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La locandiera di Carlo Goldoni ovvero come si costruisce il futuro

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La statua fiorentina di Goldoni in controluce by Elena Tempestini
Tempo di lettura: 5’. Leggibilità ***.

“Non bisogna mai esaurire un argomento al punto che al lettore non resti più nulla da fare: perché non si tratta di far leggere, ma di far pensare” (Montesquieu). 


Fondamenta traballanti

Mai come in questi mesi di trasformazione non dobbiamo esaurire gli argomenti che ci possono aiutare a essere cangiatori dei nostri comportamenti. Come individui, abbiamo dovuto apportare cambiamenti alla nostra vita quotidiana, la pandemia ha fatto da specchio al funzionamento dei nostri sistemi economici, sociali e politici e ha avviato una riflessione sulle fondamenta traballanti della nostra società.

Si sono evidenziate enormi voragini, dalla sanità alle strutture produttive. Il virus si è dimostrato molto “democratico”, ma gli effetti hanno allargato il divario tra svantaggiati e privilegiati. In ogni catastrofe ci sono anche barlumi di luce, la tecnologia, i social media ci hanno permesso di connetterci con le persone care dalle quali siamo distanziati, le relazioni sociali, pur virtuali hanno continuato ad essere presenti. Sono le trasformazioni che l’uomo deve imparare a comprendere, perché le crisi alimentano la creatività, gli obiettivi comuni, la solidarietà e l’innovazione anche tramite la sperimentazione di novità.

In fin dei conti la vita di ognuno di noi è realmente un palcoscenico dove si recita a soggetto tutti i giorni. La difficoltà è insita nel dare vita e spazio a tutti i ruoli, non permettere che ce ne sia uno che prenda il sopravvento a scapito degli altri. Si tratta di divenire protagonisti, spogliandosi degli abiti di scena, per rimanere se’ stessi.

Non abbiamo  un manuale, un copione sul quale studiare per affrontare, senza paura, tutto ciò che l’ignoto della vita ci riserva.

La voglia di rinnovare e di rinnovarsi

Gli uomini si credono il sale della terra, e se il Principe di Salina nel Gattopardo cinicamente diceva che : “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, questa volta non potrà avvenire l’ennesima apparenza di mutamento stante la solidità degli eventi avversi. 

L’uomo è sempre andato alla ricerca degli elementi fondamentali della vita, della natura della quale fa parte e della società nella quale vive, ha cercato di decifrare il linguaggio, di indagare le possibilità per cercare di proteggersi dalle insidie, ma sempre con la presunzione di avere sotto controllo il fluire della vita. La scienza ci ha dimostrato che la nostra realtà materiale è formata da particelle elementari, la cui grandezza è infinitesimale rispetto all’ambito percettivo dei nostri sensi. Praticamente è sempre questione di un granello minimo a fare la differenza.

Noi guardiamo, ma non sempre siamo in grado di vedere che in ogni situazione si può annidare una possibile scoperta, un nuovo modo per interpretare la realtà e viverla diversamente da come siamo abituati, forse perché ne abbiamo timore.

Autori, letterati, filosofi, economisti e scienziati del passato, hanno lasciato a noi posteri, delle chiavi di lettura che in ogni secolo sono state di grande attualità per dare una spinta all’innovazione. 

È il caso di Carlo Goldoni, commediografo, scrittore, avvocato, ma sopratutto padre della commedia moderna.

Un gioioso inno al cambiamento  

Il giovane Goldoni fuggì varie volte dalla famiglia per realizzare il proprio sogno: fare parte di una compagnia teatrale comica. All’età di 18 anni, convinto a frequentare il prestigioso collegio Ghisleri di Pavia, scrisse una satira sulle virtù e i vizi delle ragazze cittadine; il collegio fu preso d’assalto da genitori e parenti inferociti delle giovani donne, tanto che Carlo Goldoni temette di essere linciato. Fu una “ragazzata”, il lavoro giovanile di un adolescente che riusciva a fare facilmente amicizia per la sua allegria, la giovane età, ma soprattutto per “il genio comico”, che non poteva rimanere nascosto. Intanto aveva provocatoriamente gettato un sasso nella piccionaia del conformismo.

Un’opera nata in una circostanza che potremmo definire oggi goliardica, sconfinata in una situazione umiliante e di rinuncia che lo mise addirittura in pericolo. Sarà Carlo Goldoni a cambiare il concetto di recitazione: sul palco non più attori fissi che usano delle maschere per interpretare dialoghi improvvisati, ma personaggi animati dalla propria personalità individuale, gli stessi che ognuno di noi interpreta nella vita di tutti i giorni.

È il momento nel quale le maschere devono cadere, non è più una recita  “a soggetto”, ma la nascita di un teatro che segue sceneggiature scritte interamente dal commediografo, senza approssimazioni e con poche improvvisazioni.

