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I racconti della Sura: La guerra di Nonna Palermo

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Con “I racconti della Sura” inizia su Economia&FinanzaVerde la pubblicazione di racconti brevi che prenderanno spunto dalle foto che Sura Bizzarri sceglierà liberamente dal mio archivio di fotografo di strada.

Senza cadenza fissa, i testi asseconderanno l’estro letterario che le foto di volta in volta avranno saputo ispirare a Sura. 

E’ la continuazione di un esperimento che intrapresi qualche tempo fa con non meno virtù creative nel libro Fotogazzeggiando e che consiste nell’invertire il processo che di solito si genera, quando leggendo un testo, siamo indotti a una visione, a una immagine, a un fotogramma, attingendo alla nostra fantasia, alla nostra curiosità, alla nostra esperienza, ai nostri ricordi, alla nostra cultura. Nel nostro caso, si tratta, come avrete capito, di far nascere da una foto un testo, fino a imbastire un racconto. 

Cominciamo con “La guerra di Nonna Palermo”.
Buona lettura e buona luce a tutti! Toti Clemente.

 

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L’impianto dell’edicola di Gesù Cristo nel nuovo muro coincise pericolosamente col ritorno del figlio ormai creduto disperso.
La devozione di mia nonna diventò maniacale.
Lei che aveva pregato tanto, che aveva tirato in ballo tutti i santi del calendario, che non si era arresa davanti alla manciata di speranze che ogni giorno si faceva più esigua.
La sua era una religiosità ottusa, rivolta più a proteggere se stessa e la sua numerosa prole piuttosto che a una seria consapevolezza della fede come dogma morale, come dottrina di giustizia universale.
Quando l’edicola fu posta nella strada e, nello stesso momento il ragazzo riapparve dopo tanti anni, bello, in salute, la sua fede esplose di pari passo alla gioia deflagrante di una madre che ritrova il figlio disperso in guerra.
Non dico che mia nonna impazzì, ma il suo equilibrio granitico subì una mutazione molto simile alla follia.
Da quel momento i suoi riti religiosi diventarono piuttosto riti personali che si moltiplicavano e complicavano sempre più. Col ritorno dello zio in realtà perdemmo mia nonna, chiusa in una religiosità scaramantica che occupava ogni suo pensiero e gran parte della giornata.
Ogni volta che noi ragazzi uscivamo di casa lei ci benediva con riti che esulavano da quelli cristiani. Aveva coniato un cerimoniale che ci avrebbe protetto da qualunque pericolo. Il rituale era composto di mille piccoli gesti che si modificavano man mano che i suoi pensieri galoppavano verso un futuro che era chiaramente inintelleggibile. Scovava in ogni nostro gesto un possibile significato libidinoso, così diceva lei. E ciò non era ammesso, per i suoi nipoti. Stava sempre a picchiottarci sulle mani con gesti meccanici, come la risposta ormai involontaria a qualche sollecitazione che solo lei conosceva.
Naturalmente ogni giorno faceva visita all’edicola di Gesù. Anzi, l’edicola stessa era diventata di sua esclusiva proprietà; era lei a gestirla, a curarla, a rifornirla dei fiori e dei lumini che manteneva perennemente accesi. Palermo cresceva e si allineava ad un nuovo e più maturo contesto sociale, il dopoguerra aveva portato nuove concezioni e allargato gli orizzonti verso società più evolute; anche i fatti religiosi si allontanavano da vecchie tradizioni quasi pagane per aprirsi a dottrine meno folkloristiche e più permeanti.
Ma rimaneva, principalmente fra gli anziani, la religiosità antica fatta di cerimonie e credenze idolatre ormai sorpassate.
Così la nonna, agli occhi di questa fetta di credenti, aveva assunto una sorta di santità.
Lei era la miracolata e in virtù della proprietà transitiva doveva ben essere capace di elargire a sua volta grazie e raccomandazioni col Signore.
C’era una sorta di transito di fedeli attempati davanti a casa nostra e, soprattutto, nei pressi dell’edicola sotto la quale la nonna aveva stabilito la sua effettiva residenza.
Lì fedeli adoranti la interpellavano e si univano in preghiera con lei.
Mio padre aveva cominciato da tempo a preoccuparsi, aveva varie volte consultato il medico e cercato di convincere la nonna ad assumere farmaci. Ma la sua estasi era ormai all’apice, il suo delirio si alimentava dell’approvazione dei seguaci che, con i fatti, istituzionalizzavano il suo status di donna dei miracoli. I medicinali finivano nella spazzatura, inutile insistere.
Gli ultimi anni furono quanto meno faticosi. La nonna invecchiava biologicamente, ma il suo entusiasmo divinatorio trascurava qualsiasi regola di convivenza e si accaniva su maneggiamenti sempre più complicati sui nostri corpi. Lei aveva il compito di proteggerci, ogni pensiero su quello che sarebbe potuto accaderci la incentivava a benedirci con segni e frasi originali da lei spippolate come sacri amuleti contro il male.
Poi cominciò inesorabilmente a decadere. L’epilogo era chiaro; la nonna stava perdendo forza giorno dopo giorno ma la sua volontà era incrollabile.
Proprio in quei giorni qualcuno, dovendosi liberare di un vecchio divano malridotto, pensò bene di depositarlo sotto l’edicola.
Vivevamo in quella vasta area della città dove la legge arriva solo quando le fa comodo.
Né i dipendenti comunali, né gli addetti alla nettezza urbana si preoccuparono di spostare il vecchio divano, lasciarono piuttosto che diventasse arredo urbano permanente.
Tutta la famiglia era raccolta intorno alla nonna; la coccolavamo, le facevamo sentire la nostra vicinanza, cercavamo di farle vivere con dignità e serenità il momento del distacco.
Ma la sua casa non era più fra noi; ogni sua forza, ogni speranza erano tese a raggiungere il SUO Gesù Cristo. Solo lì si sentiva in pace con se stessa. E lì la accompagnavamo ogni giorno ma, talvolta, fuggiva da sola, nelle notti insonni, col suo passo incerto e malsicuro.
Seduta su quel divano si addormentò per non risvegliarsi più il sedici giugno millenovecentottanta.
Ora che sto invecchiando percepisco le cose con calore più antico, ma sento che il fuoco di nonna Palermo arde ancora, fra le pieghe di questa terra, per le persone che non avendo certezze si affidano ai santi e agli eroi.
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