociclisti e automobilisti indisciplinati, dà un senso di sconforto: è così che si attua la rivoluzione verde?

Un turista tedesco fermato per controlli vedendo che erano agenti forestali per la scritta sull’auto ha esclamato: “Warum sind Sie hier? Der Wald ist allein!” (Perché siete qui? Il bosco è rimasto solo!).

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1 COMMENT

  1. Analisi e Sintesi perfette . Ricordo che,anni fa, in Calabria furono arrestati alcuni operatori forestali che davan fuoco ai boschi per poter mantenere il posto di lavoro. Furono coinvolte anche guardie forestali.

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