Sono passati più di duecento anni da quando Carlo Goldoni, volendo raccontare sul palcoscenico, la quotidianità dei tempi, subì la violenza della censura e dell’invidia di chi non voleva che nulla cambiasse, tanto da essere accusato di scarso rispetto della tradizione linguistica, di immoralità e di voler sovvertire l’ordine sociale ridicolizzando la nobiltà. Ma nel suo “Viaggio in Italia” Goethe, avendo assistito alla rappresentazione di una sua commedia, descriverà con entusiasmo l’esplosione di giubilo del pubblico: “un continuo ridere di pazza gioia dall’inizio alla fine”. Un gioioso inno al cambiamento!

Imprenditoria femminile ante litteram

Nel periodo trascorso a Firenze, Goldoni mise in atto la sua migliore  rivoluzione teatrale, il capolavoro, più morale, più utile e più istruttivo tra le sue commedie: La locandiera. La commedia fu scritta ed ambientata nella città di Firenze, in onore dell’uomo politico ed amico Senatore Giulio Rucellai. 

Mirandolina, la protagonista, è un personaggio ben definito non solo caratterialmente, ma socialmente; non è più la figura femminile della “servetta” intrigante, non è la rappresentazione di una  “donnina brillante e capricciosa”, è una vera donna, una protagonista della propria vita, dei propri affari ed interessi. Una donna che spazza via secoli di “frizzi e lazzi” per mettersi all’origine di una nuova società, basata su valori che oggi, a distanza di secoli, sembra di veder morire.

La volontà, l’operosità, il senso equilibrato di una buona vita, il guadagno quale mezzo per vivere bene anche nelle relazioni interpersonali e non solo motivo di interesse sono gli obiettivi ben chiari alla protagonista.

Mirandolina è una donna in carriera che affronta le difficoltà di essere donna, ma che ha il coraggio di percorrere una strada ben precisa.  Diviene la sapiente mescolanza tra femminilità e capacità imprenditoriale, quella che ancora oggi troppo spesso si identifica nella mascolinità.

La solitudine, la tristezza, l’allegria, la disperazione e la fame sono temi sempre attuali, e il Goldoni attraverso le sue commedie ci ricorda che grazie all’ironia, alla volontà e alla gentilezza, si  possono trasformare anche le catastrofi in positività, le mancanze in opportunità. È una realtà sociale lontana da generalizzazioni e stereotipi, il comportamento è dettato non da caratteristiche fisse ed immutabili, ma dalle esperienze fallibili dell’essere umano appartenente a tutte le posizioni sociali. Sarà significativo che a conclusione della commedia, Mirandolina sposi un borghese come lei, il cameriere Fabrizio e non divenire l’amante dell’ennesimo cicisbeo.

Goldoni è un antesignano della sociologia moderna,  proponendo all’interno delle sue commedie figure che raccontano il segreto per camminare dentro la vita, con lo sguardo ironico che riesce a creare “l’eroe positivo”, ridendo con gli altri e non alle spalle degli altri.

Per la prima volta la comicità si incarna in una donna, nel tempo nel quale, le donne non potevano essere protagoniste reali della propria vita all’interno della società. 

Triste finale con un grande lascito

La vita di Goldoni non fu facile, l’invidia lo fece emigrare in Francia quale maestro di lingua italiana della figlia di Luigi XV. Grazie alla pensione annua visse a Parigi per continuare a dedicarsi al teatro. Saranno ancora una volta gli eventi della società in trasformazione, e precisamente la Rivoluzione Francese, a privarlo della pensione di corte e facendolo morire in miseria in terra francese. 

Di Carlo Goldoni, a distanza di secoli, possiamo riconoscere l’attualità, vivendo la nostra società le stesse contraddizioni di allora: il confronto sociale, le differenze di genere, i conflitti generazionali, i pregiudizi, le invidie e gli ostacoli al rinnovamento ci appartengono ancora. Può fare la differenza la tensione continua al loro superamento. Ma non è solo questione di fiducia e di ottimismo di maniera.

Dobbiamo chiederci se possano nascere davvero nuove figure che incarnino il rinnovamento della società, perché un conto è parlare di continuo di innovazione, riforme, occasioni da non perdere, buoni propositi verso il bene ambientale, verso l’etica e la legalità, a vantaggio dell’educazione in ogni campo (finanziario, digitale, civico, etc.etc.) e un conto trovarsi davanti a tanti segnali controversi.

Di Mirandoline, di tante Mirandoline abbiamo bisogno, piuttosto che di giganti, di santi beatificati in vita e di uomini della provvidenza che difficilmente nel lungo andare danno buoni frutti.

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